La scomparsa di Franco Marini, una vita da protagonista per il mondo del lavoro nel sindacato e nella politica

09.02.2021 10:09

Con Franco Marini se ne va uno dei più prestigiosi dirigenti nella storia della CISL e del sindacalismo italiano, testimone coerente e determinato nell'affermazione dei valori di libertà, giustizia e solidarietà espressi dal mondo del lavoro, cui è sempre rimasto saldamente ancorato anche nell'esperienza vissuta in campo politico, all'inizio come ministro del lavoro e in seguito fino all'alta carica di Presidente del Senato.
Franco Marini è stato fra i protagonisti di una stagione particolarmente feconda per la CISL, sul finire degli anni '70, che lo vide insieme a Pierre Carniti affrontare una fase drammatica della storia italiana, alle prese col terrorismo - sono gli anni del rapimento e dell'uccisione di Aldo Moro - ma anche con la necessità di un forte rinnovamento nelle forme della rappresentanza e della tutela del mondo del lavoro. Marini assunse la guida della CISL nel 1985, solo un anno dopo l'accordo di San Valentino (14 febbraio 1984) sulla scala mobile, non condiviso dalla componente comunista della CGIL, e a pochi mesi dall'assassinio di Ezio Tarantelli, economista e stretto collaboratore di Pierre Carniti, che di quell'accordo era stato uno dei principali ispiratori.
Franco Marini riassume più di altri, nella sua figura, un modo di intendere e praticare l'azione sindacale tipico della CISL: un pragmatismo animato da forti valori di riferimento, rigorosa autonomia anche quando sono evidenti identità e appartenenze, forte radicamento sociale anche nel proprio vissuto personale.
Per onorarne la memoria, riproponiamo un articolo che "La Repubblica" dedicò il 14 aprile 1991 al suo passaggio in politica, quando lasciò il sindacato per raccogliere l'eredità di un altro grande leader del cattolicesimo sociale, Carlo Donat-Cattin, accettando di lì a poco la nomina a Ministro del Lavoro. Un breve testo che tratteggia in modo efficace un profilo essenziale di Franco Marini, che rimpiangeremo come sindacalista, politico e grande uomo.

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MARINI AL LAVORO, IL SINDACATO APPLAUDE

(m. m., La Repubblica, 14 aprile 1991)

Cinquantasette anni, occhialetti da intellettuale, sigaro toscano sempre tra le labbra, capelli brizzolati tagliati cortissimi, moglie medico e un figlio al liceo, Franco Marini è il primo dirigente sindacale che trasloca per andare ad occupare la poltrona di ministro del Lavoro. Un trasloco di poche centinaia di metri, da via Po, dove ha sede la Cisl, a via Flavia, dove fino a poco fa regnava, rissoso e polemico, Carlo Donat Cattin, che di Marini può considerarsi uno dei padri politici.
Il padre vero di Franco Marini era un povero operaio abruzzese, di San Pio delle Camere, provincia dell' Aquila, che lavorava alla Snia in un' epoca nella quale non esistevano gli ammortizzatori sociali di oggi e che conobbe quindi anche lunghi periodi di disoccupazione.
Franco Marini, primo di sette figli, è un dirigente politico che può vantarsi di conoscere direttamente la condizione di sofferenza di tanti strati popolari. Ha fatto i suoi studi all' Aquila, ma la sua vera scuola è stata quella sindacale di Firenze, dove ha avuto come compagni di banco Pierre Carniti e altri ragazzi che sarebbero diventati, nel giro di pochi anni , dirigenti della Cisl. Tra i suoi padri politici va ricordato anche Giulio Pastore, che nel 1963 chiamò quel giovane sindacalista, che fino allora aveva avuto modesti incarichi organizzativi, all' ufficio studi del ministero per la Cassa del Mezzogiorno, assieme a un' altra promessa della Dc, Enzo Scotti oggi ministro degli Interni.
Soddisfatto, Franco Marini? «Certamente. Sono stato uno dei pochi ha detto a scegliere il dicastero preferito». Soddisfatti anche i massimi dirigenti di Uil e Cgil. In una sorta di rimpasto che non propone nulla di nuovo commenta Giorgio Benvenuto, l' unica cosa positiva è la nomina a ministro del lavoro di Franco Marini. Non sono da meno Bruno Trentin e Ottaviano Del Turco che gli hanno mandato i loro affettuosi auguri aggiungendo: «Potrai contare sulla nostra leale disponibilità per trovare una vera soluzione ai gravi problemi sociali del paese».
Sergio D' Antoni e Raffaele Morese, rispettivamente numero uno e numero due della Cisl esultano: «Non ci aspettiamo partigianerie, ma l' unico vantaggio che ci aspettiamo è la sua sensibilità ai problemi del mondo del lavoro». A questa apertura di credito che gli è venuta dalle organizzazioni sindacali, Franco Marini ha subito risposto quando, conversando con i giornalisti al termine della cerimonia del giuramento, ha detto: «Nello svolgere il mio mandato mi avvarrò sicuramente dell' esperienza sindacale che ho maturato. Non voglio dire se sarà più facile o più difficile trattare con Trentin o del Turco perchè so che l' azione del ministro del Lavoro spesso è complicata. Ma io li riconosco come dirigenti sindacali responsabili, seri e coscienti, sia nell' interesse dei lavoratori che del paese».
Democristiano da sempre, ma geloso dell' autonomia del sindacato, è stato tra i più tenaci oppositori della politica reaganiana con la quale Ciriaco De Mita inaugurò la sua segreteria. Il suo intervento come delegato al congresso dc del 1984 fece saltare i nervi a De Mita che, nella replica, lo accusò di disonestà intellettuale e gli disse, sprezzante: «Di questo passo, caro Marini, non interesserai più neppure i democristiani....». Successe il finimondo. La platea insorse con fischi, boati e risse tra sostenitori di De Mita e sostenitori di Marini.
La sua scalata ai vertici sindacali è stata lenta ma costante. Nominato nel 1965 segretario generale aggiunto della Federazione dei Dipendenti Pubblici, la più importante struttura della Cisl, ci ha messo vent' anni per arrivare, nel 1985, alla segreteria generale, dopo la gestione di Pierre Carniti. Assumendo allora l' incarico ci tenne a distinguersi dal suo affascinante predecessore affermando, con qualche civetteria, di non avere l' ambizione di volare alto. Non gli dispiace essere considerato un pragmatico, uno che ama la navigazione a vista. Non ama la teorizzazioni, le astrazioni, le ideologie. Ma questo non significa che non abbia in testa alcune idee generali che fanno da guida alle scelte immediate. La più importante di queste idee generali è la riaffermazione del valore del principio della solidarietà, come difesa dei settori e delle aree più deboli del paese. Di qui la sua durissima, anche violenta polemica contro i Cobas. Di qui la sua ripetuta denuncia della vergogna del nostro sistema fiscale, che grava soprattutto sui lavoratori dipendenti.
Indicato, per molto tempo, come il portatore degli interessi del pubblico impiego, è oggi un convinto sostenitore della necessità di portare in questo settore criteri di efficienza, anche attraverso il cambiamento del rapporto di lavoro, privatizzandolo e diminuendo rigidità ed automatismi. E sarà questo, probabilmente, uno dei primi banchi di prova della sua attività come ministro.