REGOLAMENTI: IMPEGNI DISATTESI, SCENARIO INQUIETANTE

14.01.2009 20:12

"Non è questa la buona scuola". Così commentavamo, a caldo, i due regolamenti appena licenziati in prima lettura dal Consiglio dei Ministri la sera del 18 dicembre. Il primo, dedicato all'ordinamento del primo ciclo di istruzione, prefigurava scenari che, soprattutto per la scuola primaria, mutano fortemente gli attuali assetti organizzativi e propongono modelli assai lontani dalla nostra idea di scuola.

Il secondo (dimensionamento della rete scolastica, criteri per la formazione delle classi e per l'ottimale utilizzo delle risorse), oltre a vedere - come del resto il primo - in larga parte disattesi gli impegni che in precedenza il Governo aveva formalmente assunto, tornava a riproporre inaccettabili invasioni di campo su materie di natura contrattuale.

Dopo un'attenta ed approfondita lettura si confermano e si rafforzano le ragioni di un giudizio negativo, tanto più netto quanto più si considera lo scarto esistente fra i testi dei Regolamenti e il contenuto della nota sottoscritta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri a conclusione dell'incontro dell'11 dicembre a Palazzo Chigi.

Altrettanto grave, anche sotto il profilo dei rapporti istituzionali, la "disattenzione" che i Regolamenti mostrano nei confronti delle indicazioni e delle raccomandazioni contenute nei pareri resi dalle Commissioni Parlamentari sul Piano Programmatico, del quale i Regolamenti stessi costituiscono provvedimenti attuativi. 

Il Governo, smentendo i suoi impegni e disattendendo le indicazioni del Parlamento, si assume dunque la pesante responsabilità di un'operazione che aggraverà in maniera generalizzata, sulla scia di una forsennata politica dei "tagli", le condizioni in cui le scuole saranno chiamate a rendere il loro servizio, destabilizzando - nel caso della primaria - il segmento di più alta qualità del nostro sistema d'istruzione.

Per la scuola dell'infanzia, pur registrando positivamente il mantenimento delle 40 ore a doppio organico come principale modello di riferimento, si registra la riproposizione "secca" degli anticipi previsti dalla legge 53/03 e dal decreto legislativo 59/04, ripristinati dopo l'abrogazione operata nella precedente Legislatura.

La prospettiva di una preoccupante deriva "assistenzialistica" si fa più concreta per le scuole dei piccoli comuni (che rappresentano, lo ricordiamo, il 60% del totale su scala nazionale!), dove il Regolamento prefigura la possibilità di un inserimento dei bambini nella fascia di età 24-36 mesi, senza il benché minimo riferimento a condizioni o criteri cui attenersi nella predisposizione dei progetti da parte delle scuole e degli enti locali.

Per la primaria, come già detto, si dà luogo ad una vera e propria destrutturazione, ben più grave del pur pesante tributo costituito dai posti tagliati (34.000 in tre anni, ma è un numero destinati a crescere ancor di più anche negli anni seguenti). Ponendo fine ad un'interminabile altalena fatta di affermazioni, smentite e controsmentite, che si trascinava da mesi e che abbiamo ripetutamente stigmatizzato, si precisa alla fine il modello didattico organizzativo da assumere a riferimento per l'intero segmento formativo, che è quello del "maestro unico".

Tradendo lo spirito e la lettera delle indicazioni parlamentari, così come del verbale di Palazzo Chigi, il Regolamento sancisce a tutto tondo il superamento "del precedente assetto del modulo e delle compresenze"; rovesciato un orientamento che pareva essersi via via diffuso e consolidato, ad assumere carattere di residualità non è più il modello del docente unico, ma lo diventano tutti gli altri (ad eccezione del "tempo pieno", ed è questa la sola nota almeno in parte positiva), per i quali si avvia una fase di graduale messa in liquidazione.

La "nuova" scuola primaria si pone dunque in rotta di collisione con la domanda di "tempo scuola" espressa dalle famiglie, in misura che verificheremo negli anni a venire: ad oggi, infatti, la stragrande maggioranza (93,4%) delle classi cosiddette "a modulo" adotta un orario pari o superiore alle 30 ore settimanali, la cui possibilità di attuazione è destinata a venire progressivamente meno.

Ad uscirne da subito pericolosamente frantumata, insieme all'organizzazione del lavoro, è l'unitarietà dell'insegnamento: paradossalmente, l'impianto del "maestro unico" indurrà una diffusa frammentazione degli interventi, che si rifletterà in una parcellizzazione degli ambiti, con buona pace delle indicazioni per il curricolo, che raccomandavano la necessità di interazione fra le discipline, e addirittura il superamento delle stesse.

L'affermazione secondo cui le classi successive alla prima "continueranno a funzionare ... secondo i modelli orari in atto" non può nascondere più di tanto una realtà ben diversa: assicurare il "tempo scuola" mediamente calcolato a 30 ore per classe, ma sottraendo le compresenze, significa infatti compromettere sostanzialmente la possibilità degli alunni interessati di completare il loro percorso di studi avvalendosi del medesimo modello didattico organizzativo, con buona pace di una continuità che risulta invece del tutto vanificata.

Non è infondato il dubbio che tutto ciò possa configurare un eccesso di delega rispetto alla stessa previsione di cui all'art. 4 del decreto-legge 137/08, che limitava alle sole prime classi l'applicazione delle modifiche ordinamentali.

Per la scuola secondaria di I grado entreranno in vigore i nuovi quadri orari, nei quali alle previste 29 ore settimanali se ne aggiunge una destinata all'approfondimento degli insegnamenti di materie letterarie.

Tale integrazione, se da un lato consentirà di salvaguardare un non irrilevante numero di cattedre di materie letterarie, porrà non pochi problemi dal punto di vista organizzativo e didattico, proprio per la problematicità insita nella gestione di quote orarie che potrebbero indurre la formazione di cattedre segnate da una esasperata parcellizzazione.

Anche la media sconta, come tutti gli altri segmenti, il generale orientamento a ridurre la consistenza del "tempo scuola": una riduzione che riguarderà anche il "tempo prolungato", nonostante il Regolamento lasci in piedi anche l'ipotesi di un orario a 40 ore, la cui concreta praticabilità dovrà misurarsi col vincolo delle disponibilità di organico, oltre che con l'esigenza di rispettare condizioni più puntuali e stringenti (servizi e strutture, rientri, previsione di coinvolgimento di un intero corso) come necessario presupposto alla sua attivazione.

Fin qui gli effetti che produrranno, nei diversi gradi del primo ciclo di istruzione, i provvedimenti contenuti nel Regolamento sugli ordinamenti. Ad essi si sommano quelli derivanti dalla rideterminazione dei criteri e dei parametri per la formazione delle classi, indicati nell'altro dei due Regolamenti licenziati dal Governo.

Una revisione che, dovendo corrispondere all'obiettivo di un innalzamento del rapporto alunni-classe (0,40 in più nel triennio), comporta un ritocco "a salire" del numero minimo e massimo in ogni ordine e grado di scuola. Come è noto a chi nella scuola vive e lavora, l'apparente esiguità del valore di incremento medio può avere in realtà riflessi assai pesanti in quelle situazioni (specie nei grandi agglomerati urbani) caratterizzate già oggi da un sovraffollamento delle classi, sovente costituite ben oltre i parametri di legge.

L'impegno che il Governo si era assunto, di congelare per il prossimo anno scolastico l'innalzamento del numero massimo di alunni per classe, risulta mantenuto in via generale per la sola scuola dell'infanzia: per tutti gli altri ordini e gradi, il Regolamento circoscrive tale "congelamento" alle sole scuole che risulteranno inserite in un piano di adeguamento strutturale degli edifici scolastici.

Fermo dissenso, infine, esprimiamo rispetto all'ipotesi di attivare, per il personale appartenente a posti o classi di concorso con situazione di esubero, procedure di mobilità professionale forzosa, che possono contemplare anche la collocazione definitiva in posto diverso da quello di titolarità o in altra classe di concorso.

Al "tavolo negoziale" che sta lavorando al contratto integrativo sulla mobilità siamo fortemente impegnati per contrastare una modalità di gestione del personale inaccettabile e ingiustificata anche sotto il profilo del contenimento della spesa, che ne costituirebbe la "ratio".

E' dimostrato, infatti, che le eventuali eccedenze di personale possono essere efficacemente e opportunamente riassorbite in fase di utilizzo sull'organico di fatto: in questo senso occorre indirizzare la ricerca di soluzioni, da definire in una sede negoziale per la quale non abbiamo bisogno di dichiarare la nostra disponibilità, perché siamo proprio noi a rivendicarla, in forza di prerogative a cui non intendiamo in alcun modo rinunciare.

Non c'è dubbio che l'attuale stesura dei Regolamenti, mentre produce danni evidenti al nostro sistema scolastico, costituisce un pessimo segnale anche sul versante delle relazioni sindacali, rischiando seriamente di vanificare gli sforzi di chi si è speso perché cambiasse un clima avvelenato da interminabili polemiche e si aprisse una fase di costruttivo confronto.

Meno conflitti, più condivisione: in questa direzione, pur in una fase segnata dall'inevitabilità della mobilitazione e dello scontro, la CISL Scuola si è sempre fortemente impegnata, perché da troppo tempo la scuola è ridotta a terreno di una contesa politica e ideologica sempre più esasperata.

Anche per questo abbiamo contestato, raccogliendo il consenso dell'intero mondo della scuola, "riforme" imposte per decreto e dettate da mere esigenze di bilancio e avevamo ravvisato negli esiti dell'incontro dell'11 dicembre a Palazzo Chigi un primo apprezzabile segnale di una diversa attenzione: l'averne tradito la lettera e lo spirito è quindi un atto estremamente grave e irresponsabile.

Proprio perché abbiamo assegnato assoluta priorità, anche nelle nostre rivendicazioni, alle ragioni del dialogo e del confronto, non avremo remore, se le condizioni lo imporranno, a ripercorrere la via di una mobilitazione che potrà accompagnare anche lo stesso percorso congressuale al quale ci stiamo in questi giorni accingendo. Senza velleità, con una valutazione realisticamente consapevole delle condizioni di contesto, con una chiara distinzione dei piani fra azione sindacale e azione politica, ma senza reticenze nel dire chiaro e forte il nostro pensiero.

La CISL Scuola ha ribadito formalmente al Ministro la richiesta di aprire un "tavolo di confronto" col sindacato, per una verifica dell'impatto che le nuove disposizioni avranno sugli assetti organizzativi e didattici delle istituzioni scolastiche e, conseguentemente, anche le ricadute sul personale e sull'organizzazione del lavoro. A quel "tavolo" vogliamo far pesare le nostre ragioni, poiché non intendiamo rassegnarci a ritenere chiusa la possibilità di modificare i Regolamenti, prima che sia concluso l'iter della loro definitiva approvazione. E' una strada stretta, impegnativa e difficile: non per questo rinunceremo al tentativo di percorrerla, usando tutta la determinazione di cui saremo capaci.

Allo stesso modo crediamo che nessuna titubanza debbano avere le scuole nel rivendicare, rispetto all'organizzazione dell'attività didattica, l'esercizio delle competenze che per legge vengono loro attribuite. Ciò assume una valenza particolare con riferimento al variegato quadro di opzioni orarie previsto dal regolamento per la primaria.

La CISL Scuola ribadisce e sottolinea che spetta alla scuola, nella sua autonomia, decidere le modalità organizzative con cui si esercita l'azione didattica ed educativa dei docenti. Sta scritto a chiare lettere nel regolamento sull'autonomia, legge dello Stato che assegna alle istituzioni scolastiche prerogative riconosciute dalla stessa Costituzione.

E' quindi affidata alle scuole la possibilità di progettare modalità di utilizzo del personale che salvaguardino la qualità dell'azione formativa e la dignità professionale di tutti i docenti.

Al Ministro e al Governo tocca invece garantire alle scuole le risorse necessarie per il loro funzionamento, a partire da quelle di organico.

Ed è su questo fronte che ci apprestiamo a concentrare, nelle prossime settimane la nostra attenzione e il nostro impegno.