Riforma del II ciclo (istituti professionali e tecnici, licei): l'analisi della CISL Scuola sui pareri del Consiglio di Stato

16.12.2009 19:51

Il Consiglio di Stato (Sezione Consultiva per gli Atti Normativi) si è pronunciato, nella seduta del 26 novembre 2009, sugli schemi di Regolamento predisposti dal Governo, in attuazione della delega conferita dall'art. 64 del decreto-legge 112/08, per la riforma del sistema della scuola secondaria di II grado. I tre pareri (licei - istituti tecnici - istituti professionali), corrispondenti ad altrettanti schemi di regolamento, sono stati depositati mercoledì scorso, 9 dicembre.

I pareri espressi, pur nella serietà e profondità della disamina e delle relative argomentazioni, sono sostanzialmente interlocutori: il Consiglio, cioè, ha sollevato una serie di perplessità sui contenuti degli schemi esaminati, chiedendo al MIUR di fornire alcuni chiarimenti, sulla base dei quali, poi, formulare, in altra seduta, i pareri definitivi.

Per tutti e tre gli schemi, la Sezione si è pronunciata innanzitutto sulla legittimità della scelta dello strumento normativo (Regolamento) per l'attuazione della delega, esprimendosi in termini favorevoli. Ha ritenuto di dover verificare, quindi, se le concrete disposizioni dei Regolamento fossero rispettose dei principi sulle fonti normative e dei criteri desumibili dalla delega, nonché compatibili con il sistema legislativo dell'istruzione secondaria di II grado.

A tale proposito, vale la pena di riportare testualmente un significativo passaggio presente in tutti e tre i pareri formulati dal Consiglio di Stato: «La norma di delega concerne espressamente la sola "ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari". Il testo del regolamento in visione, invece, sembra spingersi ben oltre la mera razionalizzazione dei piani di studio e degli orari, sia per la profondità con cui impatta su questi ultimi, sia, soprattutto, perché contiene diverse disposizioni che eccedono tale ambito in senso stretto». Si prefigura, in sostanza, non una semplice richiesta di chiarimento, ma una censura che il diritto amministrativo identifica nell'eccesso di delega.

Per quanto attiene il resto delle osservazioni, il Consiglio di Stato chiede che il Ministero dell'Istruzione chiarisca se quanto previsto in relazione alle quote di flessibilità dei piani di studio (per cui i Regolamenti definiscono precisi e articolati limiti percentuali) sia stato coordinato con il d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, concernente il "Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche". La questione è sicuramente di rilievo, anche alla luce del dibattito che su di essa, a quanto ci risulta, si sta sviluppando all'interno della "cabina di regia" e dei gruppi tecnici attualmente al lavoro presso il MIUR.

Perplessità sono sollevate, inoltre, circa la previsione di un'articolazione del collegio docenti in dipartimenti disciplinari, così come sull'istituzione dei comitati scientifici: tutto ciò sia con riguardo al rispetto della riserva di legge in materia di organizzazione, sia a quello delle prerogative dell'autonomia scolastica.

A parere del Consiglio di Stato è poco convincente la giustificazione fornita dal Ministero (in risposta ai rilievi del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione) secondo cui l'istituzione del Comitato scientifico esalterebbe - piuttosto che comprimere - l'autonomia delle istituzioni, mentre quella dei dipartimenti non farebbe altro che registrare una prassi diffusa.

Ad avviso del Consiglio di Stato sembrerebbe invece più rispettoso dell'autonomia lasciare alle istituzioni scolastiche la scelta in ordine all'opportunità di istituire tali organi nello specifico contesto in cui agiscono. La stessa effettiva operatività di codesti organi, inoltre, apparirebbe compromessa dalla mancata assegnazione di risorse finanziarie e dalla gratuità dell'incarico del personale (ovviamente riferita a quello esterno alla scuola).

La disposizione tocca poi una materia - quella degli organi collegiali della scuola - attualmente oggetto di una diversa disciplina legislativa, per la quale risultano peraltro pendenti in Parlamento diverse iniziative.

In riferimento alla previsione, contenuta nei regolamenti per gli istituti tecnici e professionali, di un apposito e assai complesso Comitato nazionale (che sostituisce l'attuale Comitato nazionale per l'istruzione e la formazione tecnica superiore), incaricato del costante monitoraggio degli istituti, si chiedono chiarimenti in ordine alla compatibilità di tale previsione con l'oggetto della delega, ma si sollevano anche, con un pizzico di malizia, dubbi sulla rispondenza alle esigenze di semplificazione (queste sì espressamente previste dalla delega!)

Un'esplicita richiesta di correzione al testo riguarda l'uso di una locuzione riferita ai decreti con cui il MIUR dovrà, di concerto col MEF, definire -  fra l'altro - le indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento, l'articolazione delle cattedre per ciascuno dei percorsi, gli indicatori per la valutazione e l'autovalutazione, le modalità per l'ulteriore articolazione delle aree di indirizzo in opzioni.

Al riguardo, tenuto conto che la natura dell'oggetto di disciplina suggerisce l'utilizzo di atti aventi forza normativa, il Consiglio di Stato ritiene opportuno che sia eliminato dal testo l'inciso "aventi natura non regolamentare".

Si tratta ora di capire se il richiamo tenda a proporre una mera correzione lessicale, al fine di non indurre ad una sottovalutazione della "forza normativa" dei provvedimenti, o se invece voglia indicare la necessità di utilizzare uno strumento, quello del Regolamento, il cui iter richiede necessariamente tempi più distesi di adozione, stante l'obbligo di acquisizione dei prescritti pareri, non richiesti invece per i decreti ministeriali o interministeriali.

Il Consiglio di Stato si sofferma, poi, sulle modalità con cui il Piano Programmatico di cui all'art. 64 del decreto-legge 112/08 trova collocazione nei riferimenti alle fonti normative, rilevando un'incoerenza che chiede di rimuovere, ritenendola "inutile se non dannosa".

Come detto in apertura, il carattere interlocutorio del parere, cui dovrà fare riscontro una nutrita serie di chiarimenti da parte del MIUR, comporta un'inevitabile protrarsi dei tempi necessari per la definitiva approvazione dei Regolamenti, in un contesto sul quale incombono le scadenze relative alle iscrizioni e alla definizione degli organici.

La tempestività e la congruenza dei chiarimenti sollecitati concorreranno al realizzarsi di alcune delle condizioni che abbiamo indicato come indispensabili per l'avvio di una riforma da tempo attesa, che tuttavia non può limitarsi a "partire", ma deve "partire bene": la compiuta definizione del nuovo quadro ordinamentale e un'efficace azione di orientamento nelle scelte da parte delle famiglie sono due di queste condizioni, oltre a quelle dell'avvio contestuale - per l'intero secondo ciclo - di interventi mirati per la formazione e la riqualificazione del personale e, soprattutto, dell'applicazione dei nuovi ordinamenti alle sole classi prime.

Quest'ultima esigenza, rispondente al criterio di una doverosa gradualità, appare condivisa dal Consiglio di Stato laddove, nei tre pareri, richiama il MIUR ad illustrare "la graduazione" del passaggio dal pregresso al nuovo ordinamento "... anche con riguardo alla tutela dell'affidamento degli studenti che, trovandosi nelle situazioni di transito, subiranno una modificazione dell'iter formativo prescelto".

E' chiara la perplessità manifestata rispetto alla previsione di un avvio del riordino che investe le classi prime e seconde: proprio a queste ultime, evidentemente, allude il passaggio che abbiamo testualmente riportato.