Femminile e plurale

30.09.2021 10:01

Il ritorno di Greta Thunberg sulla scena, insieme a Vanessa Nakate, rilancia l'estrema urgenza di un tema, la lotta per l'ambiente, su cuii si sta esaurendo ogni margine di tempo a disposizione. Ma propone anche un nuovo protagonismo del genere femminile su battaglie decisive per le sorti dell'umanità (Antonella Mariani su Avvenire del 30 settembre 2021)

Il futuro è in un’immagine. Greta e Vanessa, l’una accanto all’altra. Giovani. Donne. Il Nord e il Sud del mondo. Paladine, insieme, della Terra e in guerra contro coloro che ne abusano, in nome delle generazioni che proprio da quelli erediteranno il pianeta. Eppure. Eppure c’è una narrazione sostanzialmente sbagliata e fuorviante di ciò che è accaduto martedì a Milano, alla giornata di apertura dei lavori di Youth4climate, quando prima di Greta Thunberg ha parlato l’attivista ugandese Vanessa Nakate, 24 anni, emozionando tutti con la sua appassionata perorazione per i disperati d’Africa, vittime incolpevoli dei disastri ambientali, visto che vivono nel Continente con il più basso valore di emissioni di CO2 (il 3%) ma pagano le peggiori conseguenze in termini di inondazioni, carestie, deforestazione, desertificazione...
«Vanessa ruba la scena a Greta», «È Vanessa la nuova stella». «L’erede africana». «Il passaggio del testimone da Greta a Vanessa». Contrapporre l’una all’altra, indicare sorpassi o «reicidi» risponde a uno schema di interpretazione vetusto. E tendenzialmente legato a un mondo di potere maschile, dove un leader può venire oscurato dal nuovo che avanza.
L’emblema della rottamazione. «Mors tua, via mea», insomma, con l’aggiunta di uno stucchevole pizzico di «Eva contro Eva». Ma se si osserva l’atteggiamento di Greta a Milano, si possono avanzare interpretazioni di ben altro spessore. La 18enne attivista svedese è apparsa assai consapevole di sé, autorevole e compresa nel suo ruolo di leader, ma anche insoddisfatta per la scarsità dei risultati raggiunti fin qui nonostante la campagna avviata nel 2018. A Milano le rivendicazioni del Nord ricco sono state agganciate a quelle del Sud povero, come ulteriore elemento di propulsione della battaglia per la salute della Terra. Interpretato in questo modo, il passaggio innescato a Milano è lungimirante. Greta ha lanciato una nuova protagonista della battaglia ambientalista anche se questo può significare per lei perdere un pezzetto di rappresentatività. Del resto, la Greta con il cartello 'Sciopero della scuola per il clima', seduta a Stoccolma davanti al Parlamento, non c’è più. Non è più sola contro tutti, è ormai una leader consolidata, che è riuscita a portare i giovani in piazza più di chiunque altro. E che oggi, davanti agli scarsi risultati ottenuti, cambia la prospettiva, rilancia gli argomenti, attraverso un’altra voce scopre le carte su altri drammatici effetti dell’emergenza ambientale: la povertà, i matrimoni forzati, la morte per fame.
Non senza sbagliare anche, come quando semplifica il dramma dell’aborto e lo rivendica come 'diritto' per le donne senza considerare quello del nascituro. Ma sull’ambiente non rinuncia alla battaglia, non si arrende, perché ciò per cui lei combatte – e con lei migliaia e migliaia di giovani – è un valore superiore. E questo può richiedere un sacrificio in termini di rappresentatività. Se l’exploit di Vanessa Nakate ha dato origine a una rappresentazione «antagonista» è perché una leadership condivisa in modo così naturale non risponde a una logica consolidata. Pochi uomini di potere lo fanno. Pochi uomini rinunciano al proprio 'posto a tavola' per fare spazio ad altri, perché il bisogno di prevalere, di dimostrare la propria superiorità, troppo spesso prevale sull’obiettivo. Competizione anziché condivisione.
L’audacia di Greta è nel salto di qualità che ha impresso al movimento dei giovani per l’ambiente: l’Africa è il futuro e una leadership condivisa con la ugandese Vanessa Nakate ha restituito protagonismo al Continente nero.
Qualcuno potrebbe chiedersi se quanto avvenuto martedì a Milano sia frutto oppure no di una strategia ben orchestrata. Ma questo, ai fini del risultato, è sostanzialmente irrilevante. Anche se l’affiancamento di Vanessa a Greta non è stato premeditato, il passaggio denota altri tratti universalmente riconosciuti come tendenzialmente femminili: l’intelligenza emotiva, l’empatia e l’intuito. Si capisce, senza calcoli, che si deve fare così, che questo risponde al bene comune. Lo ha detto anche papa Francesco nel suo messaggio a Youth4climate: «Vi ringrazio per i sogni e i progetti di bene che voi avete e per il fatto che vi preoccupate tanto delle relazioni umane quanto della cura dell’ambiente». Greta e Vanessa sono i nomi in cui oggi, si declina il futuro del pianeta. Femminile e plurale.

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