Cambiamo noi prima, gli italiani

27.02.2019 12:35

Una riflessione sul nostro presente politico e sociale che si muove tra profonde preoccupazioni e innovativi segnali di speranza (Lorenzo Becchetti, Avvenire del 27 febbraio 2019)

In Sardegna ha votato solo poco più della metà degli aventi diritto (il 53,7 per cento) e proprio mentre tutti dicevano che questa prova elettorale era molto importante per il futuro del Paese. È la conferma di un dato tipico delle società occidentali, dove la partecipazione elettorale – noto indicatore di capitale sociale – è da tempo molto bassa. È noto il detto che un Paese ha i politici che si merita. Penso proprio che sia vero. Noi italiani non facciamo altro che parlare male dei politici, ci siamo mai domandati se non siamo forse peggio di loro?
Per quella (quasi) metà di elettori non votanti sarebbe veramente un paradosso, d’ora in poi, lamentarsi delle 'malefatte' della politica locale. Non vogliamo vedere neanche altre lacrime di coccodrillo dopo quelle spettacolari e gigantesche della manifestazione dei londinesi all’indomani del voto sulla Brexit. In Gran Bretagna tante persone di senno (forse la maggioranza) non erano andate a votare, mentre chi era corso alle urne per dire 'no' all’Europa troppo spesso lo aveva fatto con assai poca consapevolezza di che cosa stava combinando. E così, purtroppo, appena passato il referendum abbiamo dovuto assistere al doppio spettacolo pietoso della manifestazione europeista a scoppio ritardato di Londra e del picco di internauti andati su Google per cercare di capire, dopo aver votato, cosa fosse veramente l’Unione Europea. Siamo abituati a pensare che il voto sia un atto razionale di un cittadino informato e cosciente. In realtà, il voto rischia di diventare sempre più il trionfo dell’irrazionalità, schiacciato tra l’abulia di chi non partecipa (e magari avrebbe tutti gli elementi per scegliere) e la scelta istintiva e rabbiosa di chi va alle urne.
Una delle frasi più orribili e qualunquiste che si sentono dire in giro, forse la peggiore, è 'tanto sono tutti uguali'. Sono tutti uguali i politici, di sinistra e di destra, sono tutte uguali le imprese (nella responsabilità fiscale, nella tutela dell’ambiente, nella promozione della dignità del lavoro).
Ricordiamo i tempi della scuola. In una classe era possibile essere tutti uguali? Da ogni compito in classe non usciva, come d’altronde è logico aspettarsi, una distribuzione di voti con più bravi e meno bravi? Dire 'sono tutti uguali' è il terribile e falso alibi di chi non si degna di perdere neanche un attimo della sua preziosissima vita per cercare di capire in che mondo siamo e per scegliere il progresso sociale, civile e politico essendo giusti con tutti e premiando i migliori.
Beninteso, l’Italia è un Paese di minoranze eccellenti e creative (le imprese leader nell’innovazione e nell’esportazione, i cittadini che s’impegnano nel volontariato).
Nel cammino verso la Settimana Sociale di Cagliari abbiamo evidenziato 400 eccellenze del Paese per lo più sconosciute. Le buone notizie circolano purtroppo meno di quelle cattive. Però esiste una maggioranza passiva che finisce sempre per essere ingannata da politici-cicala che regalano la scarpa sinistra prima delle elezioni promettendo quella destra dopo il voto. I politici 'alla Lauro', di destra e di sinistra, si sono fatti più raffinati e adesso fanno promesse più costose con i soldi dei contribuenti. Promesse che aggravano la situazione del nostro debito pubblico e rendono sempre più difficile una vera e definitiva via d’uscita dalle strette in cui siamo. Arriverà mai un periodo della nostra storia in cui gli elettori saranno informati, consapevoli e competenti e riusciranno a non farsi ingannare (o almeno a partecipare)?
Il nuovo paradigma dell’economia civile è arrivato a una conclusione molto bella sulla politica economica, che però può essere letta terribilmente nel suo contrario. Per risolvere i drammatici problemi di società complesse come le nostre abbiamo bisogno di quattro mani e non di due sole. Ovvero che meccanismi di mercato e politici siano sostenuti dalla cittadinanza attiva e dalle imprese responsabili. Tutto questo vuole anche dire che, se cittadinanza attiva e imprese responsabili non ci sono o sono troppo flebili siamo spacciati.
E non ci resta che il tiro al bersaglio al leader di turno, che vive il suo momento di gloria effimera, ma è destinato prima di quanto sembri a essere detronizzato e impallinato, non senza un pizzico di sadismo, spesso non solo per via politica ma anche per via giudiziaria (basta voltarci indietro e guardare la nostra storia).
Eppure abbiamo una classe politica fatta per moltissima parte da persone che rispondono a una vocazione e finiscono per essere messe in croce e martirizzate. E di solito sono quelle che soccombono di fronte alla minoranza di quei politici più cinici e con meno scrupoli che decidono di sfruttare i nostri difetti. La nostra storia insegna che l’Italia sembra veramente quella ragazza, molto sfortunata nella vita di relazioni, che alla fine s’innamora sempre di qualche poco di buono che preferisce inevitabilmente al bravo ragazzo. Non possiamo sperare di cambiare il Paese senza cambiare prima noi, gli italiani.