Ingegneri in cattedra al liceo artistico. Il pasticcio del concorsone

30.03.2016 14:16

Ancora una volta incongruenze, errori, assurdità riscontrabili in provvedimenti che riguardano la scuola, frutto di un approccio che a partire dalla "buona scuola" sta contagiando pericolosamente ogni produzione normativa in materia di istruzione: tanta fretta, non altrettanta competenza, allergia al confronto. E questi sono i risultati (Mariapia Veladiano, La Repubblica, 30 marzo 2016)

Finalmente il concorso, lo possiamo ben dire. È la modalità di reclutamento prevista dalla Costituzione, è trasparente, ha procedure democratiche di accesso. Oggi alle 14 scade il termine per presentare le domande al concorso per l’assunzione di quasi 6 mila docenti. È riservato a docenti curricolari e di sostegno (per questi sono previste seimila nuove assunzioni) non di ruolo, ma che siano già abilitati oppure che abbiano superato un Tfa (tirocinio formativo attivo) o un Pas (percorso abilitante speciale). Le sigle raccontano la storia di un passato che ha offerto ai laureati sentieri fantasiosi, costosi e spesso interrotti per accedere all’insegnamento. Ma questo concorso è il primo che seleziona sulla base delle nuove classi di concorso ridisegnate dal Miur in febbraio. Si aspettava la razionalizzazione delle classi di concorso da quasi dieci anni, perché ogni riforma della scuola e dell’università ha portato discipline nuove e nuove lauree senza però allineare le une alle altre così che per anni in via provvisoria sono nate le “classi atipiche” in cui confluivano i docenti in attesa di una normativa che chiarisse.

Una situazione che ha creato un mare di ricorsi. Solo che le nuove classi di concorso contengono errori che si possono capire solo con la fretta di fare tutto subito, riforma e assunzioni, se non si vuole immaginare malafede o incompetenza. Per esempio, nei licei artistici, all’indirizzo audiovisivo multimediale per il quale le Indicazioni nazionali prevedono che lo studente sappia individuare «sia nell’analisi che nella propria produzione gli aspetti espressivi, comunicativi, concettuali, narrativi, estetici della ricerca audiovisiva», possono accedere e insegnare solo gli ingegneri edili e gli architetti del paesaggio. Non, per dire, i laureati in Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale, oppure chi esce dall’Accademia con il diploma di Nuove tecnologie per l’arte, espressamente creato pensando a questo indirizzo. Sempre per i licei artistici manca del tutto la classe di concorso che possa insegnare nell’indirizzo design dell’industria, che è in ordinamento ed è presente nei licei di tutta Italia. Se non si rimedia non sarà proprio possibile nominare nessuno.

Ora, intorno alle nuove classi di concorso ci sono problemi oggettivi e non (solo) politici o corporativi. Cioè ci sono errori clamorosi. Tanto gravi che è intervenuto il principale organo consultivo del ministero dell’Istruzione, cioè il Consiglio universitario nazionale, che ha scritto al ministro Giannini delle cose che sarebbero comiche se non si trattasse di scuola: «Che ci sono classi di concorso cui possono accedere laureati magistrali privi delle competenze indispensabili» e «classi di concorso cui non possono accedere laureati con lauree che chiaramente forniscono le competenze richieste», e «classi di concorso che richiedono requisiti del tutto incompatibili con gli ordinamenti attuali», per cui i futuri laureandi dovranno inseguire crediti aggiuntivi e fantasiosi rispetto al loro corso di laurea se vorranno insegnare. A parlare è un organo del ministero, contro il ministero. È evidente che ci sarà un altro mare di ricorsi, si parla di ottomila ricorsi d’urgenza perché intanto il concorso che chiude i termini oggi viene organizzato in tempi strettissimi, a due mesi dalla fine dell’anno scolastico con una fretta che sta dando problemi di reperimento delle aule informatiche – la prova scritta è online – e di commissioni. Le candidature sono volontarie e mancano sia presidenti che commissari. Questo discorso della scuola futura disegnato dalla riorganizzazione delle classi di concorso è serissimo e va affrontato prima di avviare le procedure d’esame, ascoltando chi sa bene come la situazione attuale si è creata e può aiutare a non aggiungere errori nuovi ai vecchi. La scuola buona non è una spunta in agenda ma un paziente lavoro di ascolto e ricomposizione di un sistema ordinato capace di coerenza e passione.