Vincere non basta, serve convincere

08.04.2014 10:59

Convincere, in tre accezioni che il termine richiama. Anzitutto la credibilità di chi si mette al servizio del bene comune. Poi il significato etimologico, "vincere insieme", esattamente l'opposto di un vuoto agonismo politico. Infine, legare la "vittoria" al valore alto degli obiettivi perseguiti. Bruno Forte, Il Sole 24 ore di domenica 6 aprile.

Vincere veramente vuol dire convincere. È un'idea, questa, cui ricorro spesso quando incontro gruppi di giovani impegnati nello sport. La riprendo qui, con gli stessi significati che solitamente le do, riferendola alla fase politica che il governo del nostro Paese sta attraversando. È un momento di cambiamenti profondi, da fare in fretta e senza complimenti nei riguardi di nessuno. Non pochi pensano che siamo all'ultima spiaggia. Anche se ognuno a modo suo, tutti concordano sulla necessità di “cambiare verso”.
Che si “rottami” più o meno il passato, ciò che conta è arrivare alle riforme, annunciate da anni e mai realizzate e su cui peraltro non sembra affatto che ci sia il consenso unanime o per lo meno molto ampio, più volte auspicato con autorevolezza dal capo dello Stato. Anche ai protagonisti della grande accelerazione – di cui apprezzo le buone intenzioni – vorrei dire, allora, le parole che indirizzo ai ragazzi che fanno sport: ciò che conta è convincere. E questo in tre sensi, quasi tre direzioni di marcia, che potranno essere garanti della qualità di quel cambiamento, che non può non stare a cuore a tutti.
Convince anzitutto chi – per il suo stile di vita, l'autenticità e la lealtà dei suoi atti, l'affidabilità dei suoi impegni e delle sue parole – è credibile: la prima cartina da tornasole della serietà di chi si mette al servizio del bene comune è la limpidezza dei suoi comportamenti, la coerenza delle scelte rispetto ai valori proclamati e la fedeltà con cui dimostra di mantenere i patti stipulati. Se l'affrettata liquidazione di un governo, cui pure erano stati dati pubblici attestati di credito e di durata, suscita naturali perplessità sull'inizio del processo in atto, la qualità morale dei protagonisti dovrà mostrarsi strada facendo, nella corrispondenza fra i proclami e i traguardi conseguiti, oltre che nella limpidezza delle modalità usate per giungere allo scopo.
Certamente non si può non condividere la volontà di migliorare l'Italia superando i guasti di una classe politica che in buona parte non ha brillato per efficienza, concordia sulle cose essenziali e tensione etica delle azioni. In generale, però, si deve ricordare che potrà ritenersi credibile solo chi è disposto a pagare in prima persona per amore del bene che vuol perseguire al servizio di tutti, pronto a subordinare il vantaggio proprio o della propria parte a quello del Paese. Di sicuro non basta a meritare credibilità un certo decisionismo o lo scarso ascolto delle parti in gioco, anche se l'urgenza dei processi da mettere in atto può far indulgere a una tolleranza, che non potrà comunque mai giustificare forme di arroganza o di superficialità. Una giusta dose di umiltà non potrà che fare del bene a tutti, condizione necessaria quale è per agire efficacemente al servizio di tutti.
Il secondo significato che attribuisco al programma del “convincere” è quello etimologico del “vincere insieme”: in realtà, il gioco di squadra è un valore se finalizzato a ottenere un risultato onesto e utile per tutti. Non si fa gioco di squadra, però, unicamente compattandosi nel cerchio dei vicini e dei sostenitori, ma lo si deve fare allargando lo sguardo all'acquisizione, la più ampia possibile, di tutti gli apporti costruttivi che possano essere offerti al cambiamento e allo sviluppo, da qualunque parte provengano. Questo è il senso alto della vita democratica, che non è l'attribuzione populista del potere a chi grida di più, ma l'esercizio del dialogo e della dialettica costruttiva, che possano migliorare le scelte in vista del bene comune.
Non c'è dubbio che un tale processo democratico esige tempi che non siano troppo lunghi, perché la logica del rimando continuo ha come solo frutto la stasi e la conservazione. Mi pare, tuttavia, che la maturazione di un adeguato consenso, arricchito dal più ampio e articolato apporto possibile, richieda tempi che non possono neanche essere dettati dalla fretta. Si sa che pure nello sport chi esagera nel tendere i muscoli per raggiungere mete avventate rischia di farsi male e di far male agli altri. Vincere insieme è più importante e bello, oltre che più utile e fecondo, che vincere da soli o con la propria parte. E ciò di cui abbiamo bisogno è che a vincere la scommessa del suo futuro e del suo ruolo fra le Nazioni sia l'Italia di tutti. Anche a costo di qualche passo più lento e più attentamente meditato...
C'è, infine, un terzo messaggio veicolato nella frase “l'importante è convincere”, ed è l'idea della vittoria cui si tende in ciò che si fa o si intende fare. Nella mitologia greca la Nike, la Vittoria, è alata: essa, cioè, vola alto, non si impantana in calcoli di piccolo cabotaggio o nelle miserie di visioni corte o meschine. Volare alto vuol dire – in un'azione politica concepita come forma di servizio e perfino di carità – puntare alla crescita della qualità della vita di tutti, specialmente dei più poveri e dei più svantaggiati. La vittoria cui tendere insieme, in maniera credibile e convincente, è una più ampia giustizia per tutti, un accesso più equamente distribuito ai beni, un'offerta di possibilità di lavoro e di realizzazione di sé che non escluda nessuno e tenda a includere specialmente chi finora non ha beneficiato del diritto alla dignità del lavoro, proclamato fin dal primo articolo della nostra Costituzione. A nessuno potranno far bene riforme che non garantiscano una simile meta, dove a crescere e a divenire protagonisti siano soprattutto i deboli, i poveri, i senza voce. E questo va detto non per scoraggiare l'impegno o smorzare gli entusiasmi, ma per renderli più veri, autentici, credibili. Guardare con fiducia a qualcuno vuol dire non solo augurargli il meglio, ma anche sfidarlo a conseguire le mete più alte per cui si è messo in gioco.
Anche così, più che vincere gli uni o gli altri, importante sarà convincere. Lo ricorda a tutti il Grande Codice della nostra civiltà, quella buona novella dove la vittoria sul male e sulla morte del Figlio dell’uomo è passata attraverso il cammino doloroso della croce di Chi è venuto tra noi non per vincere, ma – appunto – per convincere, a prezzo del sacrificio della propria vita.

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