L'istruzione vero antidoto al terrorismo

15.01.2014 20:45

Sul valore dell'istruzione come "vero antidoto al terrorismo", che si alimenta di fanatismo e ignoranza, interviene l'ex premier britannico Tony Blair in un intervento che Il Sole 24 ore del 15 gennaio ripropone nella traduzione a cura di Anna Bissanti.

A novembre ho parlato al Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite per la prima volta in 13 anni. Mi ha molto colpito il clima diverso che vi si respira adesso. Nel settembre del 2000 il mondo sembrava assai differente. A quel tempo stavamo cercando di delineare un nuovo ordine per la sicurezza nel decennio successivo alla caduta del Muro di Berlino. Naturalmente c'erano problemi e difficoltà, ma in generale il clima era leggero, addirittura positivo quando si parlava di sradicare la povertà nel mondo in via di sviluppo. Questa volta l'atmosfera era tetra, e nei primi giorni del 2014 lo è diventata ancora di più. Sfogliando i quotidiani di un giorno qualsiasi ci si imbatte in terribili vicende di terrorismo e violenza, azioni perpetrate nel nome di una visione falsata della religione. Alcune di tali azioni non sono commesse da Stati, altre sì, ma tutte sono commesse in un contesto di divisioni e conflitti definiti dalle divergenze tra le confessioni religiose. Questa è la nuova battaglia del XXI secolo, e non la vinceremo a meno di combatterne le cause alle radice insieme alle sue agghiaccianti conseguenze.
Oggi, in un arco che si estende dall'Estremo Oriente, passa per il Medio Oriente e arriva fino alle strade delle città di Europa e Stati Uniti, dobbiamo affrontare una piaga che ha strappato vite innocenti, segnato per sempre comunità, destabilizzato Paesi. È un pericolo che evolve di continuo, cresce e si trasforma per contrastare la lotta che noi ingaggiamo contro di esso.
Gli estremisti che propagano questa violenza dispongono di reti che raggiungono i giovani e ben conoscono il potere dell'istruzione, sia essa formale o informale. Gli estremisti riempiono le menti dei giovani con la convinzione che nemico è chiunque dissenta. E non è nemico soltanto loro, ma anche di Dio. Il dibattito sulla sicurezza spesso, come è comprensibile, si è concentrato sulle conseguenze. Dopo un attentato, gli Stati prendono in considerazione immediate misure di sicurezza. I terroristi sono braccati e stanati. Poi si torna alla vita di tutti i giorni, finché non è perpetrato un altro attentato.
Un cambiamento duraturo potrà esserci soltanto affrontando le cause alle radici dell'estremismo stesso. Naturalmente, la politica fa la sua parte e gli estremisti sono molto abili nello sfruttare le rimostranze della gente verso la politica. Ma il terreno nel quale piantano i loro semi d'odio è reso fertile dall'ignoranza. È per questo motivo che dobbiamo iniziare a pensare all'istruzione come a un problema di sicurezza. Gli estremisti giustificano le uccisioni nel nome di Dio: questa è una perversione oscena della vera fede religiosa. Ed è anche un serio pericolo, sia per il danno che arreca direttamente, sia per la deleteria divisione e il settarismo che provoca indirettamente. Ogni omicidio è una tragedia umana, che innesca anche una reazione a catena di risentimento e di odio. Nelle comunità tormentate da un estremismo di questo tipo la paura è reale, tangibile, paralizza la vita di tutti i giorni e allontana le persone le une dalle altre.
La globalizzazione si sta intensificando e produce un effetto moltiplicatore sull'estremismo. Non arginato dai confini, esso può germogliare ovunque. Noi uomini siamo più interconnessi di quanto non sia mai avvenuto nel corso della storia, e sempre più persone entrano in contatto con persone diverse da loro. Di conseguenza, aumenta la necessità di rispettare un vicino diverso, ma aumenta in proporzione anche la possibilità di identificarlo come un nemico.
Non mi riferisco soltanto all'estremismo islamico. Ci sono attentati estremisti perpetrati contro i musulmani a causa della loro religione, e oggi esistono fanatici cristiani, ebrei, hindu, e buddisti che travisano completamente la natura del loro credo. Per questo motivo nel XXI secolo l'istruzione deve essere considerata una questione di sicurezza che ci riguarda tutti. La vera sfida consiste nel mostrare ai giovani più soggetti al richiamo del terrorismo che esiste una strada migliore da percorrere per far sentire la propria voce, un modo più significativo per impegnarsi nel mondo. La buona notizia è che sappiamo come riuscirci. Un esempio è quello della mia Faith Foundation: i programmi promuovono il dialogo interculturale tra studenti di tutto il mondo di età compresa tra i 12 e i 17 anni, originari di 20 Paesi diversi, permettendo ai giovani di dialogare su un sito web sicuro, dove interagiscono dalle rispettive classi sotto la guida di insegnanti appositamente formati.
Per mezzo di videoconferenze guidate, gli studenti di confessioni religiose diverse e opinioni diverse possono dialogare di questioni globali. Poco alla volta, abbattendo gli stereotipi religiosi e culturali, acquisiscono le competenze necessarie a capirsi e a scongiurare lo scontro. Per le scuole ubicate nelle aree più povere del pianeta, ricorriamo a soluzioni particolari, visto che l'accesso a internet è precluso. Siamo solo una goccia nell'oceano. Ma abbiamo accumulato esperienza in oltre mille scuole; sono stati coinvolti più di 50mila studenti e lavoriamo in Paesi diversi come Pakistan, India, Usa, Giordania, Egitto, Canada, Italia, Filippine e Indonesia. Ho avuto il privilegio di vedere come gli studenti poco alla volta riescano a familiarizzare con culture, confessioni religiose e idee diverse che ispirano così tante persone ovunque.
Esistono molti altri esempi straordinari di questo tipo di attività, ma alcune sono a corto di risorse, prive di peso e del riconoscimento di cui avrebbero bisogno. Dobbiamo pertanto mobilitarci per sconfiggere l'estremismo, e dobbiamo agire a livello globale. Tutti i governi devono prendere sul serio la responsabilità di istruire i giovani, di educarli ad accettare e rispettare chiunque abbia credo e cultura diversi. Non c'è un problema più impellente di questo. Esiste il pericolo che le guerre di religione sostituiscano i conflitti ideologici del secolo scorso in forma altrettanto devastante. Dipende da noi tutti mostrare che abbiamo un'idea di fondo migliore di quella degli estremisti: imparare gli uni dagli altri e convivere. E questa idea deve diventare il nucleo fondamentale dell'istruzione dei giovani di tutto il mondo.

Il Sole 24 ore, 15 gennaio 2014

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