Spiazzati i politici devoti

31.07.2013 09:32
Categoria: Articoli giornale

Nessun alibi rimane più ai comodi schemi di una "devozione" interessata o di un anticlericalismo radicale. Una riflessione di Luigi La Spina (La Stampa, 30 luglio) sulla "rivoluzione" di papa Francesco

E adesso chi glielo dice alla Gelmini, a Lupi, a Sacconi che ormai è inutile voler far piacere alla Chiesa chiedendo, ad esempio, una moratoria sulla legge contro l’omofobia? E chi glielo dirà a Pannella che decenni di allarmi contro le ingerenze vaticane sono da archiviare nel cestino della memoria?

La verità è che quel bianco viaggiatore con la sua nera borsa ha spiazzato, tra le tante vecchie abitudini, anche la politica italiana.

Quella politica che ha sempre cercato il pronto e, magari persino anticipato, allineamento ai voleri della gerarchia cattolica. Quella che, davanti a milioni di giovani, si aspettava il tuono del Papa contro i matrimoni gay, contro l’uso del preservativo, in nome di quei «valori non negoziabili» che, da circa vent’anni, offrono un comodo riparo per sperare di raccogliere alle urne il frutto di tanta servizievole disponibilità.

Chissà quale sorpresa e quale sconcerto, invece, ascoltando un Papa che parla di Dio, dell’amore tra tutti i fratelli del mondo, della comprensione umana, come ricetta universale di speranza per un futuro migliore. Uguale sorpresa e uguale sconcerto, però, avranno sicuramente provato quei vetero anticlericali di casa nostra, sempre pronti a negare che la Chiesa possa avere una voce pubblica, che possa legittimamente esprimere un giudizio sulla nostra società e sulla nostra politica e che debba solo rifugiarsi nei confessionali e nei conforti di una silenziosa e timida fede privata.

Chi potrà mai sapere come si fa ad essere più laici di questo Papa che strapazza cardinali, vescovi, prelati e va in utilitaria, più di sinistra di un Papa che parla sempre di poveri, più rivoluzionari di un Papa che invita i giovani «a fare casino» e, magari, più conservatori di un Papa che si appella continuamente a Cristo?

E’ come se Papa Francesco, di colpo, avesse levato la stampella alla politica italiana, quella stampella a cui tutti si appoggiavano, sia per sostenerla, sia per abbatterla. Un gioco delle parti in cui era troppo facile allinearsi dietro l’etichetta più conveniente, in cui le squadre erano sempre formate dagli stessi giocatori, in cui, in fondo, non perdeva mai nessuno. E’ come se non valessero più nulla pie frequentazioni in sagrestia e assidue presenze in salotti romani pieni di fruscianti vesti cardinalizie. E’ come se la politica italiana dovesse prendere posizione liberamente, senza aspettare il rimbombo che arriva dall’altra riva del Tevere. Una novità che dovrebbe spazzare via ipocrisie pubbliche e convenienze private, scambi elettorali e favori oscuri. Ma sarà davvero pronta la politica italiana, abituata, da decenni, a schieramenti così comodi, a fare da sola le sue scelte sul futuro della nostra società?