Uno spreco insostenibile

07.09.2021 10:54

Su Avvenire del 7 settembre 2021 Francesco Riccardi commenta i dati, estremamente preoccupanti, che attestano l'incremento del fenomeno dei neet, i giovani che non lavorano né studiano. Una dispersione inaccettabile e insostenibile di risorse, oltre che "uno sciupio di vita e uno spreco di futuro".

Non poteva che essere così in un anno sconvolto dalla pandemia, tuttavia il nuovo aumento dei giovani neet che non lavorano né studiano è un dato che deve destare allarme. Un dramma attuale, e insieme un’ipoteca sul futuro, che necessita dell’attenzione dovuta a una vera e propria emergenza sociale, prima ancora che economica.
Il numero dei giovani inoccupati e non inseriti in percorsi di formazione è risalita infatti oltre i 2 milioni di persone in termini assoluti e al 23,3 in percentuale (+1,1% rispetto al 2019) segnala l’Istat. Quasi un quarto dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni, cioè, è inattivo anche se all’interno di questo insieme va distinto chi non ricerca proprio né un lavoro né un’occasione formativa da coloro che invece sarebbero disponibili a lavorare o a tornare a studiare a fronte di un’offerta adeguata. La media nazionale, come sempre, copre in realtà situazioni assai diverse non solo fra le macroaree – nel Nord i neet sono il 16,8% e nel Sud il doppio (32,6%) – quanto soprattutto nei singoli territori, dove a fronte delle province più 'virtuose' come Pordenone (10,7%), Ferrara (11,1%) e Sondrio (11,9%) si segnalano il triste record di Crotone – in cui si sfiora la metà dei giovani (48%) – e mezza Sicilia con Catania, Messina e Caltanissetta al 40%. Certamente fra questi giovani ce ne sono molti che in realtà lavorano o 'lavoricchiano' in nero (in Italia si stimano 3,7 milioni di occupati irregolari di tutte le fasce d’età). Così come ce ne saranno alcuni che si 'accomodano' in famiglie che garantiscono comunque il loro mantenimento, magari anche grazie ai sussidi del Reddito di cittadinanza.
Per la gran parte, però, questi giovani sono il prodotto di due grandi deficit. Il primo quello di un sistema di istruzione che non sa orientare e perde troppi ragazzi per strada. Il secondo, un mercato del lavoro che, anziché accompagnare e valorizzare i giovani che vi fanno ingresso, tende semplicemente a sfruttarli finché è possibile, frustrandone le ambizioni. La dispersione scolastica, pur migliorata, resta infatti al 13,8% contro un obiettivo Ue del 9%. Mentre il numero crescente di ragazze e ragazzi che espatriano per lavoro – circa 250mila ogni anno – conferma indirettamente che i giovani più motivati cercano altrove quella realizzazione che qui si vedono negata.
Ancora, c’è un altro dato importante di cui tener conto: l’iscrizione di ben 1,6 milioni di persone tra i 15 e i 29 anni a Garanzia giovani. A testimonianza che la volontà di cercare un’occupazione o un’occasione formativa non è un desiderio spento per sempre fra i neet, tutt’altro.
Proprio i risultati del programma finanziato con fondi europei, però, la dicono lunga sulle nostre difficoltà. Di questi 1,6 milioni, infatti, appena 450mila hanno trovato un’occupazione alla fine del programma e solo la metà di questi a tempo indeterminato. Il 17% dei presi in carico è stato avviato a un corso di formazione, mentre la maggior parte (il 56%) ha effettuato un tirocinio extracurricolare. Che purtroppo, però, in molti casi si rivela un mero rapporto di lavoro sussidiato dall’ente pubblico, con scarso o nullo contenuto formativo.
Col risultato paradossale di disincentivare l’accensione di contratti di lavoro regolari e incidere negativamente su preparazione e motivazione dei neet. Questa difficile situazione non è certo sconosciuta agli addetti ai lavori e, non a caso, fin dal suo insediamento il premier Mario Draghi ha posto fra i punti centrali del programma di governo il potenziamento dell’istruzione tecnica e in particolare quella terziaria degli Its.
I fondi del Pnrr sono in arrivo e si spera che – assieme alle imprese – si riesca a moltiplicare in maniera significativa questa offerta capace di coniugare formazione di alto livello con percorsi di ingresso nelle aziende. Il tema che, invece, sembra essere ancora trascurato è quello di una decisa promozione dei contratti di apprendistato, in particolare di primo e terzo livello che assicurano, oltre a un’assunzione regolare a tempo determinato, il completamento dei percorsi scolastici interrotti o il conseguimento di lauree e dottorati di alta specializzazione. Non è solo una questione di incentivi economici, già incorporati strutturalmente in questi contratti, quanto di cultura che troppo spesso manca anche nel nostro sistema produttivo e che occorre far crescere. Per ragioni demografiche i giovani saranno sempre meno, non possiamo permetterci che siano contemporaneamente sempre più delusi e inattivi. Perché due milioni di neet non sono semplicemente un problema economico, ma uno sciupìo di vita, uno spreco di futuro che non possiamo permetterci né accettare.

Files:
riccardi_07092021.pdf626 K