Umanità che affonda

20.05.2021 10:21

Una riflessione sincera, accorata, priva di retorica, lucida, densa di umanità. Ce la offre, sul dramma dei migranti che stanno approdando in queste ore sulle coste della Spagna, Dacia Maraini su La Stampa del 20 maggio 2021.

Guardare queste fotografie vuol dire diventare testimoni. L’occhio che vede, conserva e rammenta. L’occhio si nutre di presenza e la presenza è Storia. Queste fotografie ci dicono che siamo tutti testimoni e la coscienza ne è coinvolta, non può dirsi estranea.
Ma che fare? Come passare dalla testimonianza alla partecipazione? Strano che, con tutti gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione, ci sentiamo più che mai impotenti.
Un bambino viene salvato da un uomo generoso. Sentiamo un istinto di compassione e di gratitudine. Ma chi è quel bambino e chi è quell’uomo? Saperlo può aiutarci a capire di più? Forse sì. Le immagini si fanno strada nel nostro pensiero e suscitano tante domande. Chi, come, quando, perché?
Non c’è dubbio che il movimento dei popoli sia una realtà costante, che non cesserà con l’emergenza, e sappiamo inoltre che sarà usato dalle nazioni per calcioli di potere. Ma cosa possiamo fare?
Lo sguardo muove la nostra compassione per quei corpi nudi, schiaffeggiati dalle onde, per quei poveri piedi che non conoscono scarpe comode e protettive, per quelle facce sorprese che chiedono asilo.
«Accogliere!» è il grido di chi pensa, come san Martino, che bisogna tagliare il mantello indossato e regalarne la metà a chi sente freddo. Ma se i migranti diventano tanti, se si moltiplicano a migliaia, come gestire questa accoglienza? Alcuni sostengono che c’è bisogno di braccia. Ma è un discorso cinico. Con le braccia gli esseri umani si portano dietro anche una fede, una cultura, delle abitudini dure a morire. Siamo in grado di integrare migliaia di profughi?
Non si possono accogliere degli infelici per farne dei lavoratori a poco prezzo. E allora? Non ho risposte. Ho solo domande. Ho solo due occhi che guardano e uno stomaco che si stringe alla vista di tanta disperazione, tanta povertà, tanto dolore.
Ma certamente la compassione non basta. Dobbiamo pensare in termini razionali e capire cosa ci è dato fare per non abusare di questi disarmati che fuggono da fame e paure.
Ricordare che siamo stati un popolo di emigranti ci aiuta a organizzarci senza perdere in Umanità? Qualcuno parla di una nemesi: abbiamo saccheggiato per secoli dei territori ricchi di materie prime, senza lasciare dietro di noi strade, case, scuole e un esempio di buon governo.
Mi sono distratta e ho parlato come se questi migranti fossero approdati sulle nostre coste. Ma non fa molta differenza. Oggi sono in Spagna ma domani saranno sulle isole siciliane.
Io non so sinceramente se la pietà serva a qualcosa. Eppure penso che la pietà più il ragionamento possono aiutare a creare consapevolezza e voglia di agire. E agire, in vista del futuro, vuol dire costruire alleanze per affrontare insieme, senza ingiustizie e senza guerre, l’inevitabile spostamento dei popoli.

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