Le aggressioni social e l’impotenza di chi vuole resistere

01.03.2021 14:44

Nel mondo dei social la calunnia non è solo un venticello, ma un tornado incontrastabile, di fronte al quale non c'è difesa. Social e anonimato come armi che consentono di dare sfogo alle peggiori pulsioni (Stefano Balassone, Domani, 1° marzo 2021)

L’impotenza di fronte all’aggressione a mezzo social è stata sperimentata da un distinto e bonario ingegnere americano diffamato come pedofilo da una signora che decenni prima aveva lavorato nella ditta di famiglia, come racconta il New York Times. Non un genio della rete, capace di seminare con destrezza i suoi messaggi, ma una tipa qualunque resa onnipotente da siti “ventilatore” specializzati nel diffondere ogni tipo possibile di melma in campo finanziario, politico e sessuale. Su quei siti si affacciano miliardi di persone, leggono i post contro questo e quello e si divertono. Gli autori degli sfoghi intanto dormono tranquilli perché il sistema social pare fatto apposta per spararle grosse e di nascosto.
Zuckerberg e compari infatti non accertano l’identità di chi si aggiunge come account perché sembrano interessati a garantire il blackmailing come la più seducente delle offerte per estendere traffico e ricavi. Non che sia impossibile risalire i rami della rete e scoprire il computer all’origine del male, ma si tratta di un’impresa costosa che solo stati e miliardari sono in grado di affrontare.
Il nostro ingegnere americano qualche soldo ce l’aveva, ma dopo aver pagato avvocati e geni del computer, lui stesso e solo grazie a uno sprazzo di ricordo, ha sospettato di quella signora e l’ha fatta vigilare. Il New York Times ha approfondito la questione eliminando ogni dubbio, ma il muro di gomma del business social impedisce di portare le prove in Tribunale. E, comunque, in giro per la rete, che l’ingegnere sia pedofilo è ormai e per sempre detto e stabilito.

Tortore e rane
La faccenda ci ha ricordato la storia del caratteraccio della tortora, l’uccellino raccontato da Konrad Lorenz, dal becco inoffensivo che se l’avesse lungo e adunco commetterebbe ogni sorta d’assassinio. Per Lorenz, che lo scriveva negli anni Settanta, l’uomo, scimmia nuda e debole, ma attaccabrighe, s’era ritrovato il pugno dell’atomica: uno squilibrio disastroso. Chissà cosa scriverebbe Konrad se gli dicessimo che oggi la tortora umana dispone del becco social che non richiede l’accesso alla valigetta nucleare, ma ad una semplice tastiera.
È cresciuta così oltre misura la capacità di chiunque di recar danno a un altro, ma quel che è peggio è che lo scudo dell’anonimo protegge chi offende, complica la raccolta delle prove e rende vano il ricorso al Tribunale.
La conseguenza è prevedibile: ogni offeso, a patto di disporre dei soldi e del potere, riuscirà a perforare lo scudo dell’anonimato per ricorrere alla “giustizia fai da te”, come era d’uso nel Far West o tra i Longobardi prima che un Editto del secolo VII ne temperasse abitudini e costumi. Se vi sembra che la questione vi scavalchi e pensate di non avere mai alimentato il rancore di qualche odiatore da tastiera, sappiate che vi attende la fine della rana nel famoso esperimento. È impossibile infatti vivere e camminare senza pestare i piedi di nessuno, senza neppure farci caso, il che raddoppia il bruciore dell’offesa.
Così già oggi, senza che lo sappiate, potreste essere sotto tiro di un condomino irritato dal ricorrente ticchettio dei vostri tacchi sul soffitto, oppure di un invidioso della vostra famigliola armonica e gioiosa, che però un occhio mal disposto può ritenere ipocrita e noiosa. In questo modo, un post oggi e uno domani fuori dalle timeline che usate frequentare e tanto più se il social lo snobbate. Vi attende così la fine del batrace che nuota e nuota nell’acqua finché questa va a bollore e neppure s’accorge di morire.