Quando i genitori non leggono

30.07.2019 08:41

Sull'edizione web de Il Sole 24 ore - Cultura del 27 luglio 2019 (https://www.ilsole24ore.com/art/quando-genitori-non-leggono-ACjvcUb) un articolo di Marco Bollettino propone una chiave di lettura diversa, rispetto a quelle che vanno per la maggiore, dei dati che attesterebbero "lo stato di declino del livello di apprendimento dei nostri figli". Lo fa prendendo soprattutto lo spunto da un recente intervento di Massimo Recalcati, che per completezza di informazione si allega insieme all'articolo di Bollettino.

 

Ogni anno, in contemporanea al solito anticiclone africano o forse, più probabilmente, in risposta alla pubblicazione del rapporto sui risultati dei test Invalsi, i giornali si riempiono dei soliti editoriali di denuncia della decadenza dei giovani e di proposte di restaurazione della scuola ai fasti di un'età dell'oro che non c'è mai stata. L'ultimo in ordine di tempo, scritto dallo psicoanalista, saggista e accademico Massimo Recalcati, inizia in questo modo:
«Non erano necessari i risultati degli ultimi Invalsi per constatare lo stato di declino del livello di apprendimento dei nostri figli. Gli insegnanti se ne lamentano ormai da tempo: non leggono, non studiano, non partecipano, non ascoltano più. I nostri figli fanno fatica a disciplinarsi nella lenta e rigorosa applicazione allo studio. Preferiscono i pensieri twitter, la cultura dei social, lo zapping continuo, la connessione perpetua, lo scivolamento rapido da una informazione all'altra, da un'immagine all'altra. (...) Poco tempo fa si impugnava la giusta causa della difesa della storia come disciplina imprescindibile per comprendere il nostro tempo e allenare il pensiero critico».
La soluzione proposta dall'autore è molto semplice: tornare al passato, alla lezione frontale in cui il maestro parla e gli alunni apprendono, perché «è solo la testimonianza dell'insegnante e della sua parola che può accendere o spegnare il desiderio di sapere negli allievi».
Ma torniamo alla descrizione iniziale. Sono proprio “i nostri figli” quelli descritti da Recalcati?

I nostri figli non leggono?
Ogni anno, a fine dicembre, l'Istat pubblica un rapporto sulla lettura di libri in Italia. L'ultima pubblicazione risale al 27 dicembre 2018 e si riferisce ai dati del 2017:
«La quota più alta di lettori si riscontra tra i ragazzi di 11-14 anni. Il 12,7% è un lettore “forte”, ossia legge almeno un libro al mese. Tra i lettori “forti” anche le persone da 55 anni in su, che mostrano le percentuali maggiori: 16,5% tra i 55 e i 64 anni e 17,4% tra gli over65.
L'abitudine alla lettura si acquisisce in famiglia. Tra i ragazzi di 11-14 anni legge l'80% di chi ha madre e padre lettori e solo il 39,8% di coloro che hanno entrambi i genitori non lettori
».

Lettura di libri per classi di età, elaborazione su dati Istat 2018
La descrizione del report Istat è chiarissima: in un'Italia che legge pochissimo, i “nostri figli” sono quelli che leggono di più e lo fanno soprattutto se anche i loro genitori sono dei lettori. Non c'entra la scuola.
Guardando, poi, l'evoluzione dei dati nel tempo, si può notare come, rispetto al 2007, vi sia stato un calo fortissimo della percentuale di lettori nelle fasce di età che vanno dai 25 ai 55 anni. Ma quelle non sono forse proprio le classi di età che racchiudono i “genitori” dei ragazzi che sono oggi a scuola? La scelta del 2007 come dato di partenza ci permette di aggiungere un'informazione: nel maggio 2008, infatti, Facebook fu tradotto in italiano.

I pensieri twitter e la cultura dei social
Non si può certamente negare che i ragazzi facciamo un uso massiccio di Internet, ma non è certamente quello descritto da Recalcati.
Come ci mostrano i dati più recenti sull'uso dei Social media in Italia, i giovanissimi non possono “preferire i pensieri twitter”, perché Twitter non lo usano proprio, così come non usano Facebook. Allo stesso modo, non possono fare “zapping continuo” perché non guardano la televisione, ma utilizzano i servizi di streaming online, da Youtube a Netflix.

Profilo audience dei Social media - Indagine We Are Social
Anche qui, a sorpresa, scopriamo che i Social Network esercitano maggiore attrazione sugli utenti dai 25 ai 54 anni di età. Sono proprio questi ultimi ad utilizzare in modo massiccio Facebook e Twitter, scrivendo post brevi e spesso sgrammaticati, insultando gli altri utenti e diffondendo notizie palesemente false ma in linea con i propri pregiudizi. Sono loro che guardano ancora la tv e fanno zapping tra un canale e altro.
In definitiva, sono loro, e cioè i genitori, a mettere in atto tutti quei comportamenti che Recalcati attribuisce ai figli.

La peggior generazione della storia?
Gli editoriali di questi giorni ci restituiscono la descrizione di una generazione, quella dei nati dopo il 2000 (che non sono i millenials) i quali rappresenterebbero il culmine di un percorso di decadenza culturale e morale iniziato da tanti anni e che può essere interrotto soltanto tornando alle “buone pratiche” che avevano caratterizzato la scuola di una non meglio precisata età dell'oro.
Non c'è da stupirsi. È da quando abbiamo iniziato a lasciare testimonianze scritte su tavolette di argilla che ci lamentiamo della decadenza e della corruzione delle nuove generazioni. Le evidenze empiriche, però, ci consegnano una realtà che va in direzione opposta.
Perché, allora, è molto diffusa l'idea per cui nella scuola superiore di 30 anni fa i ragazzi studiavano, si impegnavano, rispettavano gli insegnanti e raggiungevano risultati di eccellenza?
Una possibile risposta arriva dall'analisi del tasso di scolarità, cioè la percentuale di ragazzi e ragazze tra i 14 e 18 anni iscritti alla scuola secondaria di II grado. Nel 1991/1992 era il 70,3 per cento, nel 1999/2000 è salito all'84,1 per cento e ha toccato il massimo nel 2012/2013 con il 96 per cento, per poi scendere leggermente negli anni successivi. Molto semplicemente, quel 20/25 per cento di popolazione più fragile, che una volta abbandonava la scuola dopo la licenza media, non frequentava la scuola secondaria di II grado e quindi non “disturbava” le lezioni del prof. Recalcati.
Ma quella scuola tanto magnificata dagli intellettuali era la scuola dell'esclusione. Anche allora erano in tanti a far “fatica a disciplinarsi nella lenta e rigorosa applicazione nello studio” ma venivano semplicemente espulsi dal sistema.

A chi si riferisce Recalcati?
Massimo Recalcati non se ne accorge ma, mentre si lamenta dei figli, in realtà sta descrivendo i genitori. Sono loro a non leggere, ad essere sempre connessi ai Social, ad avere un “pensiero twitter”, a saltare da un link all'altro o da un'immagine all'altra, ripostando, senza controllare, ogni tipo di contenuto che sia compatibile con quanto già pensano, senza ascoltare mai l'opinione di chi ha una visione del mondo diversa.
Quella generazione lì la conosco molto bene perché ne faccio parte. A scuola non sapevamo cosa fosse la didattica laboratoriale, la classe capovolta, la peer education o il learning by doing. La modalità di lezione era una sola, dalle elementari alle superiori: la lectio ex cathedra che tanto piace a Recalcati.