Una scuola giusta senza bisogno di un'altra riforma

28.02.2018 09:02

"Nessuna nuova riforma per un po’ di anni, solo oculati aggiustamenti, lasciare alla scuola il tempo del pensiero su di sé. Ci si aspetta un governo che sulla scuola ascolti la società senza inseguire tutti i venti dell’opinione" (Mariapia Veladiano su La Repubblica del 26 febbraio 2018).

L’attesa è che il prossimo governo fieramente sostenga una scuola di parte, dalla parte giusta, di chi si trova alla nascita in una condizione di disuguaglianza rispetto alle opportunità perché viene da famiglie a basso reddito e non istruite e solo la scuola può farlo uscire dall’immobilità sociale. Secondo l’Istat solo il 10% di chi nasce in famiglie di basso reddito arriva alla laurea, contro il 60% di chi nasce nelle famiglie abbienti. Questo vuol dire che attualmente l’Italia sta perdendo risorse personali e intellettuali. Vuol dire anche che nei posti di responsabilità non arrivano i più bravi ma i più fortunati (al netto dei raccomandati). E nello stesso tempo vuol dire che la società italiana coltiva l’ingiustizia della disuguaglianza. L’attesa è quindi che il prossimo governo gagliardamente sostenga che per il bene del Paese la prima grande opera da approvare è un vero diritto allo studio. E questo non vuol proprio dire che l’università debba essere gratuita per tutti, ma per chi è bravo e non ha i mezzi sì.
Poi ci si aspetta che si abbia il coraggio di assumere come insegnanti non dei numeri («abbiamo stabilizzato 100-200 mila precari», non importa chi) ma persone selezionate e capaci, quelle che servono, non una di più o di meno. Oggi da un lato un bene come l’università ha più del 70% di docenti e ricercatori precari e dall’altro le costose stabilizzazioni della cosiddetta buona scuola hanno riparato ingiustizie e ne hanno create altrettante e comunque non sono state pensate per gli studenti.
Nessuna nuova riforma per un po’ di anni, solo oculati aggiustamenti, lasciare alla scuola il tempo del pensiero su di sé. Ci si aspetta un governo che sulla scuola ascolti la società senza inseguire tutti i venti dell’opinione. La scuola non replica il presente, dà gli strumenti per comprenderlo e migliorarlo. Concretamente? Meno studenti per classe (se sono 30 non si ha nemmeno il tempo di “vederli”, chi resta indietro il primo giorno ci resta per sempre), formazione obbligatoria per i docenti, docenti di sostegno solo specializzati e stabili sui ragazzi seguiti, nomine su graduatorie ferme al 1 settembre (niente giostre di supplenti), ripensare l’alternanza scuola-lavoro dove non sta funzionando. E poi qualcosa di immateriale e potente come una promessa: disinnescare il sadismo dei rapporti gerarchici che fa ammalare la società. Come? Ad esempio non inviando circolari che rivelino nel linguaggio quell’aspra sfiducia istituzionale che sembra essere dietro la perentorietà di molte comunicazioni. Ad esempio non pensando ai ruoli di responsabilità soprattutto in termini di governo del contenzioso legale. A scuola il governo è soprattutto relazione, anche nei ruoli gerarchici.