La scuola e il dilemma dei compiti a casa

12.12.2014 13:05

"Nove ore la settimana: tante ne passano, chini sui libri di testo a casa, i quindicenni italiani. Troppe, spiega la relazione che accompagna i dati elaborati dall’Ocse-Pisa ... Eppure, in Italia, i ragazzi che si impegnano di più a casa vanno meglio a scuola" (Gianna Fregonara, Corriere della Sera del 12 dicembre 2014)

Nove ore la settimana: tante ne passano, chini sui libri di testo a casa, i quindicenni italiani. Troppe, spiega la relazione che accompagna i dati elaborati dall’Ocse-Pisa 2012: e, in effetti, si tratta del triplo di quanto utilizzato per i loro compiti dai ragazzi finlandesi e coreani. Eppure, in Italia, i ragazzi che si impegnano di più a casa vanno meglio a scuola: hanno risultati superiori di 15 punti nella scala Ocse. Forse non tutti i genitori se ne sono accorti o ne hanno consapevolezza, specie dopo le otto di sera quando sono chini sui libri di testo dei figli, ma in dieci anni i compiti sono diminuiti. In media in Italia ogni settimana i quindicenni studiavano a casa 10 ore e mezza alla settimana, due ore e sei minuti al giorno, sabato e domenica esclusi. Oggi le ore dedicate ai compiti sono nove, in media. Il triplo di quelle dei ragazzi finlandesi, che vantano un sistema scolastico di prim’ordine, e dei coreani che per i compiti non usano più di tre ore alla settimana. Nove ore sono comunque troppe, si legge nella relazione che accompagna i dati elaborati dall’Ocse-Pisa 2012 e presentati ieri dall’organismo di Parigi che ha analizzato i dati di oltre cinquecentomila studenti in tutto il mondo.
Troppe, perché «i dati raccolti in questi anni evidenziano che dopo quattro ore di compiti alla settimana, il tempo ulteriore investito nello studio ha un impatto trascurabile sui risultati scolastici». Insomma, a sentire gli esperti, dati alla mano, i compiti andrebbero dimezzati. Eppure sfogliando il rapporto si scopre che in Italia, a conforto di studenti e genitori, i ragazzi che fanno più compiti a casa vanno meglio a scuola: hanno risultati superiori di 15 punti nella scala Ocse. Cioè i compiti alla fine servono. Non a sanare i buchi e le mancanze del sistema scolastico — il nostro nonostante sia migliorato negli anni non è certo tra i più efficienti — né a sostituire un insegnante poco preparato o una scuola mal organizzata. Spiega Francesca Borgonovi, analista dell’Ocse-Pisa e consulente del Miur: «I dati di questa rilevazione dimostrano che la qualità dell’offerta formativa, l’organizzazione del sistema scolastico e la preparazione degli insegnanti sono molto più importanti della quantità di compiti che vengono assegnati a casa nel determinare la preparazione accademica dei ragazzi». Insomma, tanti compiti non fanno un buon sistema scolastico.
Ma l’abitudine di affidare ai compiti una parte della formazione dei ragazzi crea anche un altro non secondario problema: nei compiti sono migliori i ragazzi dei licei e in generale quelli che appartengono a famiglie «socioeconomicamente avvantaggiate», in altre parole, affidare l’apprendimento ai compiti è discriminatorio e aumenta la disparità tra ricchi e poveri, chi ha meno possibilità fa in media meno compiti e ha risultati peggiori. La soluzione potrebbe essere abolirli? È vero che la tendenza a diminuirli è forte e proprio all’inizio di quest’anno — dopo che l’ex ministro Maria Chiara Carrozza aveva invitato ad andare nei musei o a leggere un libro nelle vacanze di Natale —, è rispuntata una circolare ministeriale del 1969 (protocollo 4600) mai abolita che aveva per oggetto il divieto di dare compiti nel week end, allora definito «il riposo festivo degli alunni». In Francia Hollande aveva proposto di eliminarli, e ora sul tavolo del ministro Giannini c’è una lettera aperta di un’insegnante che chiede per queste vacanze di abolirli, lasciando riposare i ragazzi.