Quando un algoritmo trasferisce gli insegnanti

01.09.2016 09:04

"Attribuire le ingiustizie all'algoritmo è patetico. In ogni passaggio la pubblica amministrazione deve poter rendere conto delle sue procedure. Aver cercato di negare fino all'ultimo le irregolarità è stato inelegante e controproducente. Aver fatto tutto in corsa è stato un errore politico enorme" (Mariapia Veladiano, La Repubblica, 31 agosto 2016)

Il problema non è il fatto di trasferirsi. Gli insegnanti (come tutti i dipendenti della pubblica amministrazione in Italia) sanno di dover andare esattamente dove il lavoro c'è e lo hanno sempre fatto. Si studiavano le graduatorie provinciali, vedevano dove i posti c'erano e presentavano le domande di messa a disposizione o di trasferimento. Talmente normale era e talmente frequente, che a scadenza regolare i politici fedeli all'epica narrazione del "padrone in casa nostra" gridavano all'invasione e alzavano argini: aggiornamento delle graduatorie ogni tre anni anziché due, niente assegnazione provvisoria per cinque anni ai trasferiti al Nord e così via.

Quel che oggi capita è che una procedura farraginosa, continuamente corretta in corso d'opera, talmente complicata da non permettere un giusto accompagnamento da parte delle amministrazioni periferiche (Uffici scolastici territoriali, basta andare sui siti e vedere, le rettifiche sono più numerose delle circolari) e soprattutto non limpida ha creato situazioni da un lato inattese e dall'altro improvvise. Spesso si tratta di trasferirsi da un giorno all'altro.

Fino a dove la procedura è stata trasparente è apparsa spesso ingiusta. Ad esempio la scelta di favorire nei trasferimenti i docenti dell'ultimo concorso rispetto ai "precari storici" immessi in ruolo in virtù della sentenza dell'Unione Europea che obbligava l'Italia ad assumerli ha creato situazioni di docenti con punteggi bassi assunti vicino a casa o comunque nella regione in cui avevano vinto il concorso e altri con punteggi di servizio altissimi costretti a trasferirsi. Potere delle parole.

"Precari storici" sembra sottintendere un peccato originale, una specie di incapacità a diventare docenti. In realtà nelle Graduatorie ad esaurimento (le Gae) c'era di tutto: docenti immensi, con competenze, vicepresidi da anni, titolari di progetti, funzioni strumentali, che però avevano avuto la sfortuna di non incrociare un concorso, o di non arrivare al concorso in posizione utile. E certo, c'erano anche docenti per caso, senza arte né passione, che avevano tenuto la scuola come via di scampo, sissamai. In questo senso lo svuotamento delle Gae è stata la più grande, generalizzata, non selezionata assunzione di massa della scuola italiana.

Poi è arrivato l'impenetrabile algoritmo del ministero che ha impenetrabilmente deciso i trasferimenti. Ancora il potere delle parole: la matematica al posto del latinorum. Impossibile seguire il percorso dell'algoritmo che ha portato docenti a centinaia di chilometri da casa a insegnare su classi di concorso per le quali le scuole vicino a casa stanno chiamando supplenti. Parlare di deportazione è dissennato sempre. E ancora il potere delle parole ha permesso lo scatenarsi della peggiore demagogia.

Quel che è vero è che la mancanza di trasparenza non permette di partecipare alla procedura e se poi gli errori ci sono e sono pure tanti, talmente tanti che gli Uffici scolastici sono sommersi dalle richieste di conciliazione, allora è difficile frenare la tentazione di sospettare di tutto. La conciliazione è esattamente ripristinare la trasparenza della procedura e riconoscere il diritto. Diritto dei docenti, ed è cosa buona. Di sicuro non il diritto degli studenti perché le conciliazioni andranno avanti per settimane o forse mesi e i docenti nominati di oggi saranno via via sostituiti da quelli che vedranno riconosciuto il loro diritto con un effetto domino devastante sulle cattedre e sulla continuità didattica.

Attribuire le ingiustizie all'algoritmo è patetico. In ogni passaggio la pubblica amministrazione deve poter rendere conto delle sue procedure. Aver cercato di negare fino all'ultimo le irregolarità è stato inelegante e controproducente. Aver fatto tutto in corsa è stato un errore politico enorme. Assunzioni in tre fasi che si sono rincorse con regole astruse che le segreterie delle scuole non riuscivano nemmeno a seguire e gli Uffici scolastici a interpretare, il concorso che si è sovrapposto alla conclusione dell'anno scolastico e agli esami di Stato, trasferimenti con algoritmo e ricorsi inclusi.

Questo governo ha ereditato una scuola piena di mali storici e di buoni insegnanti che complessivamente godono della fiducia del 53% degli italiani (contro 1'11,9 dei partiti, ultimo rapporto Eurispes 2016).Quel che serve è allinearsi a quella fiducia e resistere alla tentazione demagogica di stordire l'opinione pubblica con i numeri e la velocità. Assumere e moltiplicare sfiducia e conflitto non porta a niente di buono.