STRAVOLGERE LA SCUOLA PER DECRETO: le disposizioni in materia di organizzazione scolastica (!?!) contenute nel decreto Tremonti

03.07.2008 13:01

Con l'art. 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (pubblicato nel supplemento ordinario n. 152/L alla Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno 2008), il Governo, attraverso un provvedimento d'urgenza collegato alla manovra finanziaria, ha di fatto posto le basi giuridiche per un massiccio e traumatico processo di riorganizzazione (ma, forse, è meglio dire destrutturazione) del sistema pubblico statale d'istruzione, da realizzarsi progressivamente nell'ambito di un piano che si svilupperà nel triennio 2009/2011.

Dal piano - che contiene in premessa l'obiettivo di un generale e consistente contenimento degli organici del personale docente ed ATA - debbono scaturire risparmi ragionieristicamente computati (comma 6) e scanditi in una sequenza che arriva a prevedere, nel 2012, la realizzazione di economie ammontanti a 3 miliardi e 188 milioni di euro. Economie che si aggiungono a quelle già derivanti dalle disposizioni delle Finanziarie 2007 e 2008.

La forte determinazione a perseguire tale obiettivo scaturisce con estrema chiarezza dalla lettura di alcuni commi dell'articolo 64, che non lasciano intravedere margini di flessibilità nella gestione del piano.

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La clausola di salvaguardia (o tagli o paghi)

Per assicurare comunque il conseguimento delle economie programmate, si ripropone (al comma 8) la stessa procedura prevista dall'art. 1, comma 621, lettera b), della legge 296 del 27.12.2006 (Finanziaria 2007): si tratta della cosiddetta "clausola di salvaguardia", che dispone la decurtazione delle dotazioni complessive di bilancio del MIUR in misura corrispondente ai mancati risparmi, qualora gli stessi non si realizzino nella misura prevista.

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Un Ministero sotto tutela

Al comma 7, inoltre, si prefigura la costituzione di un comitato di verifica tecnico-finanziaria, composto da rappresentanti del MIUR e del Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF), cui è affidato il compito di monitorare l'attuazione dei diversi provvedimenti in cui si articolerà il piano triennale, "al fine di assicurare la compiuta realizzazione degli obiettivi finanziari ivi previsti". Tra le righe (ma neanche troppo!) vi si legge l'intenzione di mettere in qualche modo "sotto tutela" un'Amministrazione ritenuta evidentemente poco affidabile, tanto che al comitato si chiede anche di segnalare "eventuali scostamenti per le occorrenti misure correttive".

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Dirigenti sotto tiro

Ad avvalorare quanto appena detto - e a sottolineare in modo deciso l'assoluta priorità che si assegna al conseguimento delle economie di spesa - concorre, infine, il comma 5, che lancia ai dirigenti del MIUR, e agli stessi Dirigenti Scolastici, un esplicito avvertimento, minacciando sanzioni connesse alla responsabilità dirigenziale in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi.

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Le briglie alla contrattazione

L'unica concessione ad una logica di "reinvestimento delle economie" all'interno del sistema la si ritrova al comma 9, dove è previsto che il 30% dei risparmi possa essere destinato, a partire dal 2010, ad alimentare le risorse contrattuali: il decreto, comunque, individua sin d'ora una finalizzazione di tali risorse, che dovranno essere utilizzate per lo sviluppo professionale delle carriere del personale della scuola.

Un ulteriore segnale - specie se la norma è messa in relazione alle disposizioni che in altra parte del decreto-legge 112 sono dedicate alla contrattazione nazionale e integrativa - della volontà di condizionare sempre più pesantemente gli esiti dei contratti mediante vincoli di natura legislativa e controlli fortemente invasivi da parte della Corte dei Conti e di un MEF in crescente protagonismo.

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Il primato dell'economia

Ce n'è abbastanza, a parere della CISL Scuola, per affermare che ancora una volta si affida ad una manovra economica il compito di dettare modi e tempi di una profonda riorganizzazione del servizio scolastico: esperienza non nuova, ma certamente senza precedenti per la radicalità dell'intervento e la pesantezza delle conseguenze che ne potranno derivare per il sistema scolastico, mettendo fortemente a rischio la possibilità di rispondere efficacemente alla domanda formativa e di assicurare, in qualche caso, lo stesso esercizio del diritto allo studio.

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Cosa c'è dietro le cifre

Per comprendere appieno quale sia la portata del provvedimento di legge, vediamo anzitutto che cosa comportano sia il previsto innalzamento di un punto del rapporto alunni/docente, sia la riduzione dei posti in organico del personale ATA in misura pari al 17% (commi 1 e 2).

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Gli organici del personale ATA

Per il personale ATA è relativamente semplice calcolare l'entità di una riduzione che approssimativamente corrisponde, a regime, a circa 42.500 unità. Se l'entità del taglio dovesse riguardare nella stessa proporzione le diverse qualifiche, ciò comporterebbe una diminuzione di 1.832 DSGA, 9.650 assistenti amministrativi, 3.336 assistenti tecnici, 221 fra guardarobieri, cuochi, infermieri, addetti alle aziende agrarie e 27.914 collaboratori scolastici.

Numeri che si commentano da soli, prefigurando uno scenario che, per essere concretamente sostenibile, dovrebbe prevedere una pesante operazione di ri-dimensionamento non solo delle istituzioni scolastiche (vedasi la riduzione dei DSGA), ma della rete scolastica tout-court, con i disagi facilmente prevedibili specie nelle migliaia di piccoli comuni che potrebbero dover chiudere le loro scuole.

Una diminuzione così secca del numero dei collaboratori scolastici, infatti, è immaginabile solo in presenza di una drastica riduzione del numero delle sedi scolastiche alla cui apertura, custodia e manutenzione occorre comunque provvedere.

Non si deve tuttavia dimenticare che le competenze sulla rete scolastica e sul dimensionamento delle istituzioni sono oggi affidate agli Enti Locali e alle Regioni: circostanza che pare trascurata nella formulazione del decreto-legge 112, ma che ad avviso della CISL Scuola si proporrà inevitabilmente come rilevante in fase di impostazione e di gestione del piano.

Né si può dare per scontata la disponibilità degli amministratori locali (e delle comunità che li hanno espressi) a subire passivamente la deprivazione di un servizio importante e fondamentale come quello scolastico.

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Gli organici dei docenti

Per il personale docente l'indicazione "secca" data dal decreto (incremento di un punto del rapporto alunni/docenti) va declinata in tutte le diverse articolazioni (realtà territoriali, ordini e gradi di scuola, classi di concorso) con modalità che conducono a risultati differenti a seconda dei parametri assunti a riferimento: tutte le ipotesi che nel frattempo sono state diffuse - talvolta anche con dovizia di particolari (si pensi all'ampio servizio de "Il Sole 24 ore" dello scorso 30 giugno - sono pertanto da assumere come mere supposizioni.

L'unico dato certo, immediatamente percepibile, è che la revisione apparentemente esigua di un indicatore produce in realtà effetti di portata estremamente rilevante.

Punto di riferimento obbligato, pur se limitato alla sola dimensione complessiva dell'operazione, è la "relazione tecnica" che accompagna il decreto-legge 112, con le connesse tabelle.

Al riguardo, va anzitutto evidenziato come il dato dei docenti in servizio nel 2007/08 riportato nella relazione (868.542) risulti largamente sovradimensionato, perché si riferisce a tutte le unità di personale in servizio, ivi comprese quelle che lavorano con orario inferiore alla cattedra piena (part-time e "spezzoni" di cattedra).

Si spiega così il valore assunto come indice attuale del rapporto alunni/docenti, pari a 8,94, che noi riteniamo più corretto identificare in un quoziente che oscilla tra 10,08 e 11,20 (scarto che deriva dal computo o meno dei posti di sostegno).

La suddetta "relazione tecnica" ipotizza, comunque - nell'arco di un triennio - un "taglio" all'organico di oltre 67.300 unità (che "salgono" a più di 87.300 aggiungendo le 20.000 unità a cui corrispondono i "tagli" effettuati dalle Finanziarie 2007 e 2008): cifre, di per sè, eloquenti.

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Come si articola il piano degli interventi

Ai commi 3 e 4 è affidata l'indicazione delle procedure e degli atti normativi che daranno corpo alla manovra, a partire da un piano programmatico degli interventi di razionalizzazione che il Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca - di concerto col MEF, sentita la Conferenza Unificata Stato-Regioni e previo parere delle competenti Commissioni Parlamentari - dovrà predisporre entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (quindi, entro il prossimo 9 agosto).

Per l'attuazione di tale piano dovranno successivamente essere adottati uno o più regolamenti con i quali, anche modificando le disposizioni legislative vigenti, si provvederà alla revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, sulla base di criteri puntualmente elencati, che di seguito riproponiamo con alcune note di commento.

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1) Razionalizzazione e accorpamento delle classi di concorso

Si tratta di un'operazione finalizzata ad ottenere una maggior flessibilità nell'impiego dei docenti.

La formulazione generica non consente, oggi, valutazioni che saranno possibili, invece, solo in presenza di una linea di intervento più precisamente circostanziata: al momento risulta alla CISL Scuola piuttosto faticoso individuare ulteriori margini rispetto al precedente riordino del 1998 e alle aggregazioni già allora disposte in base a criteri di affinità.

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2) Ridefinizione dei curricoli nei diversi ordini di scuola, dei piani di studio e dei "quadri-orari"

Anche qui una indicazione generica, in una direzione tuttavia facilmente intuibile date le premesse e le finalità del decreto-legge: meno ore, meno discipline in tutti gli ordini di scuola. E' pertanto evidente l'incidenza che le decisioni assunte su questi temi potranno avere rispetto all'intervento sulle classi di concorso.

Ma ancor di più è percepibile il rischio di un approccio di tipo "recessivo" sulla quantità (il tempo) e sulla qualità (i contenuti) del servizio scolastico.

Poiché viene richiamato con un'esplicita sottolineatura il settore dell'istruzione tecnica e professionale, è lecito chiedersi quale sorte si intenda riservare al lavoro di progettazione che nella passata legislatura è stato condotto per recuperare e rilanciare "il capitale reputazionale" di tale settore, che ancora oggi accoglie circa il 55% di tutti gli iscritti alle scuole superiori.

Trattandosi di un obiettivo dalla CISL Scuola fortemente condiviso, consideriamo estremamente grave ogni ipotesi che porti a sacrificare i frutti di quel lavoro ad una malintesa logica di risparmio o, peggio ancora, a scelte di forzosa discontinuità indotte da ragioni di natura politica.

In questo senso la CISL Scuola si attende dal ministro Gelmini comportamenti coerenti con le affermazioni fatte in occasione del suo primo incontro con le organizzazioni sindacali.

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3) Revisione dei criteri vigenti in materia di formazione delle classi

Se l'obiettivo è di utilizzare meno docenti, è evidente che la revisione tenderà ad operare in direzione di un incremento medio del numero di alunni per classe.

Difficile immaginare ulteriori spazi di manovra rispetto alla situazione esistente, che vede frequentemente compromessa la possibilità di rispettare gli attuali parametri, ai quali si è spesso costretti a derogare per la rigidità dei "tetti" imposti alle dotazioni organiche.

Né si può trascurare il limite oggettivo derivante in molte realtà da strutture già oggi utilizzate ai limiti della capienza e della sicurezza.

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4) Rimodulazione dell'attuale organizzazione didattica della scuola primaria

E' lo stesso termine utilizzato ("rimodulazione") ad indicare quale sia il bersaglio che si è scelto di colpire, cioè l'assetto organizzativo introdotto dalla legge 148/90, fondato sulla contitolarità di più docenti sulle stesse classi (tre ogni due classi, o quattro su tre classi).

Anche se molti l'hanno adottata come formula di immediata traduzione del testo di legge, non è detto che lo stravolgimento dell'assetto organizzativo richieda necessariamente il ripristino della "maestra unica": basta molto meno - ad esempio, una riproposizione di forme di "prevalenza" già desumibili dalla legge 53/03 o una differente articolazione (tendente al ribasso) del "tempo-scuola" - per diminuire in modo significativo il fabbisogno di docenti e, quel che più conta, per mandare in soffitta un modello fondato su solide basi di elaborazione psico-pedagogica, già sottoposto con esito positivo ad attente verifiche e al quale sostanzialmente si deve la crescita di qualità della nostra scuola primaria, non a caso riconosciuta come eccellente in ambito internazionale.

Che di tutto ciò non si tenga minimamente conto è l'ulteriore riprova della miopia di chi legifera sulla scuola con un approccio esclusivamente contabile che non lascia alcuno spazio a motivazioni di ordine pedagogico.

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5) Revisione dei criteri per la determinazione della consistenza degli organici del personale docente ed ATA

E' l'ovvia e scontata conseguenza degli interventi operati sui curricoli, sui "quadri-orari", sui modelli organizzativi, oltre che, altrettanto ovviamente, delle operazioni di cui ai commi 1 e 2 (aumento del rapporto alunni-docenti; riduzione del 17% dei posti ATA).

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6) Ridefinizione dell'assetto dei centri di istruzione degli adulti, compresi i corsi serali

Una ridefinizione che avviene, in modo singolare, prima della definizione prevista dall'ultima legge finanziaria e che non ha fatto in tempo a vedere la luce.

A rischio sembra essere, soprattutto, l'attuale modello dei corsi serali, che potrebbe essere oggetto di un riassetto complessivo volto a ridimensionarli, anche differenziandoli maggiormente rispetto ai corsi ordinari.

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Questo è, in sintesi, quanto emerge da un provvedimento di legge che, oltre agli inquietanti scenari delineati per il futuro del nostro sistema scolastico pubblico, pone anche rilevanti questioni che eufemisticamente definiamo "di metodo".

Ancora una volta sui problemi della scuola (verrebbe da dire "i destini" della scuola) si assumono decisioni non a conclusione di un approfondito e specifico dibattito, sostenuto da competenti elaborazioni e da un ampio confronto, ma nelle pieghe e sotto l'urgenza di provvedimenti di natura economica.

Ieri le leggi finanziarie, oggi addirittura un decreto-legge, sulle cui effettive ragioni di necessità e urgenza è lecito nutrire qualche dubbio, specie per quanto riguarda la scuola, per la quale gli interventi non potranno trovare attuazione se non dall'a.s. 2009/10.

A suo tempo abbiamo chiesto, come CISL Scuola, che si dedicasse all'istruzione e alla formazione un'apposita sessione di lavoro del nostro Parlamento.

Una richiesta che conserva tutta intera la sua attualità e che, se accolta, consentirebbe di dare senso, credibilità e compiutezza alle affermazioni con cui il ministro Gelmini, nella sua comunicazione alla Commissione Cultura della Camera, ha invocato "una grande alleanza per la scuola che restituisca al paese la parola speranza".

Quello stesso ministro che, nel già citato incontro con i sindacati, così concludeva il suo intervento: "La scuola non può essere considerata solo uno dei capitoli del bilancio dello Stato, ma va recuperata interamente alla sua dimensione di risorsa strategica per il Paese".

Queste le parole.

I fatti ci raccontano una storia diversa e costringono la CISL Scuola a mettere in conto, per i prossimi mesi, una forte capacità di iniziativa e di mobilitazione a sostegno e a difesa del diritto all'istruzione e alla formazione.

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Per completezza di informazione, consulta e "scarica" (in allegato e dal "link") il "file" "DENTRO IL DECRETO-LEGGE 112/08" con l'articolata ed analitica "scheda di lettura" circa le altre disposizioni del provvedimento che interessano anche il Comparto Scuola (oltre, cioè, quelle contenute nell'art. 64).