Il Green Pass è discriminatorio?

30.07.2021 12:58
Categoria: Articoli giornale, COSTUME, POLITICA

Su Il Fatto Quotidiano del 28 luglio 2021 Paolo Ercolani, filosofo e collaboratore dell'Università Carlo Bo di Urbino, risponde alle critiche rivolte al green pass da Giorgio Agamben e Massimo Cacciari.

Alla fine sono intervenuti pesantemente i due filosofi italiani più conosciuti al mondo (Giorgio Agamben e Massimo Cacciari), sostanzialmente per dire quanto segue:
1) l’idea del green pass è discriminatoria (crea “cittadini di serie B”) e lede la libertà individuale;
2) siamo di fronte al rischio di svolta autoritaria come nella Germania nazista e nell’Urss comunista;
3) i vaccini non sono infallibili (quindi non si può imporli);
4) la coscienza democratica deve reagire.
Provo a replicare sinteticamente punto per punto.

1) Agamben e Cacciari, come molte altre persone, sono già titolari di un green pass. Lo portano da qualche decennio sul braccio destro ed è conosciuto col nome di vaccino antivaiolo. Era discriminatorio? Sì, perché senza non potevi viaggiare in molti paesi. Ha salvato milioni di vite umane, anche se oggi sembra un dettaglio.
Il concetto di discriminazione non vuol dire nulla (o vuol dire tutto, ché è la stessa cosa) se non accompagnato dalla categoria hegeliana di distinzione. In uno stato di diritto siamo tutti discriminati: chi paga o meno le tasse, chi ha la patente o meno per guidare, chi ha un titolo di studio per esercitare una professione, chi vive in carcere o libero. Ecco che allora diventa fondamentale, specie per dei pensatori, distinguere i tipi di discriminazione: se lo Stato ti discrimina perché sei nero è razzismo; se lo fa (magari col carcere) perché hai infranto la legge, si chiama giustizia. Può piacere o meno, ma lo stato di diritto funziona così. L’alternativa è la hobbesiana legge del più forte, quella che regola la natura.
Quanto alla libertà individuale, essa è tutelata nel momento in cui ognuno è libero di vaccinarsi o meno, salvo pagare alcune conseguenze in caso di scelta negativa e se si mette a repentaglio la salute altrui (si chiama responsabilità, altro principio che due filosofi dovrebbero conoscere fin troppo bene). La libertà del mio pugno finisce con l’inizio del naso di qualcun altro, altrimenti si chiama anarchia.

2) Che Germania nazista e Urss comunista sono stati due regimi liberticidi e totalitari è talmente noto e condiviso da rendere al tempo stesso facile e insidioso ogni paragone. Insomma, se io lavoro sodo e guadagno bene, ma poi devo dare parte di quel guadagno allo Stato (sotto forma di imposte), chi mi impedisce di appellarmi a nazismo e comunismo per sostenere che sono vittima di un’azione totalitaria?! Quei regimi – almeno in teoria, perché poi divennero “onnivori” – colpivano capitalisti e razze non ariane, cioè erano affetti da classismo e razzismo.
Se un regime discrimina o elimina delle persone perché di colore, omosessuali, donne, rom etc., quegli individui sono marchiati in maniera infamante per un qualcosa di cui non hanno alcuna responsabilità e rispetto a cui non possono fare nulla. Se un governo limita la libertà di movimento in nome della tutela della salute generale (cosa peraltro prevista dall’articolo 16 della Costituzione italiana) – sotto la spinta della comunità medica e delle organizzazioni sanitarie mondiali – al netto di errori e opportunismi sempre possibili, siamo ben lontani dal totalitarismo. Chi afferma il contrario delira cognitivamente o coltiva interessi oscuri.
Inoltre, la Storia insegna che il bianco e il nero non sono categorie realistiche con cui interpretare il mondo. A liberarci dalla Germania nazista furono gli Usa, il cui Presidente Wilson durante la I guerra mondiale dichiarava: “Quando la guerra sarà finita, li potremo sottoporre al nostro modo di pensare [leggi: gli Alleati, l’Europa] per il fatto che essi, tra le altre cose, saranno finanziariamente nelle nostre mani” (cit. in H. Kissinger, Diplomacy, Simon & Schuster, New York, p. 224).

3) Certo che i vaccini non sono infallibili, né scontato il loro effetto distruttivo del virus né sicuro che non provocheranno reazioni a breve, medio e lungo termine in alcune persone. È sempre stato così (si veda il vaccino per il vaiolo), lo è per ogni sostanza (se si imponesse a tutta la popolazione mondiale di ingerire un limone intero, avremmo sicuramente delle vittime, per reazione, per intolleranza, per allergia, per sporcizia del limone e Dio solo sa per cos’altro). Fior di scienziati li hanno studiati, elaborati e testati, fino a che le istituzioni internazionali ne hanno approvati alcuni, stabilendo che il rischio è comunque molto più contenuto rispetto a lasciare campo aperto al virus. Dobbiamo forse ricordare ai due filosofi – utilizzando Karl Popper – che gli ideali di perfezione, infallibilità e “paradiso in terra” sono proprio quelli che hanno alimentato gli stessi regimi totalitari da loro citati?

4) Come dovrebbe reagire, di grazia, la comunità democratica di cui parlano Agamben e Cacciari (ma esiste? Cos’è? Dove si trova?). Suggerirei umilmente di rimettere i piedi per terra, vigilando sui fanatismi presenti anche tra i pro-vax, censurando qualsivoglia intento persecutorio e ingiustificato verso questa o quella persona. Mi concentrerei sulle inaccettabili disuguaglianze economiche e di condizione sociale, di cui i due filosofi non fanno menzione alcuna ma che, invece, marcano la vera differenza su come alcuni supereranno il virus e altri no (in Italia come nel mondo).
Ma per favore, non tiriamo in ballo impunemente la democrazia, quella con cui fu eletto Hitler e, in tempi recenti, noti negatori dell’emergenza sanitaria (nonché della stessa democrazia) come Bolsonaro e Trump. Non consentiamo che filosofie miserabili possano far parlare in maniera indistinta di “miseria della filosofia”.