La ragazza bendata è il frutto marcio di un sistema scolastico burocratizzato

17.04.2021 12:15
Categoria: Articoli giornale, SCUOLA

La vicenda della ragazza bendata per un'interrogazione on-line è lo specchio di un'idea perversa della valutazione, ridotta ad atto di mera valenza burocratica. Dalla vicenda trae spunto il brillante intervento di Marco Bollettino su Linkiesta del 17 aprile 2021.

Leggendo i commenti che sono seguiti all’episodio dell’alunna di Verona, costretta dalla sua docente a bendarsi per sostenere un’interrogazione a distanza, non può non venire in mente il film “La Scuola” di Daniele Luchetti e, specialmente, la scena dello scrutinio finale.
Il ruolo del professor Sperone è perfettamente incarnato dal Gruppo di Firenze, che ha subito pubblicato un articolo a difesa per giustificare, almeno in parte, il comportamento della docente. Non bisogna condannare l’insegnante, scrive il Gruppo di Firenze, che dopotutto ha solo cercato di tutelare «la serietà della scuola e gli studenti che non ricorrono a trucchi», ma, piuttosto, «il crescente attacco ai voti» e «l’insensibilità etica sul tema del copiare».
Sembra proprio di sentire Fabrizio Bentivoglio, nella celebre scena: «Io qui sono pagato per far lavorare gli alunni e poter dire alla fine: “di questo ci si può fidare, dategli un posto adeguato, questo è invece una rapa che non sa niente, mandatelo nei campi, come diceva giustamente Mortillaro poc’anzi”. Io voglio che il mio giudizio sia serio, fondato, inattaccabile» E qual è il giudizio serio, fondato e inattaccabile? La media dei voti: «Il registro parla chiaro: 4 in aprile, 2 in marzo, 2 in maggio, 2 in giugno […] fa dieci, diviso quattro, uguale due virgola cinque, se la matematica non è un’opinione. Quindi io con il 3 mi sono tenuto larghetto».
Lo studente modello, cioè quello che rappresenta la «cultura della lealtà e del merito che dovrebbe essere trasmessa ai giovani», non può che essere rappresentato da Astariti, il primo della classe. Lasciamolo descrivere al prof. Vivaldi, docente di italiano e storia che, nel film, è interpretato da Silvio Orlando: «Astariti non è bravo, Astariti è un primo della classe. […] Interrogato, si dispone a lato della cattedra, senza libri, senza appunti, senza imbrogli; ripete la lezione senza pause, tutto quello che mi è uscito di bocca, tutto il fedele rispecchiamento di un anno di lavoro. Alla fine gli metto 8 ma vorrei tagliarmi la gola. Perché Astariti è la dimostrazione evidente che la scuola italiana funziona solo con chi non ne ha bisogno».
In realtà questa scuola, quella dove, parafrasando Boniperti, «il voto non è importante, ma è l’unica cosa che conta» e dove il punto di riferimento è l’Astariti di turno, cioè chi «ripete la lezione senza pause, tutto quello che mi è uscito di bocca», è chiaro che gli studenti si adegueranno e tenteranno con ogni mezzo di raggiungere quel modello.
C’è chi lo farà studiando tanto, magari a memoria, e c’è chi invece cercherà di imbrogliare, copiando. Questo succede da sempre, tanto in classe quanto a distanza, ma nel primo caso ci illudiamo di poter esercitare un controllo che in videoconferenza è impossibile: ecco quindi l’idea della benda.
Ma è davvero questa la valutazione? La risposta è ovviamente no.
Senza citare i testi di pedagogia, basta riportare la definizione di valutazione contenuta nella normativa vigente, cioè l’articolo 1 del D. Lgs 62/2017: «La valutazione ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti delle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione e formazione, ha finalità formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli stessi, documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze».
Sembra di sentire il prof. Vivaldi, mentre ci ricorda che la valutazione «non è solo media, ma giudizio globale» e per darlo «dobbiamo partire dal background» dei ragazzi. Oppure la prof.ssa Majello, docente di matematica e fisica interpretata da Anna Galiena, che ci ricorda che ogni alunno «ha i suoi tempi, come tutti noi».
E allora, se ci limitiamo a una media aritmetica dei voti conseguiti durante l’anno, perdiamo di vista il background in cui quei voti sono stati ottenuti (pensate a quali e quante difficoltà ci possono essere state in questo anno e mezzo di pandemia), non consideriamo il processo di crescita che c’è stato durante l’anno scolastico (nel calcolare la media la sequenza 4,5,6 è equivalente a 6,5,4) e non teniamo nemmeno conto di tutti quegli elementi di valutazione che non si traducono in un voto sul registro (es. domande e interventi interessanti) ma che contribuiscono a costruire un giudizio globale.
La valutazione affidabile non è quella che pone l’alunno in isolamento e verifica le sue conoscenze “in quel momento” ma quella che rileva le sue conoscenze iniziali (diagnostica) lo accompagna durante il processo di apprendimento (formativa) e valuta le competenze acquisite. La valutazione è un processo che consta di molteplici osservazioni e rilevazioni, formali e informali che può essere affidabile solo se gli obiettivi sono chiari ed espliciti sia a chi valuta, sia a chi viene valutato.
E allora perché a un docente può saltare in testa di obbligare un’alunna a bendarsi per sostenere un’interrogazione? Spiace deludere il Gruppo di Firenze e gli Sperone, ma sospetto che lo scopo della docente non fosse quello di tutelare «la serietà della scuola e gli studenti che non ricorrono a trucchi» quanto piuttosto difendersi dalla crescente burocratizzazione del processo di valutazione.
La stessa normativa che illustra quei principi pedagogici, inquadra anche la valutazione come procedimento amministrativo, rendendola soggetta alle stesse norme a cui è sottoposto il rilascio di un permesso di costruire da parte di un Ufficio comunale.
Le verifiche scritte, perciò, sono atti amministrativi, che seguono le regole di conservazione tipiche degli archivi di documenti, il genitore che vuole visionare una verifica è un portatore di legittimo interesse soggettivo che sta facendo una richiesta di accesso agli atti e l’esito finale un provvedimento avverso il quale è possibile presentare un ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar).
I poveri docenti, che vorrebbero focalizzare i loro sforzi al «miglioramento dell’apprendimento e al successo formativo» dei loro studenti, sono invece costretti a concentrarsi sulla corretta compilazione del registro elettronico, sulla corretta compilazione delle griglie di valutazione, sulla tempestiva comunicazione degli esiti delle verifiche e sulla produzione di valutazioni finali inattaccabili di fronte a un giudice.
Capite bene che in questo trionfo della forma sulla sostanza, è facile perdere di vista lo scopo vero della valutazione e trasformare quello che dovrebbe essere un processo collaborativo in un conflitto e l’invito del Gruppo di Firenze a non legittimare come interlocutori politici le rappresentanze studentesche in quanto in ovvio conflitto di interessi va proprio in questa direzione.
Nel film “La Scuola” il prof. Mortillaro, docente di francese, affermava che «La scuola è una guerra». Purtroppo, alcuni incentivi dettati dalla normativa e certe prese di posizione contribuiscono a rendere questa affermazione sempre più vicina alla realtà.

* Marco Bollettino è dirigente scolastico e fondatore del Gruppo Condorcet