8 marzo: quando questa firma sarà di un uomo

08.03.2019 10:26
Categoria: Articoli giornale, COSTUME

«Pagateci per quello che sappiamo fare. Non abbiate paura del confronto, se è sul merito. Sarà un bel giorno quello in cui un essere umano di sesso maschile scriverà questo pezzo» (Concita De Gregorio, La Repubblica dell'8 marzo 2019)

Arrivo in redazione e, al settimo piano, percorro il corridoio lungo il quale mi fermo a salutare le segretarie, anima e memoria del giornale in cui lavoro – salvo una breve interruzione – da trent'anni. Infine entro nell'ultima stanza, quella grande. La sala riunioni. Attorno al tavolo, la direzione: sono tutti uomini. È così da sempre. Le segretarie sono donne, i direttori e i vicedirettori sono uomini. Non ci si fa più nemmeno caso, come fosse un dato di natura. Buongiorno, buongiorno. Come va? Tutto bene. Stavamo pensando a te per un pezzo. Ed è infatti questo, con una certa ironia, il tema del mio compito di oggi: è l'8 marzo.
E bisogna di nuovo descrivere lo squilibrio fra compiti di responsabilità affidati alle donne, che sono la maggioranza nel Paese e ovviamente l'estrema minoranza alla guida delle imprese, delle università e dei teatri, dei ministeri, dei giornali. Sono inoltre pagate molto meno, da generali come da soldati semplici, ragione per cui è evidente che se bisogna scegliere – in una famiglia – a chi convenga lavorare, la scelta cade su chi guadagna di più.
Propongo allora di scrivere di quello che so per esperienza diretta, che ho provato nella vita, sull'argomento, a condizione che l'anno prossimo sia un uomo a svolgere il tema: proposta accettata. Quello che so è questo.
Le donne, in quanto esseri umani, rispondono alle categorie di ogni essere umano. Ce ne sono di bravissime e di scarse, di corrotte e di incorruttibili, di servili e di indomite. Ed è questa la ragione, credo, per cui in quanto esseri umani dovrebbero essere valutate per quello che riescono a fare, per come lo fanno, ed essere retribuite al pari di chi – di opposto o fluido sesso, etnia, religione, altezza, colore dei capelli o peso – svolge quel compito. Naturalmente, dovrebbero essere messe in condizione di dimostrare le loro capacità (o incapacità) ed essere valutate, promosse, selezionate per quelle. Non per il fatto di essere donne, ma per quello che sanno fare. È questo che in altri Paesi accade, non nel nostro. La vera parità è quella che valuta le competenze indipendentemente dal sesso. Succede in Italia? Non succede.
La categoria "donne" – come ogni altra: medici, insegnanti, impiegati, idraulici, politici, uomini – contiene tutta la gamma di talenti che va dal potenziale premio Nobel al nulla.
Quando dirigevo un giornale, L'UNITÀ, incaricai Margherita Hack di tenere una rubrica intitolata PAN DI STELLE. Raccontava i fatti della vita e della politica attraverso le regole della scienza. Ricevetti una protesta formale, una raccolta di firme, da parte di un gruppo di donne – esponenti politiche del Partito democratico dell'epoca – che consideravano che quello spazio fosse loro "sottratto". Era troppo. Prima Loretta Napoleoni, Nadia Urbinati, Lucetta Scarrafia. Ora persino Margherita Hack. Come mai non davo voce alle responsabili Scienza, Economia o Pari opportunità del partito, piuttosto. Per fortuna ci sono le mail, faccio fatica a credere alla mia memoria ma ho controllato. C'era una gerarchia da rispettare, e non la stavo rispettando.
Guadagnavo, all'epoca, moltissimo meno dei miei predecessori. Lo so con certezza perché li ho liquidati io. D'altra parte in RAI quando ho preso il posto e poi l'ho di nuovo ceduto a chi mi ha preceduta e seguita nel medesimo orario, sulla medesima rete, nel medesimo compito ho avuto un ingaggio inferiore della quarta parte di quello del mio omologo. La metà della metà (che poi non riscuotevo per altri problemi personali, ormai noti, ma è il principio che conta). Avrei potuto rifiutare, certo. Rinunciare. Stare fuori, si può sempre dire no e stare fuori. Ma fuori spesso piove, fa freddo, e a un certo punto bisogna rientrare.
Se ci fosse un sindacato attivo, poniamo l'ipotesi, sarebbe questo un bel compito – una bella battaglia da combattere. Invece c'è sempre qualcuno che farà lo stesso lavoro al posto tuo, se rinunci. A condizioni anche peggiori, e ringrazia per quello che ti offrono. Quale sindacato.
Poi c'è il capitolo ME TOO, immensa questione. Si impara da bambine a tergiversare, a fare la danza dei veli, a prendere tempo. Come se fosse inevitabile che l'essere umano di sesso maschile che comanda pretenda favori. Molte donne lo pensano: è naturale, e si acconciano. C'è differenza in questo fra uomini e donne? Non saprei. Non posso dire di categorie ma di persone. Negli anni in cui ho avuto una responsabilità di controllo non ho preteso dai colleghi uomini favori sessuali, per cui sono certa – come essere umano – che sia possibile non farlo. Non è una condizione ineludibile del potere, voglio dire. Ci si può controllare, a dispetto dell'istinto – che, vi assicuro, è identico.
Ciascuno si regola come crede, in libertà. "Femminista", mi hanno detto spesso come insulto. Ma ho esperienza diretta di femministe di prima generazione che ignorano o denigrano quelle di seconda o di terza perché c'erano prima loro, salvo poi rivolgersi a "volti noti" della tv per le loro legittime campagne. Ci sono ragazze giovani che fanno cose mirabili (rassegne letterarie, campagne politiche) completamente ignorate dalle "sorelle anziane", un poco risentite perché in debito di visibilità. Non è una questione di genere. Dipende dalle persone, le donne sono persone. Ce ne sono di passive-aggressive, vittime manipolatrici. Ci sono quelle che "se così stanno le cose allora vediamo di sfruttare il sistema", troppa fatica cambiarlo. E poi ce ne sono di eroiche, oneste, preparatissime sullo spread e sulle proprietà del plutonio, capaci di armare bombe atomiche, e ci sono le pacifiste.
Pagateci per quello che sappiamo fare. Non abbiate paura del confronto, se è sul merito. Bisogna pretenderlo, non succederà da solo: bisogna incazzarsi, ora. Lo spirito del tempo non è un granché. Le destre avanzano, è ora di alzare la voce. Presto sarà tardi. Infine. Quando sarà un uomo a scrivere questo pezzo sarà un bel giorno. Un essere umano di sesso maschile. Ce ne sono di corrotti e di onesti, di belli e brutti, di capaci e incapaci. Come tutti, tutte. È uguale, provate a pensarci tenendo a mente le vostre figlie. Come esercizio. Il prossimo 8 marzo, signori, a voi.