La generazione perduta degli under 30

23.08.2016 12:04
Categoria: Articoli giornale, ECONOMIA, POLITICA

"Le difficoltà che trovano i giovani nel passaggio dalla scuola al lavoro costituiscono un punto critico che sta indebolendo tutto il percorso di transizione alla vita adulta, accentuando la dipendenza dalla famiglia di origine e riducendo la formazione di nuove famiglie. Non è un caso se negli ultimi anni siamo diventati il Paese con maggiore crollo delle nascite sotto i 30 anni. I Neet sono la categoria che più rischia di perdere senso di appartenenza sociale, visione del futuro e rassegnarsi a una vita al ribasso" (Alessandro Rosina, La Repubblica, 20 agosto 2016).

I paesi che forniscono ai giovani strumenti efficaci di incontro tra domanda e offerta di lavoro, che consentono ai giovani di formarsi con adeguate capacità e competenze, che stimolano il sistema produttivo a valorizzare il capitale umano dei nuovi entranti, sono quelli che meglio possono crescere facendo leva sulla qualità del contributo delle nuove generazioni. Al contrario, i paesi che meno agiscono in tale direzione sono quelli che trasformano maggiormente i giovani da potenziale risorsa per la crescita a costo sociale.

Molti sono i dati, sia riferiti alla percezione soggettiva che alla condizione oggettiva, che portano a includere l’Italia in questo secondo gruppo. Dal punto di vista soggettivo, la sensazione di vivere in un Paese che offre meno rispetto a quanto i giovani potrebbero dare si è profondamente radicata nelle nuove generazioni italiane. Secondo un approfondimento comparativo del “Rapporto giovani” dell’Istituto Toniolo, il 75 per cento degli italiani tra i 18 e i 22 anni intervistati nel 2015 è convinto che nel proprio Paese le opportunità di lavoro e realizzazione professionale siano inferiori rispetto al resto d’Europa contro meno del 10 per cento dei coetanei tedeschi.

Questa percezione trova sostegno nei dati oggettivi. A partire dal 2010 l’Unione Europea ha individuato nel tasso dei Neet la misura privilegiata per misurare quanto uno Stato dilapida il potenziale delle nuove generazioni a scapito non solo dei giovani stessi, ma delle proprie possibilità di sviluppo e benessere. L’acronimo Neet (Not in Education, Employement or Training) indica i giovani usciti dal percorso formativo ma non (ancora) entrati nel mondo del lavoro. L’Italia risulta essere il Paese con il valore assoluto più elevato in Europa e con l’incidenza relativa seconda solo alla Grecia.

Le difficoltà che trovano i giovani nel passaggio dalla scuola al lavoro costituiscono un punto critico che sta indebolendo tutto il percorso di transizione alla vita adulta, accentuando la dipendenza dalla famiglia di origine e riducendo la formazione di nuove famiglie. Non è un caso se negli ultimi anni siamo diventati il Paese con maggiore crollo delle nascite sotto i 30 anni. I Neet sono la categoria che più rischia di perdere senso di appartenenza sociale, visione del futuro e rassegnarsi a una vita al ribasso.

Sempre i dati del “Rapporto giovani” indicano, infatti, come la soddisfazione per la propria vita sia pari a 3,7 punti su 5 per i Neet contro un valore pari a 4,3 per chi ha un lavoro instabile e a 4,8 per chi ha un lavoro a tempo indeterminato. Tra gli under 30 che vivono con i genitori, la quota di chi progetta l’uscita entro un anno dall’intervista è pari a poco più di un quarto nella fascia 18-24 e a poco più di un terzo nella fascia 25-29. Valori non elevati se si pensa che la maggioranza dei giovani europei vive in autonomia dopo i 25 anni. Esistono però differenze marcate sia rispetto alla presenza del lavoro sia al tipo di lavoro: per chi ha un contratto a tempo determinato si sale al 45 per cento di intenzioni positive di uscita, mentre tra i Neet non solo il valore è molto basso – pari al 23 per cento – ma rimane sostanzialmente fermo all’aumentare dell’età: un chiaro segnale di progetti di vita che vengono rinviati e che progressivamente si trasformano in rinuncia definitiva.

Si tratta di dati che, coerentemente con altri, mostrano come lo scadimento delle opportunità di occupazione e della qualità del lavoro stiano fortemente erodendo il futuro delle giovani generazioni. Dopo aver fatto crescere in modo abnorme il tasso di Neet non possiamo ora accontentarci – come abbiamo fatto per il debito pubblico – di stabilizzarlo su livelli elevati o di smussarlo. Servono azioni molto più incisive e mirate rispetto a quelle attuate sinora. Nessuna crescita è possibile senza un modello di sviluppo che consenta alle nuove generazioni di essere protagoniste della costruzione del proprio futuro.

PER SAPERNE DI PIÙ
www.alessandrorosina.it
www.istitutotoniolo.it

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