Il ruolo delle masse e dei loro leader sul palco della democrazia recitativa

14.06.2016 14:43
Categoria: Articoli giornale, POLITICA

Sulle pagine de La Stampa (Cultura, Società, Spettacoli del 14 giugno 2016) Mario Toscano riprende i contenuti di un recente saggio dello storico Emilio Gentile (Il capo e la folla, Laterza 2016) che analizza l'evoluzione del rapporto fra le masse e i loro leader in una "carrellata" su 2500 anni di storia della politica e della democrazia.

Nel 1992, il politologo americano Francis Fukuyama reputava ormai definitivo il successo della democrazia occidentale. Venticinque anni dopo, autorevoli osservatori ritengono che questo risultato sia tutt’altro che consolidato e definitivo. Le profonde trasformazioni verificatesi nell’assetto dell’economia e della società, nell’organizzazione del potere e dei sistemi politici, nelle relazioni tra popoli e paesi sembrano indicare che la democrazia stia vivendo una fase di crisi, caratterizzata dal distacco tra una casta privilegiata di governanti e le masse, dall’apatia dei cittadini, dalla crescente diseguaglianza economica, dalla crisi dello Stato nazionale, dalla forza dei gruppi di pressione. Conseguenza di questi processi è la personalizzazione del potere, la diffusione di una “democrazia recitativa”, nella quale rischia di diventare finzione la partecipazione delle masse.

Le rivoluzioni del ‘700
Emilio Gentile, contemporaneista di fama internazionale, ne Il capo e la folla, (Laterza, 2016) tratteggia con lucidità i passaggi storici del rapporto tra governanti e governati e delle mutevoli accezioni della democrazia nell’arco di duemilacinquecento anni. Larga parte dell’analisi è dedicata agli snodi centrali della storia contemporanea. Furono le grandi rivoluzioni del diciottesimo secolo a inaugurare una fase nuova: la politica “diventava, per la prima volta nella storia, consapevole azione di capi e di folle che si proponevano di rigenerare la società e lo Stato”, nascevano nuovi criteri di legittimazione del potere e una nuova idea di cittadinanza, ma nascevano anche nuovi modelli di capi.
E’ all’avvento di Napoleone che Gentile fa risalire le origini della democrazia recitativa nell’era delle masse, caratterizzata dal governo personale, dalla sottrazione del diritto di revoca dei governanti da parte dei governati e da un uso sapiente della propaganda. L’Ottocento offrì contributi teorici di rilievo sul tema e rappresentò un campo di sperimentazione di nuove forme del rapporto tra i capi e le masse, con la nascita di nuove tipologie di governo autoritario e la critica rivoluzionaria ai regimi conservatori e alla società borghese.

Demagoghi e oligarchi
Dalla fine del secolo, mentre il sistema parlamentare si diffondeva in Europa, il sorgere della società di massa favoriva la comparsa di nuove forme di partecipazione politica, ma osservatori attenti denunciavano i rischi insiti in queste stesse trasformazioni: la permeabilità delle folle alle suggestioni dei demagoghi, i rischi della degenerazione oligarchica dei partiti, le ambiguità insite nell’avvento di capi carismatici.
Tra le due guerre mondiali, la crisi profonda attraversata dalla democrazia in Europa, sembrava rivelarne la fragilità e l’incapacità di fornire risposte adeguate alle domande delle masse, abbacinate dall’efficienza e dalle sicurezze (apparenti) elargite dai regimi totalitari. In questo quadro, Gentile sottolinea l’importanza di Roosevelt nel restituire dinamismo alla democrazia, con un accrescimento del ruolo presidenziale, con un uso accorto dei media e nuove forme di coinvolgimento delle masse e quella di Churchill, un “democratico eccentrico”, nella difesa della democrazia contro il totalitarismo nazista e nella denuncia di quello sovietico. Conclude la sua disamina analizzando la parte giocata da De Gaulle e Kennedy nelle trasformazioni della democrazia rappresentativa nel periodo postbellico, sempre legate al difficile equilibrio tra i poteri del leader e il ruolo della massa, avvicinata attraverso il contatto diretto e l’uso dei media (in questo caso della televisione).
L’irrompere delle tecniche pubblicitarie nel mercato politico, il tramonto dei partiti, le nuove forme della cultura di massa riducono gli spazi della partecipazione democratica e favoriscono la personalizzazione del potere. Lo storico non fa previsioni, ma è consapevole delle implicazioni etiche e civili della sua attività: per Gentile la democrazia recitativa è un’ “auto in folle su una giostra”, una pessima risposta ai problemi aperti dal contraddittorio dinamismo della realtà contemporanea nella realizzazione del “governo del popolo, dal popolo, per il popolo”, secondo la definizione che ne diede Lincoln nel 1863.

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