È l'era del carpe diem. I giovani esplorano, gli adulti progettano

01.04.2014 09:38
Categoria: Articoli giornale, COSTUME

Immersi in una sorta di "presente continuo", caratterizzato da una velocità dell'informazione che condiziona le nostre capacità previsionali, emerge una differenza di atteggiamenti fra le generazioni nel vivere la quotidianità e il futuro. Tutto ciò impone anche, agli adulti, di recuperare il loro ruolo educativo, la loro capacità di porsi come guida e punto di riferimento. Daniele Marini, La Stampa, 31 marzo 2014

L’ epoca in cui viviamo, caratterizzata dalla velocità e dall'informazione, vede limitate le nostre capacità previsionali. Non siamo più in grado di sapere se le scelte, che facciamo oggi, avranno domani i risultati attesi.
È sufficiente seguire la rapidità e la frequenza con cui mutano continuamente le previsioni economiche, da alcuni anni a questa parte, per rendersi conto della difficoltà (o dell'impossibilità) di costruire scenari futuri minimamente certi. Ci muoviamo all'interno di un contesto sociale ed economico segnato da crescenti interdipendenze, dove tutto si tiene; dove ogni azione ha ripercussioni più o meno diffuse.
Come se vivessimo in un grande «condominio globale», le azioni di un inquilino si riverberano su tutti gli altri. Gli esempi sono moltissimi: dalle conseguenze possibili della crisi in Crimea sugli equilibri internazionali, agli indicatori di crescita economica della Cina nei confronti dell'economia globale; dalle ipotesi di riforme del Governo Renzi, agli equilibri all'interno della Ue. Per dirla con Ulrich Beck agiamo nel «capitalismo globale del rischio». Dove le interrelazioni sociali ed economiche sono a livello planetario e il rischio consiste, di conseguenza, nel fatto che assumiamo decisioni con una minore capacità di determinare i risultati attesi.
Perché il campo di gioco si è ampliato enormemente e i nostri destini futuri sono meno prefigurabili e determinabili. Nessuno è in grado di dire se, intraprendendo un percorso scolastico, un o una giovane troverà un'occupazione coerente al termine. Nello stesso tempo, però, i tragitti individuali si fanno più aperti e con un ventaglio di opportunità così ampio che nessuna generazione in precedenza aveva potuto disporre. I tradizionali punti di riferimento stanno cambiando profondamente e velocemente. Paradossalmente, si potrebbe sostenere che l'unica certezza di cui oggi disponiamo è l'incertezza.
Ciò non significa, però, che non siamo più in grado di esprimere progettualità. Ma che queste si declinano necessariamente con tempi più ristretti, con- programmazioni corte e flessibili: perché più gestibili, riadattabili. Con un processo adattivo all'ambiente esterno, cerchiamo di realizzare pragmaticamente quanto è possibile.
L'esito dell'ultima indagine LaST (Cmr - Questlab per La Stampa) sulle diverse forme di progettualità della popolazione italiana testimonia il clima di incertezza che domina e attraversa le generazioni, seppure con intensità assai diverse. Ed è inoltre il confronto fra le età a mettere in luce forti discontinuità. Una prima osservazione pone in grande evidenza le diversità fra le generazioni nel vivere la quotidianità e il futuro.
Da un lato, i giovani appaiono polarizzati fra un orientamento ispirato al carpe diem, al vivere esclusivamente il presente (80,1%), e da un clima d'incertezza che rende loro impossibile fare scelte definitive (81,6%).
Dall'altro, se l'incerto pesa - seppure in misura assai inferiore - anche fra gli adulti (59,4%), tuttavia si caratterizzano per una maggiore capacità di realizzare progetti di lungo periodo (46,3%) rispetto ai giovani (11,1%). Dunque, giovani declinati nel «presente continuo», adulti nel «futuro prossimo». Considerato il contesto attuale, potrebbe essere diversamente? Certamente no. La questione è che spesso nei confronti delle giovani generazioni il «vivere esclusivamente il presente» tende ad assumere una connotazione negativa, una valutazione che non tiene in debita considerazione le profonde trasformazioni che segnano l'ambiente in cui crescono.
Basti solo pensare all'irrompere nella nostra vita delle nuove tecnologie, a come hanno (e stanno) modificando non solo i nostri stili di vita, ma il modo di apprendere e di costruire la realtà sociale, le relazioni. Le dimensioni dello spazio e del tempo vengono annullate: non c'è luogo od occasione in cui non siamo raggiungibili allo smartphone; se non possiamo 'connetterci a Internet sale il disagio e il nervosismo; è possibile vedere programmi televisivi a qualsiasi ora; le informazioni e le relazione via social network devono essere in tempo reale, e così via.
Siamo immersi, appunto, in un «presente continuo», siamo ininterrottamente online: dove ieri e domani si confondono con l'odierno, senza soluzione di continuità. Non era così anche solo vent'anni fa. Quando il cellulare non era uno strumento diffuso e per essere raggiunti bisognava attendere di arrivare a casa o in ufficio.
Allora i confini erano più chiari e definibili; oggi lo sono assai di meno. E proprio perché non sono identificabili, ecco che le giovani generazioni s'inventano «esploratori», cercano continuamente esperienze diverse (67,5%) assai più di quanto non abbiano potuto o voluto fare i loro genitori e nonni (14,6%). Aperti gli steccati dei riferimenti tradizionali, sono alla ricerca di quelli nuovi: quindi, sperimentano, esplorano, provano come in un mare aperto. Navigano, esattamente come in Internet, e cercano link cui approdare. E, paradossalmente, proprio per questi motivi abbisognano dì indicazioni, di qualcuno che li orienti.
Da queste considerazioni muove un secondo aspetto che riguarda più espressamente gli adulti. Osservando gli esiti della ricerca balza all'evidenza che gli adulti risultano meno definibili nel loro agire e nelle loro progettualità. Certo, ben più dei giovani viene riconosciuta la capacità di una visione di lungo periodo.
Tuttavia, se escludiamo la dimensione dell'incertezza che impedisce la possibilità di fare scelte definitive, le altre opzioni non raggiungono la maggioranza degli interpellati. In altri termini, parrebbe non chiara la capacità delle generazioni adulte di esprimere in modo compiuto uno stile di vita, un orientamento verso l'azione quotidiana e il futuro. Come se gli stessi adulti fossero disorientati e in difficoltà a muoversi: socializzati e cresciuti in un ambiente diverso, hanno difficoltà ad acclimatarsi in quello nuovo in cui quasi improvvisamente sono piombati. Di conseguenza, faticano a fare gli adulti, a essere un punto di riferimento per i propri figli, a guidarli nella nuova navigazione.
È doveroso preoccuparsi per il futuro delle giovani generazioni. Ma nell'incertezza in cui sono immersi hanno bisogno di punti di riferimento. Ovvero di adulti responsabili e riconoscibili. Che, nel prolungarsi senza limiti della giovinezza, hanno sbiadito il proprio profilo. Gli adulti hanno di fronte a sé una sfida educativa: costruirsi una nuova identità. Non è mai troppo tardi per imparare.

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