Quelle bimbe troppo adulte della generazione Violetta

15.01.2014 09:30
Categoria: Articoli giornale, COSTUME

È un gioco tra madri e figlie lo show di Violetta. C'è chi ha speso anche duecento euro per un biglietto, e le escluse piangono lacrime amarissime. Ma sulle gradinate c'è anche il ritratto di una nuova generazione di bambine che crescono bruciando le tappe. Maria Novella De Luca su La Repubblica del 14 gennaio analizza il fenomeno Violetta per i significati che riveste sul piano sociale ed educativo.

Per l'anagrafe sono bambine ma nel pianeta delle V-lovers l'età non esiste più. Raccontano una nuova galassia, dove l'infanzia e l'adolescenza si mescolano nella spinta accelerata verso il mondo dei più grandi. Violetta riempie i palastadi di baby fan di sette, otto, dieci anni vestite come al derby, con la sciarpa legata alla fronte, gli striscioni e la "V" tatuata sulla guancia, moderne bambine simbolo di una generazione che cresce in fretta, ultima lucrosa frontiera del mercato, della moda, del business.
Chi sono, cosa vogliono, cosa pensano le V-lovers, che in massa si sono fatte regalare per Natale il biglietto del concerto di Violetta, eroina della prima telenovela della storia scritta e pensata per un mondo under 10, da madri e padri disposti a spendere fino a duecento euro per accontentarle? Gli stadi sono stati invasi da un pubblico da scuola elementare, non era mai successo prima, nemmeno con Hannah Montana, antesignana Disney e yankee del successo latino e planetario di Martina Stoessel. «Nel mio mondo, fino in fondo», ripete l'argentina Violetta, orfana di madre che sogna di diventare cantante. Spiega Anna Antoniazzi, docente di Letteratura per l'infanzia all'università di Bologna: «Violetta ha conquistato le pre-adolescenti perché le spinge in avanti e le fa sentire grandi parlando di amore, di sentimenti, di gelosia, di competizione, perché canta, balla, ma nello stesso tempo è rassicurante, i contenuti non sono torbidi, e anche gli adulti non temono il prodotto». Ma quello che fa delle Vlovers un fenomeno sociale, aggiunge Anna Antoniazzi, e che penetra in profondità in queste nuove bambine il cui rischio è quello di bruciare l'infanzia, è che «Violetta è un insieme cross-mediale, vuol dire che tutti i contenuti si intrecciano - la storia, il film, la musica, i gadget - e colonizzano l' immaginario infantile, il tempo libero, i sogni, senza lasciare spazio a null'altro».
C'è però qualcosa in più. Violetta, con i suoi toni melò e la vita da talent show, in questo momento storico non ha rivali femminili. Non c'è una Pippi Calzelunghe, una Schiappa al femminile, eroine normali, che non vincono sempre, che non sono bellissime, magre, amate... Dice Barbara Mapelli, docente di Pedagogia della differenza all' università Bicocca di Milano: «Queste bambine vivono il paradosso di essere precocemente adultizzate, per poi ritrovarsi invece a fare scelte mature sempre più tardi: molte vivono una pubertà anticipata ma poi riescono a diventare madri quando la fertilità sta per esaurirsi. E il mercato le fa sentire grandi, donne in miniatura, perché le trasforma in baby-consumatrici, mentre le sta soltando sfruttando». Ma l' elemento più pericoloso, sottolinea Mapelli, è che Violetta «è l'emblema di una femminilità stereotipata, l' educazione delle bambine sembra aver fatto un salto all'indietro, dai giocattoli ai libri di testo, fin da piccolissime la moda le spinge a mostrare il corpo, in uno specchio deformato dove in cima a tutto ci sono bellezza e capacità di seduzione».
Baby girl. Tween, che vuol dire troppo grandi per i giocattoli, troppo giovani per i ragazzi. Tra le V-lovers che si mettono in posa con la "V" tatuata sulla guancia, Rebecca e Gaia, quarta elementare in una scuola romana, sono quelle con le idee più chiare: «Ci piace perché è bella, perché balla, vince e piace ai maschi». Insomma non perde mai. Le madri rassegnate ma anche un po' complici annuiscono. È un gioco tra madri e figlie lo show di Violetta, a giudicare dalla popolazione femminile che affolla gli stadi. C'è chi ha speso anche duecento euro per un biglietto, e le escluse piangono lacrime amarissime. Ma sulle gradinate c'è anche il ritratto di una nuova generazione di bambine che crescono bruciando le tappe. «C'è una sessualizzazione precoce nel mondo dell' infanzia, i bambini sono esposti a stimoli visivi ed emotivi che ne alterano l'equilibrio», ricorda Alessandra Graziottin, che dirige il Centro di ginecologia dell'ospedale "San Raffaele Resnati" di Milano. «Ma Violetta non mi sembra colpevole più di altri show: credo invece che la sua sensualità lieve sia l'immagine perfetta e rassicurante di una pubertà non problematica e difficile. Esperienza rara e forse per questo così attraente». 

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