La scuola e il "disonore della cronaca" - Articolo di Francesco Scrima, Segretario Generale CISL Scuola

13.06.2007 16:29
Categoria: Comunicati Stampa

I recenti fatti di cronaca che hanno visto protagonisti l'"istituzione scuola" - e i docenti in particolare - sono lo spunto per alcune riflessioni di Francesco Scrima. Detto intervento (che apparirà sul numero di domani di "Conquiste del Lavoro") - quasi una premessa introduttiva al discorso, sempre più urgente e necessario, concernente l'intero sistema scolastico e le sue interazioni sociali - termina con un doppio pungolante interrogativo: cosa fa (e deve fare) la scuola per il Paese; cosa fa (e deve fare) il Paese per la scuola?

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La scuola e il "disonore della cronaca"

di Francesco Scrima

 

L'ultimo fatto di cronaca sulla realtà della vita scolastica, così come lo apprendiamo dalle pagine del Corriere della Sera di sabato 9 giugno (Palermo, punisce l'alunno bullo e rischia il carcere; Il ragazzo insultava un compagno: gay. La prof. gli fa scrivere: sono deficiente. Il Pubblico Ministero: un abuso), ci induce - più che a fare un intervento che potrebbe apparire come un'ordinaria difesa d'ufficio - a sollecitare una riflessione pubblica, seria e responsabile, su quale scuola questa nostra società vuole per se stessa, davvero ed in maniera consapevole.

Forse perché questo episodio arriva alla ribalta proprio alla fine dell'anno scolastico, o forse perché aggiungendosi ai tanti altri che in questi ultimi tempi sono approdati al "disonore della cronaca" rende sempre più evidente che la misura è ormai colma, riteniamo che sia divenuto necessario fare un ragionamento meno contingente e più meditato, sviluppare un'analisi serena e compiuta che porti ad un vero e proprio bilancio.

Parliamo dunque di un'azione che sia in grado di coinvolgere appieno la platea sociale in tutte le sue componenti perché la posta in campo riguarda l'interesse generale. In questo senso il ruolo dei media, ed in particolare della stampa, risulterà certamente strategico semprechè si spingano consapevolmente ad andare oltre la notizia del momento, perseguendo una linea di informazione che, oltre a richiamare l'attenzione, favorisca una ricognizione ampia della realtà e solleciti una riflessione conducente a definire gli interventi utili ad arrestare lo svilimento dei processi educativi.

Processi educativi che, nella loro valenza generale, non possono continuare ad essere assunti e valutati con riferimento esclusivo all'azione della scuola (che naturalmente ha e mantiene la sua responsabilità) ma che devono essere correttamente inquadrati nelle dinamiche del più generale contesto socio-culturale. Privo di questo requisito il discorso rischia semplicemente di divenire accademico e/o velleitario, produce contrapposizioni ed allontana la possibile soluzione dei problemi.

Partiamo allora dal fatto (che ci sembra assolutamente incontestabile) che la scuola oggi è chiamata all'ingrato e difficile compito di dire i no che la società ha smesso di dire.

Non è certamente la scuola che produce il fenomeno del bullismo. Lo subisce al pari di chiunque altro.

Dentro le pareti scolastiche è chiamata sicuramente a "gestirlo" ed a contrastarlo con la sua azione educativa ma, facendolo, non può essere messa sotto scacco dalla società. Anzi è necessario che quest'ultima assicuri la sponda ed il sostegno adeguati.

È necessario maturare la consapevolezza e mettere in conto le profonde tensioni psicologiche che si accompagnano all'azione di maestri e professori per effetto delle crescenti richieste di formazione, e di supplenza delle attività educative un tempo svolte dalle famiglie e da singole componenti della società.

Va serenamente riconosciuto che il depotenziamento della funzione di orientamento valoriale e normativo svolta dalla scuola non discende dalla responsabilità professionale dei docenti quanto - piuttosto - dalla "pluralizzazione" dei modelli culturali e dall'individualizzazione dei modi di vita che si sono manifestati, ed affermati, negli ultimi decenni.

Allora, volendolo dire in maniera diretta e senza le sfumature dell'analisi sociologica, come è davvero pensabile che il permissivismo imperante nella società possa non confliggere con la fermezza che la scuola si sforza di assicurare alla sua azione educativa?

È, o no, la scuola preposta a mediare alla nuove generazione la cultura della convivenza civile e del rispetto delle regole fondamentali che l'accompagnano?

Si risponderà certamente si e, al contempo, si obietterà che si tratta di metodo (v. responsabilità diretta della scuola e degli insegnanti).

Sono davvero questi i termini del problema?       

Ci sembra di poter dire, senza tema di apparire partigiani, che la questione va ben oltre.

Potremmo fermare qui questo intervento che consideriamo premessa introduttiva al discorso, sempre più urgente e necessario, da fare sulla scuola e che auspichiamo essere finalmente impostato sulla domanda a due vie: cosa fa (e deve fare) la scuola per il Paese; cosa fa (e deve fare) il Paese per la scuola?

Francesco Scrima, Segretario Generale CISL Scuola