In ricordo di Pietro Barcellona
Sono molti in questi giorni, a rendere omaggio a Pietro Barcellona, scomparso nella notte tra venerdì e sabato scorso, ricordandone la figura, il pensiero, il valore dei contributi (si veda tra gli altri l’articolo di Massimo Cacciari su La Repubblica del 9 settembre). Lo facciamo anche noi, grati per il dono della sua partecipazione a nostre iniziative e dei pensieri che in quelle occasioni ci ha lasciato.
L’ultimo impegno che Pietro Barcellona aveva accolto, come sempre con generosità ed entusiasmo, era stato l’invito a intervenire, a fine maggio, al 5° Congresso della Cisl Scuola. Ma la sua presenza a Firenze non fu possibile per il precipitare della malattia che l’aveva colpito. Ci mandò, allora, un pensiero che ritornava su un tema da lui già sviluppato per noi alla voce “Relazione” nella pubblicazione congressuale Parole per una Identità. Il concetto di relazione, in opposizione a quello di dominio, si pone per lui a fondamento di un’antropologia basata sulla comunione e sulla condivisione. Quel testo, l’ultima sua cosa pubblicata, è una preziosa testimonianza della radicale coerenza e, insieme, della coraggiosa capacità di esplorare, esporsi al nuovo e rinascere che il suo percorso intellettuale e di vita testimoniano. Intensa e toccante, poi, la lettera che ci inviò per comunicarci la sua impossibilità di partecipare ai lavori congressuali, lettera che compare nell'ultimo numero della nostra rivista e fu proposta a Firenze attraverso una suggestiva lettura-video: oggi possiamo considerarla un vero e proprio testamento.
Importante e ricca la sua biografia: professore di filosofia del diritto, deputato del PCI e stretto collaboratore di Ingrao e Berlinguer, membro del Consiglio Superiore della Magistratura, presidente del Centro per la Riforma dello Stato. E’ stato anche pittore, un pittore espressionista, attento a quel che accadeva nella società. E’ stato tutto questo, ma è stato, anche e forse soprattutto, altro; é stato un intellettuale coinvolto nelle vicende del paese, in particolare sul piano politico e sociale, e nel dibattito sulla post-modernità, cioè sulla natura dell’essere umano di fronte a una cultura dell’oggettivazione senza residui in cui si vorrebbe proporre di sostituire alla narrazione del soggetto la narrazione tecnoscientifica. Dice Barcellona: “In questo periodo io sto facendo una vera lotta per il ritorno alla capacità di narrare. Ma narrare come alternativa, come un rapporto con la verità diverso da quello che si ha attraverso i concetti e le elaborazioni descrittive, le grandi categorie”.
Questo vuol dire ridare piena cittadinanza alle passioni, agli affetti; contro il predominio della ragione riaffermare l’importanza decisiva di una “strategia dell’anima”. Individuiamo qui il filo rosso che dà unità e senso alla sua vita e alle sue azioni: intreccio tra storia privata e storia “di tutti”, tra ricerca filosofica, vicende personali e storia politica e sociale – italiana e mondiale. Non c’è più separazione: l’una vive e si esprime nell’altra. Illuminante, da questo punto di vista, è il sottotitolo che egli ha posto a una bozza di autobiografia inedita che abbiamo avuto il privilegio di poter vedere e che così recita: La storia e gli affetti.
Tutto in lui avveniva “sottopelle”. Tanto che, dopo il crollo del muro di Berlino e la morte di Berlinguer, fu colto da uno smarrimento così profondo da doversi sottoporre a una terapia psicoanalitica, che durò sette anni.
Pietro Barcellona, dunque, un uomo degli affetti, uomo di passioni, un uomo per cui era importante amare. Trattava ognuno come una persona importante. E fin dal primo incontro diventava lui stesso importante per la vita del suo interlocutore.
Negli ultimi anni aveva molto approfondito il tema del messia e dell’escatologia, come “evento che rompe la continuità storica”. Era infatti convinto che il mondo sta vivendo un tempo della fine, intesa come tramonto dell’occidente, la fine dell’antropologia del soggetto. Alcuni hanno parlato di una sua “conversione”, ma egli rifiutava l’espressione perché quel termine diceva per difetto un segreto e incomunicabile accadimento interiore.
In un intervento recente aveva affrontato, in modo inatteso, il tema della morte, che, per sua stessa ammissione, lo aveva accompagnato sempre. L’aveva definita “l’ingresso nel nulla”, ma aveva subito aggiunto: “Il nulla viene oggi sottolineato come nichilismo, ma il nulla è il vuoto per la pienezza. […] Il nulla è il contenitore dell’essere, perché è quello che lo rende possibile nella sua pienezza”. E’ allora questo rimando alla pienezza che possiamo recuperare anche dalla sua morte.
Il percorso intellettuale e umano di Pietro Barcellona è segnato da una vastissima produzione bibliografica che comprende circa un centinaio di titoli e di innumerevoli articoli e saggi. Segnaliamo qui soltanto alcuni dei libri, che ci sembrano rappresentare delle tappe miliari di una vita spesa nella ricerca della verità attraverso le vicende dell’uomo e della Storia.
- L’individualismo proprietario, Bollati Boringhieri, Torino 1987
- Le passioni negate, Città Aperta, Troina 2001
- La parola perduta, Dedalo, Bari 2007
- Elogio del discorso inutile, Dedalo, Bari 2010
- Incontro con Gesù, Marietti 1820, Genova-Milano 2010
- Il sapere affettivo, Diabasis, Reggio Emilia 2011
- Parolepotere, Castelvecchi, Roma 2013
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- Barcellona_relazione_Parole2013.pdf327 K
- Cacciari_Barcellona_090913.pdf271 K