Ddl scuola, salvati gli scatti; ora cambiare verso con l'ascolto e il confronto
Piuttosto confusa e approssimativa, nonostante la solita facondia espositiva e le inevitabili slides, la presentazione del disegno di legge sulla scuola fatta oggi dal premier. Evidentemente la materia gli è un po’ ostica. Attendiamo dunque di leggere il testo per una valutazione più puntuale.
Ci pare comunque notevole la distanza da quanto contenuto nel rapporto Buona Scuola: e meno male. Evidente la correzione di rotta sulle carriere dei docenti. Si prende finalmente atto che le loro retribuzioni, già oggi in forte sofferenza, non possono subire altre decurtazioni, come avverrebbe modificando la progressione per anzianità, unico fattore di difesa del loro potere d’acquisto. Lo ripetiamo da mesi, bene riscontrare finalmente un minimo di ascolto.
Sul versante assunzioni, pilastro portante dell’intero progetto Buona Scuola, apprendiamo che le tanto sbandierate 150.000 assunzioni si riducono a circa 100.000. Esclusi dalla stabilizzazione i tanti precari con anni di servizio, ma non presenti nelle GAE. E questo nonostante gli obblighi posti dalla normativa europea e dalla sentenza della Corte di Giustizia.
Addirittura inquietante la vaghezza degli accenni a temi di straordinaria delicatezza, come le modalità di assunzione del personale, del suo utilizzo e della sua valutazione, con una visione a dir poco disinvolta della figura e del ruolo del dirigente scolastico; la scuola dell’autonomia non ha certo bisogno di presidi sindaco, né tanto meno di presidi amministratore unico, quando risulta decisiva ai fini della qualità dell’offerta formativa la gestione condivisa e partecipata di tutte le componenti che operano nella comunità scolastica.
L’interminabile susseguirsi, fin qui, di annunci e rinvii, sta anche a dimostrare i limiti di un progetto spinto da ambizioni faraoniche ma la cui debolezza di impianto si evidenzia sempre di più. Anche perché nella sua elaborazione, nonostante l’enfasi sulla consultazione on line, è mancato il coinvolgimento dell’attore principale di ogni processo di vera innovazione, il corpo professionale che deve metterla in atto. Abbiamo visto i lavoratori della scuola tenuti ai margini e l’ostentato rifiuto di ogni considerazione per le loro rappresentanze.
In questi giorni il mondo della scuola, nelle elezioni delle RSU, ha dato un paio di segnali inequivocabili, partecipando al voto in una percentuale che si aggira sull’80% e accreditando le sigle sindacali firmatarie del contratto nazionale di un consenso che va oltre il 92% dei voti espressi. Un recupero di saggezza consiglierebbe al premier, abbandonate le velleità decretatorie, di aprirsi finalmente all’ascolto e al confronto con una realtà, quella di chi opera nella scuola, da sempre protagonista del cambiamento vero, oltre che quotidianamente impegnata ad assicurare col suo lavoro l’esercizio di un fondamentale diritto di cittadinanza.
Roma, 12 marzo 2015
Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola
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