La valutazione integrata
di Maria Renata Zanchin e Alberto Ferrari
Premessa
L’articolo delinea una prospettiva per integrare varie forme di valutazione secondo la metafora dell’apprendimento come tessuto, ovvero intreccio di ordito (conoscenze) e trama (competenze).
1. Perché la valutazione integrata?
Nella scuola italiana da qualche anno convivono due tipi di valutazione: da un lato la valutazione disciplinare, finalizzata alla formulazione del voto, collegata prevalentemente anche se non esclusivamente, ad attività di tipo accademico (esercitazioni, test, interrogazioni), dall’altro la più recente valutazione delle competenze, finalizzata alla certificazione, collegata ad attività che coinvolgono in modo più attivo gli studenti e che si aprono a problemi reali (compiti di realtà o autentici). Accade che nella valutazione delle discipline si formulino voti, non sempre tra l’altro trasparentemente illustrati nelle loro ragioni, mentre nella valutazione delle competenze ci si sforzi di individuare indicatori e descrittori di livello organizzati in rubriche: si percepisce in modo evidente una difficoltà nel cogliere appieno il rapporto esistente tra le due modalità. Molto spesso, quando con la propria disciplina si partecipa alla realizzazione di compiti complessi a carattere pluridisciplinare, non avviene una ricaduta sul voto disciplinare delle attività svolte in tale tipologia di compiti.
Permane inoltre la dicotomia tra valutazione formativa in itinere basata su osservazioni in situazione e valutazione sommativa finale basata su accertamento tramite prove scritte. Tale dicotomia è in parte coincidente con la precedente, perché il voto è lo strumento principe della valutazione sommativa, mentre la rubrica è uno strumento apprezzato per l’osservazione dei processi e per la valutazione formativa, grazie alla sua struttura descrittiva e mirata a focalizzare le componenti modificabili della competenza.
Il “doppio binario” valutativo sembra più tangibile nella scuola secondaria di secondo grado, ma è presente anche nella scuola secondaria di primo grado. Diversamente, nella scuola primaria, da quando è avvenuta la sostituzione dei voti con i giudizi descrittivi (D.M. 172/2020) si è rivolta una rinnovata attenzione alla descrizione dei processi di apprendimento e ad attività valutative e strumenti coerenti (attenzione che auspichiamo non venga ridotta dalla revisione in corso dei giudizi descrittivi in giudizi sintetici, sostanzialmente molto simili ai voti, proposta e approvata dal Senato con il d.d.L. 924-bis del 17/4/2024).
Una adeguata riflessione sugli esiti che ci attendiamo può motivarci a ricercare vie per coniugare efficacemente le due modalità.
Se pensiamo che gli esiti desiderati dell’apprendimento disciplinare siano conoscenze che riproducono le informazioni proposte dai docenti nella didattica frontale e che la certificazione delle competenze sia solo una incombenza, magari derivata da un passivo adeguamento della scuola al mondo del lavoro, allora non c’è ragione di interrogarsi sul problema. Se, invece, gli esiti attesi sono apprendimenti significativi e profondi e pensiamo che la valutazione delle competenze rappresenti uno stimolo a introdurre nella didattica compiti di realtà o autentici, capaci di contribuire comunque ad apprendimenti significativi e profondi anche disciplinari, allora il problema è reale.
In questo secondo caso sentiremo infatti il bisogno di una valutazione che non si limiti ad accertare i risultati finali, ma che sostenga la rielaborazione degli apprendimenti attraverso la rilevazione consapevole in itinere – basata su osservazione del docente e auto osservazione dello studente – dei processi metodologici che li rendono possibili.
Questo significa individuare criteri valutativi più ampi di quelli tradizionalmente e mediamente utilizzati per il voto disciplinare, per poter restituire, attraverso la valutazione, la ricchezza del profilo formativo di una persona e di un cittadino (superando il solo accertamento delle “conoscenze possedute da un bravo studente”).
2. Integrare varie forme di valutazione
Citando Vertecchi, che ne è il primo fautore in Italia, possiamo così definire la valutazione formativa: “La valutazione formativa ha lo scopo di fornire un'informazione continua e analitica circa il modo in cui l'allievo procede nell'itinerario di apprendimento. La valutazione formativa si colloca all'interno delle attività didattiche e concorre a determinarne lo sviluppo successivo”(1).
Diversamente, la valutazione sommativa si svolge alla fine di un percorso di apprendimento e accerta i risultati: ciò che l’allievo/a ha appreso, ciò che sa fare, ciò che ha elaborato e prodotto.
Una buona valutazione agisce prevalentemente sulla dimensione formativa, che dovrebbe essere l’unica nei primi anni della primaria. Man mano che lo studente cresce, accanto alla dimensione formativa assume un peso via via maggiore quella sommativa.
In questo modo l’allievo sperimenta la revisione continua, matura la fiducia nella possibilità del proprio miglioramento, si rapporta con i propri risultati finali e con i problemi valutativi che si incontrano nella vita.
Infine, la valutazione autentica, contrapposta tanto a quella accademica quanto a quella basata sui test, si avvale di prestazioni e corrispondenti prodotti realizzati dagli allievi in contesti veri o verosimili, per destinatari reali o simulati e capaci di rendere possibile l’evidenza delle competenze in via di maturazione.
Secondo Comoglio, che ripropone un preciso concetto di Wiggins(2), si tratta di una valutazione che intende verificare non solo ciò che uno studente sa, ma ciò che “sa fare con ciò che sa”, fondata su una prestazione reale e adeguata dell’apprendimento anziché su test o prove espositive generiche.
Ora, considerando che “lo scopo della valutazione è quello di far emergere il maggior numero di informazioni sugli apprendimenti delle persone in crescita, non solo quelli di nozioni ma anche quelli inerenti i comportamenti, per dare valore agli apprendimenti delle persone attraverso il riconoscimento delle competenze culturali e di cittadinanza che hanno acquisito”(3), si propone il concetto più ampio e comprensivo di valutazione integrata.
La finalità di questo tipo di valutazione è duplice.
Da un lato integrare dati diversi:
1. dati riferiti a diverse risorse dello studente;
2. dati provenienti da una varietà di prove proposte agli studenti;
3. dati provenienti da differenti tipologie di risultati dello studente.
Dall’altro far interagire diverse forme della valutazione:
1. la valutazione formativa;
2. la valutazione sommativa;
3. la valutazione autentica.
3.Il repertorio sinottico di evidenze
La varietà di criteri di cui s’è detto prima può essere organizzata in repertori sinottici di evidenze di competenza, definite come comportamenti osservabili che testimoniano uno specifico agire competente, imperniate su verbi matrice che ne generano i descrittori. Sviluppandosi in verticale nei quattro gradi dell’istruzione, i repertori possono costituire la matrice di un curricolo verticale e continuo dall’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, con lo scopo di scandagliare le traiettorie di sviluppo delle competenze attraverso prospettive di osservazione multiple e intersoggettive.
Con questo approccio si concretizza la progettazione a ritroso: i criteri per valutare lo sviluppo delle competenze attese vengono stabiliti mentre si individuano le competenze stesse, e coerentemente si creerà l’ambiente di apprendimento, si definiranno i compiti e le attività valutative, immaginando fin da subito come valutarle. Il processo in realtà non è lineare bensì circolare: la definizione dei compiti e delle operazioni a sua volta consentirà di focalizzare i criteri valutativi, in un rimando reciproco.
L’insieme delle competenze, sgranate in evidenze, disegna, in un’accezione olistica, il profilo di uno studente-cittadino che si muove con autonomia e responsabilità (commisurate alla sua età e al suo stadio di crescita) in diversi campi, siano essi culturali, sociali, privati o professionali.
Per quanto riguarda il suo utilizzo in vista della valutazione, il repertorio è una griglia di criteri: indica gli elementi sui quali raccogliere le “osservazioni sistematiche” che saranno di fondamento per la valutazione formativa in itinere e per la valutazione sommativa finale dello studente. In sintesi, dice cosa dobbiamo osservare per poterlo valutare.
Se il repertorio è condiviso, esso consente di intrecciare e confrontare le osservazioni sistematiche e le valutazioni svolte in svariati periodi, da insegnanti diversi, in contesti molteplici. Su di esso si può fondare un comune linguaggio di valutazione.
Presentato agli studenti (in forma leggera per i più giovani, in forma via via più completa per i più grandi), esso sostiene il processo di autovalutazione e co-valutazione.
La proposta di repertorio rappresenta dunque un esempio di partenza: le evidenze possono essere individuate attraverso un processo condiviso all'interno degli istituti scolastici, migliorate e adattate nel tempo come una delle attività qualificanti del PTOF.
Dal link si può consultare il repertorio.
NOTE
(1) Vertecchi B., Manuale della valutazione. Analisi degli apprendimenti, Editori Riuniti, Roma 1984, p. 71.
(2) Mc Tighe J., Wiggins G., Fare progettazione. La “teoria” di un percorso didattico per la comprensione significativa, LAS, Roma 2004.
(3) Ferrari A., Zanchin M.R., La valutazione integrata. Tra discipline e competenze: una guida metodologica operativa, Pearson, Torino 2020, p. 61.