Ivana Barbacci

IA, una sfida per la politica e per la scuola

Dal 16 al 18 ottobre saremo a Didacta Puglia, negli spazi della Fiera del Levante di Bari, con uno stand allestito e animato in collaborazione con la CISL Scuola regionale pugliese. Gli eventi inseriti nel nostro programma affronteranno, da punti di vista diversi, che vanno dalla riflessione teorica alla sperimentazione di pratiche didattiche, uno degli argomenti di più stringente attualità, cui già è stato dedicato, l’anno scorso, il terzo numero della nostra rivista trimestrale, Scuola e formazione web: l’intelligenza artificiale.
Intelligenza artificiale a scuola, tra etica e scienza” è il tema che caratterizza la nostra partecipazione a Didacta, e più di altri risulta perfettamente congruente col titolo di questa rubrica, rappresentando l’IA uno dei problemi più complessi che la scuola, e in generale la società, si trovano a dover affrontare oggi e in prospettiva.
Invero, non c’è alcuna garanzia sul fatto che un’intelligenza “generativa”, fondata sulla capacità di elaborare in modo creativo i dati di cui dispone, e di farlo a velocità impensabili per il cervello umano, possa essere sempre agevolmente e sicuramente governata dall’uomo. Ma anche senza concentrarsi su un futuribile con possibili tratti angoscianti, è già oggi ben presente il rischio che attraverso l’intelligenza artificiale possano prodursi manipolazioni – e falsificazioni - di varia natura: rendendo più difficile, per esempio, accertare la genuinità di un prodotto intellettuale (possiamo considerare tale anche l’elaborato di uno studente realizzato con qualche “aiutino” di chat gpt), per non parlare di quali effetti potrebbe produrre la diffusione di deepfake in una campagna elettorale, o anche solo nella normale e quotidiana dialettica politica.
Giustissimo allarmarsi di fronte a situazioni della cui pericolosità è sempre bene essere pienamente consapevoli: viene da chiedersi, invece, se sia altrettanto giusto limitarsi a un atteggiamento di contrasto, che esprime un puro e semplice rifiuto, rispetto a realtà che vanno assolutamente governate, perché sarebbe vana e pericolosa illusione pensare che sia possibile esorcizzarle.

Credo che la sintesi più efficace nel descrivere il problema sia quella che ci ha proposto il 14 giugno scorso, in apertura della sua comunicazione al G7 di Borgo Egnazia, in Puglia, papa Francesco, definendo l’intelligenza artificiale “uno strumento affascinante e tremendo”. Come per tutti gli strumenti nella storia dell’umanità, “i benefici o i danni che essa porterà dipenderanno dal suo impiego”. E ancora: “Affinché questi ultimi siano strumenti per la costruzione del bene e di un domani migliore, debbono essere sempre ordinati al bene di ogni essere umano. Devono avere un’ispirazione etica”. Da qui il richiamo al ruolo e alle responsabilità della politica; di una politica che nonostante i suoi limiti non potrà mai, ci ammonisce papa Bergoglio, essere sostituita dall’economia o dominata dall’ideologia. Una politica impegnata a perseguire il bene comune è ciò che occorre per delineare prospettive di sviluppo “che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo”.

Un così autorevole richiamo alla necessità di una “buona politica” sollecita anche una riflessione sul ruolo e sulle responsabilità che riguardo alla costruzione di un futuro “umanamente sostenibile” investono la scuola, come luogo deputato alla trasmissione del sapere e alla formazione della persona.
L’espressione è stata scelta come titolo, ormai dieci anni or sono, di un tentativo di riforma da noi fortemente contestato, ma la utilizzo ugualmente, cogliendo anzi l’occasione per riappropriarmene, essendo stata la CISL Scuola a lanciarla e usarla ben prima del governo Renzi; accanto a una buona politica, è altrettanto necessario che vi sia una “buona scuola”.

Una buona scuola è, nel caso dell’intelligenza artificiale, quella che non vagheggia di utilizzarla per sostituire ciò che è insostituibile, ossia la relazione interpersonale, fondante in ogni processo educativo e formativo. Non è nemmeno quella che guarda con diffidenza, con distacco, a volte quasi con sufficienza, il diffondersi di tecnologie, strumenti, modalità e linguaggi così diversi e lontani dalle consuetudini comunicative di quelle generazioni, parte largamente prevalente del nostro corpo docente, che faticano a sentirli propri, anche solo per ragioni anagrafiche.
La pandemia ci ha costretti, sotto questo aspetto, a un notevole sforzo di adattamento e di aggiornamento, ad acquisire competenze, e prima ancora dimestichezza, per tutto ciò che era necessario saper “manovrare” al fine di mantenere attivo, con i limiti che sappiamo ma nella sola modalità in quel momento possibile, il rapporto con le classi.

L’intelligenza artificiale si profila per la scuola come una sfida ancor più impegnativa e complessa, essendo in gioco la sua capacità di formare persone e comunità in grado di governare, orientandolo al bene comune, uno strumento “affascinante e tremendo”.
Ne discende la necessità di un investimento straordinario sulla formazione e l’aggiornamento del personale scolastico, a partire da quello docente, ma con un coinvolgimento ampio di tutte le professionalità. Credo che rappresenti una delle priorità su cui anche il prossimo rinnovo contrattuale debba dare un segnale chiaro e forte. È indispensabile, se non si vuole una scuola pericolosamente disallineata rispetto ai tempi che vive; se accade questo, il rischio è di un indebolimento della sua funzione, che la condannerebbe a una pericolosa marginalità, mentre si rafforzerebbe la tentazione di sostituirla con strumenti più efficienti e meno costosi, che l’intelligenza artificiale potrebbe rendere disponibili.
Una prospettiva inquietante, alla quale una scuola che voglia essere "buona" non può e non deve in alcun modo esporsi.