I. Barbacci

Partecipazione nella comunità educante

Quando come CISL Scuola, insieme alle altre sigle sindacali, abbiamo voluto inserire, prima all’art. 28, poi all’art. 32 del CCNL, la definizione di comunità educante, eravamo ben consapevoli che il contratto, piuttosto che una situazione di fatto, volesse esprimere una visione, un’idea di scuola che avesse il suo focus proprio nella partecipazione. E nello stesso tempo era chiara la consapevolezza di un percorso da costruire, di un processo che non poteva essere lineare in quanto non si tratta di partecipare semplicemente “essendoci”, ma con piena facoltà di scegliere, di decidere, di delegare, di condividere.
Alla base della nostra cultura pedagogica, mi riferisco in particolare al pensiero di John Dewey, troviamo i nessi che legano “politica”, “educazione”, “democrazia” e “partecipazione”. Questi sono i semi di una fonte germinativa che genera legami, senso di appartenenza, responsabilità e quindi “cittadinanza democratica”.
La comunità educante, al pari di ogni comunità, si realizza nel momento in cui gli attori che ne fanno parte superano la propria condizione individuale e pensano se stessi in relazione agli altri che agiscono, operano all’interno di un contesto condiviso.
Ciò che fa viva e quindi generativa la comunità educante è proprio la relazione, la rete di relazioni che si realizzano al suo interno. A partire dalla relazione docente-discente, dal suo carattere maieutico, di stampo socratico, per arrivare alle esperienze contemporanee di apprendimento cooperativo, in cui ciò che è fecondo è la rete che si realizza nel contesto di apprendimento tra alunni, studenti con il sostegno del docente.
La scuola non è un microcosmo impermeabile alla realtà che la circonda, non è neanche una palestra dove poter apprendere le strumentalità cognitive e di competenza che, una volta uscitone, servirà allo studente per affrontare il mondo reale. La scuola è una parte, forse la più importante, per l’età degli individui che vi sono inseriti, di un mondo più ampio, quello del territorio, della regione, della nazione, del continente, del pianeta. Questa è la dimensione che chi lavora all’interno della scuola, in primis i docenti, deve tener sempre presente e alla quale dovrebbe improntare la propria azione educativa. Questo è ciò che oggi si richiede ai docenti, ai dirigenti scolastici, al personale Ata: essere consapevoli che i bambini e gli adolescenti loro affidati dalla comunità sono inseriti contemporaneamente in contesti più ampi, anche molto diversi tra loro; attraverso gli strumenti multimediali ai quali hanno sempre più accesso, ricevono inoltre sollecitazioni e interessi che li proiettano in una dimensione più ampia, in una comunità globale, spazialmente e psicologicamente, diversa dalla comunità protetta e anche limitata che la scuola rappresenta.
La partecipazione alla comunità richiede che l’individuo sia responsabile per se stesso e nei confronti degli altri. Uno dei compiti della scuola oggi è quello di porre maggiormente l’accento su questo aspetto, proprio partendo dalla premessa che non esiste comunità senza la consapevolezza dei vincoli che il vivere con l’altro comporta. Vincoli che contengono il bambino, l’adolescente e lo proteggono da una libertà assoluta, malamente intesa, che la società attuale, consumistica e “pubblicitaria”, incentiva e sostiene.
L’efficacia del nostro agire come “persone di scuola” nasce non solo nell’azione educativa verso gli studenti, ma anche nel mantener viva quella comunità lavorativa così specifica e peculiare che è un'istiruzione scolastica.
La partecipazione attiva dei lavoratori agli organismi partecipativi, frutto di un momento di forte tensione riformatrice del nostro Paese, a partire da consigli di classe, collegi docenti, consigli d’istituto, fino ad arrivare oggi al CSPI, permette la realizzazione piena di quella comunità in cui la persona è chiamata ad esercitare i suoi diritti di opinione e la sua responsabilità di agire e di operare.
Lavoratrici e lavoratori della scuola, ciascuno con le proprie diverse funzioni e ruoli, realizzano insieme una comunità tanto più viva quanto più è generativa, capace cioè di azioni che producono frutti. L’atteggiamento conflittuale e oppositivo, costantemente rivendicativo da una parte e, di contro, quello manageriale e dirigistico di stampo aziendalistico, determinano all’interno delle istituzioni scolastiche un clima fazioso e “divisivo”, lontano dal favorire quella dimensione di benessere che nasce prima di tutto dal sentirsi parte di una comunità, dal farsene protagonisti e costruttori in collaborazione con gli altri, nel senso della responsabilità e del rispetto reciproci.
Quando però le scuole non sono più protagoniste, ma diventano oggetto di interventi dall’alto, episodici, mossi da logiche estemporanee che impegnano risorse senza nessun disegno pedagogico e didattico condiviso, senza confronto e partecipazione con il personale che nella scuola opera ogni giorno; quando gli aspetti di adempimento burocratico prevalgono, quando si sceglie di non valorizzare il contributo che ognuno può dare, sostenerlo, incentivarlo; quando ruoli e funzioni si cristallizzano senza possibilità di rotazione e avvicendamento; quando il personale è lasciato solo, senza quegli strumenti di accrescimento della propria professionalità che si possono realizzare attraverso una formazione strutturale e continua rivolta a tutti i docenti e al personale ata; allora assistiamo all’interno delle nostre scuole a quello scollamento, spaesamento, chiusura individualistica e solitaria che caratterizza troppo spesso la realtà nella quale viviamo.
Il nostro lavoro quotidiano, come sindacato, come CISL Scuola, è fortemente caratterizzato dalla convinzione che coltivare, sostenere, rilanciare il valore della partecipazione anche nelle aule scolastiche, tra gli alunni e gli studenti, e non solo nei luoghi delle decisioni, sia davvero una sfida essenziale da raccogliere, per il presente e per il futuro, per valorizzare i temi del protagonismo collettivo, del rispetto, del benessere inteso anche come segno profondo di un esercizio di piena libertà democratica e attiva che la scuola deve assumere come priorità da perseguire, per tutti e per ciascuno, nella propria azione educativa e formativa.