Stato e Regioni: si parte davvero?

28.06.2012 15:00

Presentata ieri, 27 giugno, ai sindacati della scuola e del pubblico impiego la bozza dell’accordo fra Stato e Regioni sull’attuazione del titolo V della Costituzione in materia di istruzione.

A illustrare i contenuti dell’intesa, dopo una breve introduzione del ministro Profumo, sono stati il capo di gabinetto del MIUR, Luigi Fiorentino, e la vice presidente della conferenza delle Regioni, Stella Targetti, affiancata nella circostanza dall’assessore all’istruzione della Regione Lombardia, on. Valentina Aprea.

Il documento - con cui si compie l’ennesimo tentativo di dare avvio ad un percorso più volte annunciato, e ogni volta con l’indicazione di scadenze puntualmente disattese - assume in premessa il riferimento alle diverse sentenze (ultima la 147 del 2012) con cui la Corte Costituzionale è stata chiamata, in più occasioni, a dirimere le controversie sorte nell’interpretazione del nuovo quadro delle funzioni assegnate a Stato e Regioni dal riformato titolo V.

L’intento dichiarato è quello di dare corpo e sostanza - verrebbe da dire: finalmente! - a quello spirito di leale collaborazione che dovrebbe ispirare i comportamenti di tutti i soggetti istituzionali investiti di competenze in materia di istruzione e formazione, visto che l’affidamento di ruoli e poteri più forti alle Regioni non mette in discussione il carattere nazionale e unitario del sistema scolastico pubblico.

In cinque diversi capitoli sono definiti ambiti e oggetti dell’intesa.

Il primo capitolo è dedicato alle modalità di individuazione condivisa delle rispettive competenze, col reciproco impegno ad una semplificazione della produzione normativa prevedendo, in particolare, la raccolta delle norme statali in un testo unico che ne faciliti la comprensione e l’applicazione. Tra i compiti cui dare priorità viene indicata la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale, individuazione a cui dovranno concorrere, insieme allo Stato, Regioni ed Enti Locali, in un’ottica che traguarda il progressivo raggiungimento di livelli ottimali, secondo criteri di esigibilità e sostenibilità. Tradotto in parole più semplici: la situazione del Paese è molto diversificata a seconda delle aree territoriali, se ne deve tenere conto per evitare che col decentramento si accentuino i divari oggi esistenti, a scapito delle aree più deboli.

Il secondo capitolo tratta delle condizioni operative che è necessario predisporre a supporto delle funzioni affidate alle Regioni; tra queste, in particolare, il trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie attualmente in dotazione agli uffici regionali e territoriali in cui si articola l’amministrazione scolastica periferica.

Il terzo capitolo tratta degli organici del personale scolastico (docenti ed a.t.a.) e del dimensionamento della rete scolastica. Sugli organici, si prospetta una procedura articolata in due passaggi: col primo, Stato e Regioni definiscono d’intesa i criteri di ripartizione della dotazione organica nazionale fra le regioni; col secondo, ogni regione attribuisce le risorse di organico alle scuole in base alla programmazione dell’offerta formativa. Si conviene di valorizzare il livello della contrattazione integrativa regionale, soprattutto per quanto riguarda le modalità di utilizzazione del personale. In materia di mobilità, la contrattazione deve tener conto delle regole stabilite dalla contrattazione nazionale. A quest’ultima resta la competenza esclusiva sugli aspetti retributivi e normativi di base. Scontata, dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale, la riconferma di una piena competenza delle Regioni in materia di dimensionamento; gli interventi sulla rete delle istituzioni scolastiche devono essere assunti entro il 31 dicembre di ciascun anno.

Il quarto capitolo affronta il tema del coordinamento e dell’implementazione delle banche dati (anagrafe studenti, edilizia scolastica) oggi gestite da soggetti diversi, nell’ottica di una struttura unitaria che presuppone, peraltro, l’attivazione di sistemi che, per quanto riguarda l’edilizia scolastica, sono oggi funzionanti solo in una parte delle regioni.

Il quinto capitolo ipotizza, in modo piuttosto generico, la stipula di specifiche intese per la sperimentazione di modelli organizzativi e di forme avanzate di autonomia scolastica finalizzate alla crescita di qualità del servizio e di efficacia ed efficienza della spesa. Sono elencati (in un allegato alla bozza di accordo) alcuni possibili ambiti di sperimentazione, senza andare - però - al di là del titolo.

L’intesa si chiude con l’indicazione dei tempi di attuazione, indicando come termine ultimo il 30 giugno 2013. Entro il prossimo 31 marzo il Governo si impegna a presentare un disegno di legge di riassetto della normativa statale, mentre per le Regioni la stessa scadenza è data per la predisposizione della normativa di organizzazione del servizio.

Sul fatto che i buoni propositi possano tradursi in atti concreti è lecito nutrire qualche dubbio, se non altro perché tutte le scadenze appena indicate si collocano in una fase che vedrà il Paese in piena campagna elettorale, con tutto ciò che ne consegue anche in termini di praticabilità dei percorsi legislativi.

Né si può ignorare, specie di questi tempi, il peso che avranno le valutazioni di impatto economico finanziario che sui percorsi ipotizzati nell’intesa saranno fatte dal MEF, cui la bozza è stata inviata e del quale si attende, con comprensibile trepidazione, un riscontro.

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Nell’aprire l’incontro del 27 giugno al MIUR, il ministro Profumo ha annunciato di voler costituire e avviare quanto prima due “tavoli tecnici” di confronto con i sindacati, dedicati rispettivamente alle questioni attinenti la gestione del personale oggi in forza all’Amministrazione (per il quale si profila il trasferimento alle dipendenze delle Regioni) e quella del personale scolastico, che manterrebbe invece l’appartenenza all’attuale comparto contrattuale e la dipendenza dallo Stato.

In quelle sedi avremo modo di affrontare in modo più puntuale i diversi aspetti di un’intesa oggi a valenza prettamente politica, come testualmente affermato dall’assessore Targetti, in attesa di una più precisa declinazione attraverso gli appositi e diversi provvedimenti attuativi.

Sull’intera operazione grava comunque, come limite che appare ancora una volta in tutta la sua evidenza, l’assenza di scelte reali e credibili di investimento. Difficile credere che un così rilevante intervento di riassetto politico e organizzativo possa rivelarsi produttivo di effetti positivi senza il sostegno di adeguate risorse o peggio dovendo scontare ancora una volta la logica di una loro forzata riduzione.

Non ci manca la consapevolezza del difficile momento che vive il Paese: ma sono proprio queste difficoltà, e le esigenze di rimettere in moto la crescita, che dovrebbero spingere a investire, con coraggio e lungimiranza, sulla risorsa decisiva del capitale umano.