aprile 2019

In questa pagina:
l'immagine del mese; la parola del mese (Alleanza); invito alla lettura; suggestioni a proposito dell'illustrazione del mese; note musicali; "La scuola c'è. La scuola è", il film di aprile del calendario CISL Scuola; un brano di prosa e una filastrocca; giornate e ricorrenze particolari (anche per la didattica)
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L'ILLUSTRAZIONE

Tempo di fioriture.

E allora chi può tener fermo il cuore

se vuole volare in alto?

Le formiche, creature di terra,

si radunano a migliaia e sciamano

in un volo di nozze.

È questo il motivo per cui crescono

a loro le ali: per volare e trovare

l'amore.

Almeno così la vedo io.

Eva Kaiser

L'ottavo mese

di Leonarda Tola

Aprile fra riti e miti

La Pasqua cristiana è detta Pasqua d’Aprile in qualche nostra parlata regionale e in quanto cade nella prima domenica dopo il plenilunio successivo all’equinozio di primavera accade che, per i giri della luna, sia celebrata anche nel mese di Marzo.
Non mancano nelle tradizioni dei popoli riti e miti che hanno consonanze e analogie con la passione, morte e resurrezione di Cristo. Un deposito ricco di riferimenti e suggestioni che dell’evento centrale della fede cristiana sono in qualche modo anticipazione; si può dire significativa millenaria attesa e desiderio premonitore, ripagato quando, nel tempo scelto e opportuno della storia della salvezza ha inizio l’era cristiana.
Va ricordato il mito di Adone nel racconto che scandisce la divisione delle stagioni nei due semestri: primavera-estate e autunno-inverno. Conteso per la sua divina bellezza da Persefone e Afrodite, per volere del paciere Zeus, Adone fu destinato a stare con la dea dell’amore per sei mesi sulla terra dove tornava con l’arrivo della primavera, e per il resto dell’anno nell’Ade accanto alla regina degli inferi. In alcune narrazioni mitologiche Adone, inviso agli dei gelosi, viene ucciso, muore, risuscita e ascende al cielo. Persistente il mito del più bello mai nato se ancora nel V secolo i “giardini di Adone” erano vasi e ceste a lui dedicati dove semi di piante e fiori germogliavano nella fioritura primaverile. A questo rito sembrano alludere usanze in ambito cattolico e greco-ortodosso ancora resistenti in qualche regione d’Italia: nel periodo pasquale semi di grano, lino, lenticchie si fanno germinare in piatti colmi di terra tenuti in penombra nelle case. Addobbati di fiori e ornati i “sepolcri” (così sono anche chiamati) vengono esposti il venerdì santo in chiesa per ricordare la morte e resurrezione del Signore.
Nella modernità, a scuoterci dal sonno mitologico e dal dolce dormire d’Aprile, è il sommo poeta Thomas Stearsn Eliot: “Aprile è il più crudele dei mesi” è l’indimenticabile incipit di The Wast Land (La Terra Desolata), 433 versi immortali. Eliot vede l’affanno della sua esistenza lacerata a fronte del fulgore dei fiori di lillà che nascono dalla terra morta e sono primizia di fertilità.
Aprile infatti, ed è facile etimologia, apre i solchi della terra che si addormenta in inverno sotto la calda coltre di neve, risvegliando radici e germogli con la pioggia di primavera. È il portentoso miracolo della natura che risorge dal sopore e dalla miseria della secchezza invernale.
Ebbrezza che rigenera ma che si fa sale sulla ferita esistenziale, quando l’estro, il pungolo del desiderio contaminato dalla memoria si spegne nell’ultimo crudele disincanto.

Proverbi

D'aprile ogni goccia un barile.

D'aprile non ti scoprire.

Aprile fa il fiore e maggio si ha il colore.

Aprile carciofaio, maggio ciliegiaio.

Quando tuona d’Aprile buon segno per il barile.

Aprile piovoso, maggio ventoso, anno fruttuoso.

Terzo dì d'april brillante, quaranta dì durante.

Aprile, esce la vecchia dal covile; e la giovane non vuole uscire.

Aprile, dolce dormire.

LA PAROLA DEL MESE

ALLEANZA

di P. Ottavio De Bertolis, sj

A breve verrà pubblicato
un testo più esteso
che l'Autore sta completando

Possiamo intendere la vita, i nostri rapporti con gli altri, il nostro posto nel mondo, essenzialmente in tre modi.

Il primo è quello elementare dei rapporti di forza: homo homini lupus, ed è questa la modalità con la quale la pura forza (economica, culturale, gerarchica) si impone all’altro, che ne rimane vinto e schiacciato. Purtroppo è molto frequente, ed è quasi il modo normale: il più forte è sciolto da ogni regola che non sia la sua, quella che lui stesso si dà, legittimandola con la propria superiorità di fatto esercitabile su di un altro.

Il secondo modo è quello regolato dalla legge. Gli uomini costruiscono delle regole per le quali il più debole è tutelato dal più forte, un vero argine alla violenza e alla sopraffazione. Questo spazio è quello costruito con la legge, nei rapporti tra privati e nei rapporti con il potere pubblico: risultato è il diritto soggettivo e lo Stato (costituzionale) di diritto. A questo livello, tuttavia, rimane un’ambiguità: da un lato, infatti, il diritto soggettivo, ha inevitabilmente come altro lato della medaglia, il diritto di escludere altri dal godimento del proprio bene, come avviene nel diritto di proprietà. Dall’altro, poi, le relazioni sono costituite in base ad un meccanismo, un reciproco calcolo di utilità, il cui esempio principe è il contratto. La legge così intesa unisce, ma anche divide.

Il terzo livello è l’alleanza; non annulla la legge, ma la supera. Non è bilaterale, ma unilaterale: nasce dall’offerta del singolo, dalla sua capacità di rinunciare a ciò che è suo, cioè dalla sua carità. Così Cristo è un’alleanza unilaterale: ci dice il «sì» senza se e senza ma di Dio a noi. Non siamo stati noi ad amare Dio, ma Lui ci ha amato per primo. Senza suo vantaggio.

INVITO ALLA LETTURA

a cura di Mario Bertin

Nozze con il mondo

Non è detto che la felicità sia necessariamente inseparabile dall’ottimismo. Essa invece è legata all’amore – ciò che non è la stessa cosa. Io conosco delle ore e dei luoghi in cui la felicità può apparire tanto amara da preferirle la sua promessa. Ma si tratta che in quelle ore o in quei luoghi, io non avevo il coraggio di amare, cioè di non rinunciare. Ciò di cui in questi casi si deve parlare è dell’ingresso dell’uomo nelle feste della terra e della bellezza. Perché in quel momento, come il neofita abbandona i suoi ultimi veli, così egli abbandona davanti al suo dio la monetina della sua personalità. Sì, esiste una felicità più alta di fronte alla quale la felicità appare futile. A Firenze un giorno stavo salendo sulla sommità dei giardini di Boboli, fino ad un terrazzo dal quale si poteva vedere il Monte Oliveto e l’intera estensione della città, fino all’estremo orizzonte. Su ogni collina gli ulivi apparivano pallidi come piccole nuvole di fumo e nella nebbia leggera che essi formavano si stagliavano come fiamme le forme più dure dei cipressi, verdi quelli più vicini e neri in lontananza. Nel cielo di un blu profondo, si disegnavano grosse nubi. Alla fine del pomeriggio si spandeva una luce argentata in cui tutto si faceva silenzio. La cima delle colline era dapprima avvolta di nubi. Ma una brezza s’alzò. Ne avvertivo sul viso il soffio leggero. Dietro le colline, allargò le nubi come un sipario che s’apre. Contemporaneamente sulle loro cime, nella superficie blu del cielo spalancatasi all’improvviso, i cipressi parvero di colpo ingrandirsi. Con essi, risalì lentamente l’intera collina e il paesaggio di ulivi e di pietre. Arrivarono altre nubi. Il sipario si richiuse. E la collina con i suoi cipressi e le case scomparve nuovamente. Poi ancora – in lontananza su altre colline via via più sfumate – la stessa brezza che qui apriva le spesse pieghe delle nubi, laggiù le chiudeva. In questo grande respiro del mondo, lo stesso soffio si compiva a qualche minuto di distanza, e riprendeva di tratto in tratto il tema della pietra e del vento in una fuga a scala cosmica. Ogni volta il tema diminuiva di un tono: mano a mano che s’allontanava, io m’acquietavo un po’ di più. Arrivato al termine di questa prospettiva sensibile al cuore, abbracciai in un solo colpo d’occhio l’intera fuga di colline, unendo al loro il mio respiro nel canto della terra intera.
Milioni d’occhi – ne ero certo – hanno contemplato questo stesso paesaggio, ma per me era come il primo sorriso del cielo. Mi trasportava fuori di me nel senso più profondo del termine. Mi diceva che, senza il mio amore e questo bel grido di pietra, tutto era inutile. Il mondo è bello e fuori del mondo non c’è salvezza. La grande verità che pazientemente mi insegnava era che lo spirito non è nulla, e nemmeno lo stesso cuore. E che la pietra scaldata dal sole, o il cipresso che il cielo fa apparire ingrandito, delimitano il solo universo in cui “avere ragione” ha senso: la natura senza l’uomo. E questo mondo mi annienta. Mi porta fino al limite. Mi nega senza collera. Nella sera che cadeva sulla campagna fiorentina, mi incamminavo verso in cui tutto poteva sembrare già conquistato, se delle lacrime non mi fossero spuntate negli occhi e un grosso singhiozzo di poesia che mi aveva invaso non mi avesse fatto dimenticare la verità del mondo.

Albert Camus, Noces, Gallimard, Paris 1950, pp. 87-89; trad. Di Mario Bertin

Albert Camus, figlio di un bracciante agricolo, nasce in Algeria nel 1913. Perde il padre all’inizio della prima guerra mondiale, nel 1914 e viene allevato dalla madre in un povero appartamento di Algeri. Nel 1936 si laurea in filosofia con una tesi sull’ellenismo del cristianesimo in Plotino e Sant’Agostino. Giornalista prima ad Algeri e poi a Parigi, partecipa alla Resistenza e nel 1944 diventa caporedattore della rivista “Combat”.
Camus è riconosciuto tra i più importanti intellettuali del Novecento. Scrittore e filosofo, autore di romanzi, saggi e testi teatrali, viene abitualmente catalogato nel movimento esistenzialista. Nel 1957 riceve il premio Nobel per la letteratura. Muore nel 1960 in un incidente automobilistico.
La sua opera può essere collocata tra due poli, che corrispondono alle due tappe del suo itinerario filosofico: la morale dell’assurdo e l’umanesimo della rivolta. “Bisogna immaginare Sisifo felice”, afferma.
Noces (Nozze) è un piccolo libro splendente degli anni giovanili. Pubblicato in un numero ridotto di copie ad Algeri nel 1938, è stato ripreso senza modifiche da Gallimard nel 1950. È un canto alla terra abitata dagli dei che parlano nel sole, nel profumo d’assenzio, nel cielo blu, nel mare dalla corazza d’argento, nelle antiche rovine ricoperte di fiori, nella pietra.
Incomprensibilmente, non esiste una traduzione italiana in commercio.

SUGGESTIONI A PROPOSITO DELL'ILLUSTRAZIONE DEL MESE

Il ciliegio e il volo nunziale delle formiche

Il ciliegio

Secondo Plinio il Vecchio il Prunus Cerasus (ciliegio) fu portato a Roma nel 73 a.C. da Lucio Licinio Lucullo Console romano della Regione dell’Odierna Turchia dove era coltivato nella città di Cerasunte sul Mar Nero; da qui la possibile derivazione del nome Cerasus.
Il termine italiano ciliegia deriva dal latino volgare ceresia e, con piccole ed eleganti variazioni è presente in tutte le lingue romanze e in diversi dialetti italiani.
Il fiore del ciliegio è il simbolo nazionale del Giappone. Nella mitologia greca era legato a Venere ed è rimasto un fiore portafortuna degli innamorati. Nella tradizione siciliana una dichiarazione d’amore fatta all’ombra di un ciliegio è garanzia di una durata eterna.
Nella Francia del 1600 il ciliegio selvatico era protetto da norme precise perché tutti i poveri potessero nutrirsi di questi frutti.

Le ciliegie nella pittura

Frequente e varia la presenza delle ciliegie nella pittura. Nel Cenacolo di Ognissanti di Domenico del Ghirlandaio (1448 – 1494), sulla tavola imbandita appaiono frutti diversi: le albicocche simbolo del peccato; delle arance, il frutto del Paradiso; le ciliegie, emblema del sangue e perciò della passione.

Una ciliegia come simbolo della redenzione è presente anche nella Madonna di Lochis del 1475 di Giovanni Bellini (1433 - 1516) .

Nel Riposo durante la Fuga in Egitto, di Pietro Barocci (1528-1612) l’albero sotto cui sosta la Sacra Famiglia non è una Palma ma un Ciliegio.

Ammirevole il virtuosismo nella Natura morta con ciliegie di Georg Flegel (1566 - 1638) e, sempre nei Paesi Bassi, il Patrizio di Harlem con la famiglia di Marten Van Heemskerck (1498 – 1574).

Finiamo con La venditrice di frutta di Vincenzo Campi (1536 – 1591).

Il volo nuziale delle formiche

È un volo breve e spettacolare durante il quale si svolgono tutte le fasi del corteggiamento e dell’accoppiamento prima del rapido ritorno degli insetti nel terreno lasciato solo per questa festa della generazione. Dunque voli nuziali fatti da sciami di formiche alate che, come per le api, servono a formare nuove famiglie. Protagonista la comune formica nera dei nostri giardini, la Lasius niger che si trova in tutta l’Europa Centrale, in Asia, Africa e Nord America.
Una Regina di Lasius niger può vivere circa 12 anni e la sua colonia può contare sino a 10.000 individui. Nei voli che avvengono una sola volta l’anno e, sincronicamente, nello stesso giorno, sono migliaia i maschi e le femmine alate che si alzano in cielo. Una volta l’anno la regina depone uova da cui nascono formiche dotate di ali: maschi e femmine. Dopo l’accoppiamento i maschi sono destinati a morire mentre le femmine, perse le ali, depongono le uova e fondano una nuova colonia.

La cicala e la formica

Impossibile, parlando di formiche, non riproporre una delle più note favole di Esopo, che esalta la virtù del risparmio previdente…

Durante l'estate, una cicala cantava posata su un filo d'erba mentre, sotto di lei, una formica faticava per trasportare al sicuro nel suo formicaio i chicchi di grano. Ogni tanto, la cicala chiedeva alla formica: "Perché mai lavori tutto il giorno? Vieni qui con me, all'ombra dell'erba: starai al fresco e potremo cantare insieme".
Ma la formica continuava a lavorare: "Devo preparare le provviste per l'inverno; quando la neve avrà ricoperto la terra, non resterà più nulla da mangiare."
La cicala non riusciva proprio a capire la formica. Del resto, l'estate era ancora lunga e di tempo per mettere da parte le provviste ce ne sarebbe stato fin troppo. Così continuò a cantare e l'estate finì.
Venne l'autunno: non c'erano più frutti in giro e la cicala vagava di qua e di là, sgranocchiando gli steli ingialliti dell'erba e qualche foglia ormai essiccata.
Ma anche l'autunno finì: arrivò l'inverno e la neve coprì la terra. Non era rimasto più nulla da mettere sotto i denti. La cicala batteva i denti dal freddo e aveva una gran fame.
Un giorno, sotto la neve, raggiunse una casetta piccina; guardò dentro, passando accanto alla finestra e vide la formica che stava al calduccio riparata dalla neve, sgranocchiando i chicchi di grano che aveva messo da parte.
Infreddolita, la cicala bussò alla porta.
"Chi bussa?"
"Sono la cicala; sto morendo di freddo e non ho più niente da mangiare".
"Mi ricordo di te: quest'estate, mentre io lavoravo duramente per prepararmi all'inverno, tu cosa facevi?"
"Ho cantato!"
"Hai cantato?" rispose la formica "E allora adesso balla!"
Poi, chiuse la porta e lasciò al freddo la cicala.

Chi nulla fa, nulla ottiene.

Ma c’è chi propone anche un diverso punto di vista…

Chiedo scusa alla favola antica,
se non mi piace l’avara formica.
Io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende…
regala!

Gianni Rodari

NOTE MUSICALI

a cura di Francesco Ottonello

Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov (1844 – 1908), La Grande Pasqua Russa

I festeggiamenti per la Pasqua sono forse fra i più sentiti fra quelli vissuti nella cultura religiosa della Russia, di fede ortodossa. Come si sa da cronache già risalenti all’epoca di Rimskij-Korsakov, la partecipazione alla festa della Resurrezione era folta e largamente partecipata: un ricco via vai di persone nelle chiese, la gioia condivisa del ritorno alla vita, i canti della tradizione liturgica, le lunghe barbe dei pope e il tradizionale tintinnare delle campane dei campanili russi, così caratteristico e radicato da raggiungere ancor oggi qualità performative di valore artistico.
Rimskij-Korsakov, per sua stessa ammissione, non era un fervente religioso, pertanto questo suo importante e imponente lavoro sinfonico non va inteso come una composizione devozionale, né tantomeno pervasa di sacralità, ma come un resoconto: come la narrazione in musica di quella festa che i devoti della Russia ortodossa amavano così tanto festeggiare. Rimskij-Korsakov trasse i temi per la composizione de La Grande Pasqua Russa da una raccolta di temi popolari, che venivano cantati durante le feste della veglia del Sabato Santo e della Domenica di Pasqua.
Nella Grande Pasqua Russa troviamo celebrati tutti i momenti della festa: dai motivi iniziali, semplici e austeri, fino al trionfante e solenne tema finale, vera e propria celebrazione musicale della luce ritrovata.

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LA SCUOLA C'È. LA SCUOLA È...

I volti e i luoghi delle scuole italiane animano il calendario che la CISL Scuola ha prodotto per il 2019. Per ognuno dei dodici mesi dell'anno, un breve film racconta la presenza della scuola in ogni angolo del Paese; ambienti, età, situazioni diverse compongono un caleidoscopio vivente nel quale si moltiplicano immagini che ci restituiscono la varietà e la bellezza di ciò che la scuola riesce ad essere, ogni giorno, per tutti e dovunque.
Per ogni mese del calendario uno specifico "codice a barre" del tipo QR code dà accesso, per chi lo inquadra col suo smartphone, alla pagina web che ospita il breve film realizzato per noi da Giovanni Panozzo. Un giro d'Italia per dirci ogni volta, in luoghi diversi, che la scuola c'è, e ciò che riesce ad essere grazie alla straordinaria energia che la muove.

Il film del mese di aprile

"Il colore della scuola di S. Polo d'Enza"

Arte e colore nella scuola dell'infanzia "Mamma Mara" di San Polo d'Enza, in provincia di Reggio Emilia. Guidati dal direttore Franco Bolondi scopriamo quanta potenza, originalità e bellezza possano scaturire da creatività e fantasia quando per bambine e bambini si fanno chiave di lettura di una realtà che tende a sfuggire ad uno sguardo "adulto". Il film è stato proiettato anche durante il convegno del 19 febbraio 2019 all'Auditorium Carlo Donat Cattin di via Rieti, a Roma, sul tema "Guardare il mondo con occhi nuovi".

GLI AQUILONI

Aquilone di aprile

Aprile era il mese
assegnato dalla Comunità
e lui volava due volte al dì
mattino e sera alle stesse ore

Era un aquilone cólto
aveva letto Eliot
ma non era d'accordo
che aprile fosse
il più crudele dei mesi

Aprile in città – pensava –
è un dolcissimo mese
se ogni volta puoi sfiorare
le chiome nuove dei tigli
se dall'alto riesci a sentire
parole ed echi di bambini
che camminano nei viali
e guardano i rami stupiti

E ad aprile le rondini
garrule frecce del cielo
tornano a tracciare
arcobaleni invisibili
e ammiccano furtive
agli aquiloni in volo
di ricognizione

Giovanni Gasparini

(da Cento aquiloni: un poemetto,
Libri Scheiwiller, 2005)

UNA FILASTROCCA

Aprile

Credimi, aprile, mi piaci davvero!
Sono un amico dal cuore sincero:
amo le rondini tra i campanili,
i passerotti dai becchi sottili,

le margherite, le primule snelle,
le formichine, le coccinelle!
Non preoccuparti se dormo di più:
so che a giocare ci pensi già tu!

Lorenzo Gobbi

NEI GIORNI DI SCUOLA

Giornate e ricorrenze particolari (anche per la didattica)

2 Aprile - Giornata mondiale di sensibilizzazione sull’autismo

Per noi della scuola può essere una buona occasione per acquisire o rinnovare una base di consapevolezza e conoscenze relative al complesso e delicato Disturbo dello Spettro Autistico (ASD) anche andando semplicemente sul sito internet portale-autismo.it o, meglio ancora, leggendo qualche pubblicazione presente nella biblioteca professionale della propria scuola o facendola procurare se non ci fosse nulla su questo problema.

22 Aprile - Giornata internazionale della Madre Terra

Una giornata dedicata all’ambiente e alla salvaguardia del Pianeta Terra. Riproponiamo qui la nota della Segreteria Cisl Scuola pubblicata in occasione del Fridays for future del 15 marzo scorso. Nella giornata non vi sarà lezione, ma non si può perdere l’occasione per affrontare il tema con i ragazzi.

25 Aprile - Anniversario della liberazione

Una ricorrenza che rimanda a un evento fondativo della nostra democrazia e che non può non trovare il giusto spazio nella nostra attività didattica. La Resistenza rappresenta nella storia d’Italia un passaggio fondamentale, segna il riscatto da indifferenze, complicità, connivenze che avevano consentito anni prima al fascismo di instaurare la sua nefasta dittatura. E se è doveroso rendere soprattutto omaggio in questo giorno alla dedizione, al coraggio, non di rado all’eroismo spinto fino al sacrificio di sé di cui seppero dare prova i protagonisti della Lotta di Liberazione, altrettanto importante fissare memoria e attenzione sui momenti che videro un governo antidemocratico, violento, guerrafondaio e razzista godere di un consenso ampio e diffuso. Giusto dunque celebrare il 25 Aprile anzitutto come vittoria di un popolo redento: ma rivedere, per esempio, il filmato del discorso con cui Mussolini annuncia l'avvenuta dichiarazione di guerra può aiutarci a capire come possa talvolta accadere che la libertà sia persa “a furor di popolo”.

10 GIUGNO 1940 - DICHIARAZIONE DI GUERRA

26 Aprile - Giornata internazionale in commemorazione del disastro di Chernobyl

La data è quella in cui trentatré anni fa avvenne il più grave incidente mai verificatosi in una Centrale Nucleare. Con quello di Fukushima del marzo 2011, un evento classificato come catastrofico. Otto milioni di tonnellate di materiale radioattivo. Ancora oggi Chernobyl è una citta fantasma. Le nubi radioattive raggiunsero tutta l’Europa Orientale, la Finlandia e la Scandinavia, ma anche, con livelli via via minori, l’Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Austria.

28 Aprile - Giornata mondiale della sicurezza e della salute sul lavoro

Le denunce di infortunio presentate all’INAIL (Istituto Nazionale Per L’Assicurazione Contro Gli Infortuni Sul Lavoro) nel solo primo mese di quest’anno sono state: 47.982 (il 7,3% in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. 141 sono stati i morti sul lavoro da gennaio a marzo. Un bilancio terribile, una emergenza che non sembra finire, una catena di drammi e di sofferenze che non possono insanguinare il diritto al lavoro. Le denunce presentate all’INAIL nel 2018 sono state 641.261 e di queste ben 1.133 per esito mortale. Almeno con i ragazzi degli ultimi anni delle superiori non sarebbe male fermarsi per ragionare su questa drammatica situazione.