Scuola, a rischio ora 60mila precari

22.08.2019 14:28

Con la crisi di Governo rischia di essere bloccato il decreto che poteva consentire la possibilità di diventare di ruolo a molti precari. Proponiamo alla lettura l'articolo di Paolo Ferrario uscito oggi su Avvenire e seguito da un'intervista alla nostra segretaria generale Maddalena Gissi fatta dallo stesso giornalista.

Il decreto scuola è pronto. Insegnanti e sindacati possono stare tranquilli. Sono misure per il bene della scuola. Non si può rinviare. La scuola è un patrimonio della società italiana. Non è questo il tema su cui fare propaganda e far prevalere gli interessi elettorali». Così scriveva, su Facebook, il ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, il 3 agosto, tre giorni prima dell'approvazione, in consiglio dei ministri, del decreto che, tra l'altro, avrebbe dovuto stabilizzare circa 60mila precari della scuola. Nemmeno tre settimane dopo, la crisi di governo rischia di vanificare tutto il lavoro fatto, lasciando nel limbo decine di migliaia di lavoratori e le loro famiglie.
Approvato dall'esecutivo «salvo intese» (vista la distanza, su alcuni punti, tra Lega e M5s, che ora sarà praticamente impossibile ridurre), il decreto dovrebbe essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale entro il 28 agosto. Traguardo che, allo stato attuale del quadro politico, pare davvero lontanissimo.
«Sbagliato far pagare ai precari e alla scuola la crisi del governo - tuona il segretario generale della Flc-Cgil, Francesco Sinopoli -. La caduta del governo Conte rischia di travolgere definitivamente il decreto per la stabilizzazione dei precari della scuola approvato il 6 agosto scorso, ma questo è inaccettabile». Soprattutto perché, incalza il sindacalista, «ad attendere quel provvedimento ci sono migliaia di lavoratori, tutti precari, che in questi anni hanno mandato avanti le nostre scuole. Fin da dicembre avevamo sollecitato il governo sull'urgenza delle misure di stabilizzazione, che poi sono state recepite nell'intesa firmata tra governo e sindacati l'11 giugno».
Misure urgenti, continua il segretario generale, «non solo per il futuro di circa 60mila precari, ma anche per la qualità della scuola del Paese che alla stabilità del lavoro è legata a doppio filo».
Da qui, l'appello di Sinopoli «a tutte le forze politiche, affinché il lavoro unitario dei sindacati non venga disperso e la scuola non paghi, per l'ennesima volta, l'incuria della politica. Un nuovo anno scolastico sta per aprirsi ancora all'insegna delle cattedre scoperte, una situazione intollerabile», conclude il segretario. Stando ai dati diffusi dal sindacato, l'anno scolastico che sta per iniziare vedrà in cattedra almeno 120mila supplenti, praticamente un docente su cinque. Anche per effetto di "Quota 100", che farà aumentare il numero di pensionati: saranno 17.807 per effetto del provvedimento a cui si aggiungono 15.371 pensionati "ordinari".
Per la Uil Scuola, i supplenti saranno addirittura compresi tra i 150 e i 180mila. «Nel decreto - ricorda, in proposito, il segretario generale Pino Turi - era compresa anche la proroga del concorso 2016. Per cui, se non si vara il decreto, il numero dei posti che non saranno coperti in maniera stabile aumenterà notevolmente. Sono docenti abilitati - spiega Turi - che hanno superato anche un concorso, ma per i tempi e le scelte della politica, resteranno ancora al palo».
E non saranno gli unici, visto che il decreto "congelato" dalla fine prematura del governo giallo-verde, conteneva anche altri, importanti provvedimenti. Tra questi, il percorso abilitante straordinario (Pas), per i docenti della scuola secondaria che, per almeno tre anni scolastici, abbiano svolto, in ciascun anno, almeno 180 giorni complessivi di servizio e un nuovo concorso straordinario per i precari con almeno 36 mesi di anzianità di servizio, previsto anche dall'intesa sottoscritta il 24 aprile dai sindacati con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. In bilico anche i diplomati magistrali, assunti con riserva e a rischio licenziamento nel corso dell'anno, in seguito alle sentenze di merito dei Tribunali. Per «salvaguardare la continuità didattica nell'interesse degli alunni», si legge nella relazione illustrativa del decreto, la norma prevedeva che il termine di tutti i contratti fosse fissato al 30 giugno 2020. Ora, invece, anche questo punto torna in discussione.
La mancata approvazione del decreto, avrebbe, inoltre, pesantissime ripercussioni anche sulle famiglie, soprattutto le meno abbienti. L'articolo 5, infatti, prevedeva la possibilità, per gli enti locali, di ridurre, fino ad azzerarla, «la quota di partecipazione diretta dovuta dalle famiglie, per l'accesso ai servizi di trasporto degli alunni». E questo, «in ragione delle condizioni della famiglia» e in deroga a una deliberazione della Corte dei Conti che, invece, negava questa possibilità, anche a fronte del fatto che l'ente riesca a salvaguardare l'equilibrio di bilancio. Un'interpretazione che, si legge sempre nella relazione illustrativa del decreto, «mette in difficoltà tutti gli enti locali che avevano ritenuto di esonerare le famiglie meno abbienti dal pagamento di qualsivoglia quota di partecipazione per l'accesso al servizio di trasporto scolastico». Un fardello che la crisi politica scarica per intero sulle spalle dei più poveri.

L'articolo prosegue con un'intervista alla nostra segretaria generale Maddalena Gissi.

«SERVE UN ATTO DI GENEROSITÀ»

Chiedo alla politica di deporre le armi e pensare, per una volta, al bene della scuola e degli studenti. Serve un'azione super partes di generosità, che porti, finalmente, a dare prorità ai problemi delle persone. C'è una vastissima platea di lavoratori, di famiglie che, dopo tanti anni di sacrifici, ora si aspetta una risposta. Che la politica ha il dovere di dare». È amareggiata ma non molla la presa, la segretaria generale della Cisl Scuola, Maddalena Gissi. Che non si vuole arrendere al fatto che, la crisi di governo, possa mandare a mare mesi di lavoro, finalizzati a dare stabilità a decine di migliaia di precari della scuola.

Segretaria, si può ancora salvare il decreto?
Certo, ma serve la volontà politica di farlo. Mancano due passaggi fondamentali: la firma di tutti i ministri al decreto che, lo ricordo, è stato approvato "salvo intese" per la distanza tra Lega e 5 Stelle e, inoltre, è necessaria la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale entro il 28 agosto. I tempi stringono, anche perché tutte le procedure concorsuali vanno avviate entro il 31 dicembre, se vogliamo avere la gente in cattedra almeno per l'anno scolastico 2020-2021. Perciò, lancio un accorato appello a tutte le forze in campo, affinché lascino da parte divisioni e rancori e pensino solo ed esclusivamente al bene della scuola.

E se ciò non avvenisse, che scenario si aprirebbe?
Catastrofico. In alcune regioni, per esempio, in Emilia Romagna, l'esaurimento delle graduatorie e la mancanza di insegnanti abilitati sta costringendo le scuole a chiamare i neolaureati. Con i pensionamenti di "Quota 100", l'anno prossimo arriveremo a sfiorare i 200mila supplenti. Praticamente, un insegnante su quattro sarà precario. Una condizione inaccettabile, che rischia di vanificare gli sforzi di un Paese, che ha l'ambizione di continuare ad essere una potenza mondiale.

Per quanto riguarda la scuola, qual è il bilancio di questa esperienza di governo?
È stato un percorso tra luci ed ombre. Il contratto di governo parlava della scuola in un solo passaggio, l'articolo 22, facendo espressamente riferimento al problema dei precari. Che poteva, effettivamente, diventare una bandiera di questo esecutivo.

Perché così non è stato?
Evidentemente, i precari della scuola non sono considerati importanti ai fini del consenso. Questa vicenda è, per me, un grosso dispiacere, perché dimostra che i problemi dei precari non interessano a nessuno.

Che cosa, invece, ha apprezzato di questo esecutivo?
Abbiamo firmato il nuovo contratto, aumentando il potere d'acquisto dei lavoratori e azzerato la chiamata diretta. Abbiamo raggiunto l'intesa anche sul contratto dei dirigenti e fermato il progetto, davvero deleterio, di autonomia differenziata. Ho apprezzato molto anche le parole che il premier Conte ha dedicato alla scuola nel suo ultimo discorso in Senato. Credo che se quelle parole le avesse pronunciate all'inizio, anziché alla fine del suo percorso, forse l'esito sarebbe stato diverso.

Che cosa chiedete al ministro dell'Istruzione che verrà?
Continuità di contenuti, che per la scuola è un valore. Non è possibile che, ad ogni cambio di governo, si azzeri tutto e si riparta da capo. Poi, chiediamo di risolvere la questione dei precari e di avere una visione di "Scuola del Paese", senza inutili e dannose fughe in avanti verso la regionalizzazione. Una deriva pericolosa che non migliora la qualità. Infine, chiediamo che sia riconosciuto il valore professionale di chi lavora nella scuola. Perché solo ciò che vale poco si paga poco.

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