C'era la guerra

21.10.2015 11:48
Categoria: Articoli giornale

A volte basta poco per trasmettere pensieri profondi, inusuali e inediti pur su storie e fatti quasi consunti. A volte pasta poco per rianimare emozioni forti ma forse dimenticate e sopite. Questo ci regala il frammento di prosa di Sergio Zavoli apparso oggi su Avvenire. Un ricordo, un appunto sulla guerra e su storie per questo non nate. Parole di intensa poesia che valgono forse più di lunghi e studiati articoli.

La mia generazione visse al centro di una parte cruciale della propria vita: quando la guerra, a partire dal 1940, entrò nei poteri di una bussola priva dell'ago, e tutto ne sarebbe rimasto segnato: una deriva di storie interrotte, messaggi dissolti, appuntamenti perduti, progetti inconclusi, il mondo attraversato da miriadi di parole invano affollate intorno ai relais ormai saltati, e poi di nuovo in viaggio, senza altro destino che quello di perdersi mille miglia distanti dai luoghi dove erano aspettate. Non si potrà sapere quanto amore è andato disperso, quali vicende hanno preso il posto di quelle interrotte perché era venuto meno ciò che le teneva in vita. L'umanità avrebbe avuto chissà quali storie se fossero andate in porto le nostre parole. Rimaste non si sa dove, smarrite in un disguido, sfinite dal vano cercarsi, non figliarono parole e quindi non fecero nascere le vicende che pure avevano annunciato. Poi, con la pace, un giorno ci trovammo davanti a una sterminata semina di croci, poco distante dalla città. Si uniranno alle nostre le insegne di tutti gli eserciti venuti fino alle porte di casa nostra, ancora una volta il gioco degli astri mi riconduceva a un altro dei nostri autunni; il giorno della liberazione della città cadeva, come per una cabala, il 21 settembre, un giorno che ritornava, ogni tanto, nella mia vita.

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