Un impegno concreto contro la povertà

05.08.2015 11:26

«In Italia, secondo la recente indagine Istat, ci sono 7,8 milioni di persone in condizioni di "povertà relativa", cioè con una capacità di spesa che non raggiunge la metà di quella media. Di queste, 4,1 milioni sono in "povertà assoluta", non in grado cioè di acquistare neppure un paniere di beni e servizi "essenziali per uno standard di vita minimamente accettabile"». (Enrico Marro, Corriere della Sera del 5 agosto 2015)

In Italia, secondo la recente indagine Istat, ci sono 7,8 milioni di persone in condizioni di «povertà relativa», cioè con una capacità di spesa che non raggiunge la metà di quella media (per esempio, una famiglia di due componenti che spende meno di 1.041 euro al mese). Di queste, 4,1 milioni sono in «povertà assoluta», non in grado cioè di acquistare neppure un paniere di beni e servizi «essenziali per uno standard di vita minimamente accettabile», spiega l’istituto di statistica. Quasi cinque milioni di poveri relativi vivono nel Mezzogiorno, con un’incidenza sulla popolazione più che tripla rispetto al Nord: 23,6% contro il 6,8%.
Crescita o non crescita dell’economia, la lotta alla povertà dovrebbe essere una priorità, soprattutto per un governo di centrosinistra. Stando alle dichiarazioni ufficiali, lo è. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, lo ha più volte ribadito. Nei fatti no, almeno finora. Prendiamo gli 80 euro al mese: sono andati a 10 milioni di lavoratori dipendenti, ma non agli «incapienti», 4 milioni di persone che hanno redditi così bassi da non dover presentare il 730. Forse perché i poveri non votano? Con la legge di Stabilità 2015, la prima del governo Renzi, niente è arrivato loro. Ciò nonostante, il presidente del Consiglio non ha mai escluso la possibilità di estendere in futuro la platea dei beneficiari degli 80 euro. Che, per inciso, sono andati anche a famiglie che non ne avevano urgente bisogno, tipo due coniugi con redditi ciascuno di 24 mila euro, totale 48 mila euro l’anno, che hanno preso e prendono 160 euro al mese. Ma l’estensione agli incapienti avverrà solo «se ci saranno le risorse», ha sempre precisato il governo. Da qualche mese Poletti sta approfondendo la materia, in vista della prossima legge di Stabilità. Con impegno, va detto. Ha incontrato l’Alleanza contro la povertà, che riunisce 32 associazioni che si occupano del problema, le Regioni e gli enti locali, i quali, nel deserto di interventi statali, provvedono, tra mille difficoltà, a fronteggiare una piaga che altrimenti solo la Chiesa e qualche volontario allevierebbe.
Bene, che cosa viene fuori da questi incontri? Che mentre Renzi annuncia un piano da 35-45 miliardi per tagliare le tasse, Poletti dice che sarebbe già un miracolo trovare un miliardo e mezzo in tre anni per i poveri. E questo dopo che lo stesso ministro aveva giudicato ragionevole la proposta dell’Alleanza che propone l’introduzione in Italia — unico Paese in Europa oltre la Grecia a non avere uno strumento universale di lotta alla povertà — del REIS, il "Reddito di inclusione sociale", per quei 4,1 milioni di italiani che si trovano in povertà assoluta. Secondo l’Alleanza, per assicurare il reddito sufficiente a uscire da questa condizione, il governo dovrebbe stanziare a regime 7 miliardi l’anno. Ma intanto, suggerisce la proposta consegnata al governo, si potrebbe cominciare con 1,8 miliardi nel 2016 per soccorrere i più disperati e poi coprire l’intera platea nel giro di 4 anni. Ovviamente, secondo un approccio non meramente assistenziale, il sostegno non dovrebbe trasferire solo denaro, ma anche servizi, ed essere sottoposto, come si dice, alla «prova dei mezzi», per evitare cioè che vada agli evasori (si può ricorrere all’ISEE e a tutti gli incroci di banche dati oggi possibili), e subordinato a un comportamento attivo dei beneficiari (accettazione di percorsi di reinserimento sociale per sé e i figli).
Allo stesso tempo, il presidente dell’Inps insiste nel proporre un «sostegno per l’inclusione attiva» per le persone che hanno più di 55 anni perché sono quelle, spiega Tito Boeri dal suo osservatorio, più penalizzate dalla crisi, nel senso che quando perdono il lavoro difficilmente ne trovano un altro, ma neppure hanno l’età per andare in pensione. L’economista, ha spiegato ieri in un’intervista al Mattino, che le risorse si potrebbero trovare nell’ambito delle politiche gestite dallo stesso Inps, dato che «ci sono molte prestazioni assistenziali oggi appannaggio del 30% più ricco della popolazione» e che «su 100 euro di spesa sociale solo 3 euro vanno ai più poveri». Se è così — e il presidente dell’Inps non avrà difficoltà a fornire tutti gli elementi per una valutazione approfondita — non dovrebbe essere difficile trovare quel miliardo e 800 milioni per partire con il REIS e cominciare a coprire l’intera platea della povertà assoluta. Basta che Lavoro, Inps e Tesoro si siedano attorno allo stesso tavolo e collaborino. Se davvero questa è una priorità del governo.

Files:
Marro_05082015.pdf367 K