L'inflazione pericolosa del grido "vergogna"

12.04.2015 19:50

Breve ed efficacissimo corsivo di Antonio Polito (Corriere della Sera, 11 aprile 2015) che prendendo spunto dalle affermazioni di Matteo Orfini su Gianni De Genaro stigmatizza il dilagante vizio di trasformare il dissenso dalle altrui opinioni in anatema, a testimonianza di una diffusa e crescente incapacità di dialogare.

Diceva Nanni Moretti in Palombella rossa che «le parole sono importanti, perché chi parla male pensa male e vive male». Aveva ragione, e allora, 25 anni fa, forse non capimmo neanche quanta ragione avesse. Quella fulminante battuta mi è tornata in mente leggendo il tweet di Matteo Orfini con il quale non ha ottenuto le dimissioni di De Gennaro dalla presidenza di Finmeccanica ma ha ottenuto di costringere il premier a confermarlo e ad esprimergli stima imperitura.

«È una vergogna che De Gennaro resti in Finmeccanica» diceva quel cinguettio emesso sull’onda della emozione per la sentenza della Corte europea sui fatti del G8 di Genova. E mi sono chiesto: perché Orfini ha scritto «vergogna»? Avrebbe potuto dire «è inopportuno che resti», oppure «è sconveniente», oppure ancora «è scorretto», o «è ingiusto». Avrebbe anche potuto più semplicemente dire «non sono d’accordo che De Gennaro resti», i politici hanno il dovere oltre che il diritto di esprimere le proprie opinioni. Orfini è uomo colto, sa come esprimersi con proprietà. Eppure non ha resistito a usare la parola «vergogna», perché lo spirito del tempo richiede di ricorrere alla categoria dei giudizi morali per combattere gli avversari nell’arena del dibattito pubblico. Il giustizialismo prima e il vaffanculismo poi hanno così profondamente modificato lo spirito della nazione che non si riesce più a dire a uno «hai torto» senza aggiungere «dovresti vergognarti», come avviene costantemente, per esempio, in Rete.

Le conseguenze sono gravi. Tra persone che si intimano a vicenda di vergognarsi non è più possibile condividere la sfera pubblica democratica, che ha bisogno del confronto tra opinioni legittime e non sopporta anatemi. In più, caro Orfini, prima o poi spunta sempre qualcuno che a chi urla «vergogna» ricorda di che cosa lui stesso dovrebbe vergognarsi.

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