Un patto sociale contro i populismi

12.11.2016 20:05

In una lettera al Direttore del Sole 24 Ore la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, indica in una convinta pratica del dialogo sociale l'antidoto a ogni forma di populismo. "L’Europa deve cambiare marcia, ritrovando nella crescita economica, nelle politiche nazionali di welfare e di sviluppo, la chiave per una risposta forte e convinta a questa ondata di nazionalismi e populismi, rimettendo al centro un modello culturale alternativo, equo e sostenibile" (Il Sole 24 Ore, 11 novembre 2016)

Caro direttore, il successo per certi versi inaspettato di Donald Trump nelle elezioni presidenziali americane è la conferma dell’avanzata di un inedito modello politico e culturale nelle democrazie occidentali.
Giustamente il suo editoriale di ieri sul Sole 24 Ore ha colto un aspetto peculiare: il voto americano è stato l’espressione di una «protesta forte e viscerale contro ciò che è percepito come élite». il magnate americano ha saputo intercettare gran parte del disagio e quel senso di sfiducia nei confronti della globalizzazione, presente in tutte le classi sociali, facendo leva su una forte identità nazionale, sulle promesse di rilancio economico e, soprattutto, sull’ideologia della paura. È chiaro che vanno sempre rispettate le scelte libere e democratiche della maggioranza dei cittadini. Ma quanto accaduto in America è indubbiamente un campanello d’allarme serio anche nei confronti di un’Europa oggi sempre più divisa, frammentata e senza una identità politica comune. Il vento populista è globale e può portare altri governi populisti, come dimostrano le chiusure nazionalistiche e la stessa voglia di isolamento he abbiamo riscontrato nelle recenti consultazioni in Austria, in Francia, in Svizzera, in Ungheria, fino all’epilogo della Brexit in Inghilterra.
La dinamica è identica. Con una differenza: Trump dopo la sua vittoria ha subito parlato di superare le divisioni e di “unificazione” dentro il suo Paese, nello stile e nella tradizione che caratterizza la storia democratica degli Stati Uniti.
L’Europa oggi appare invece senza una leadership autorevole, indebolita sul piano economico e sociale, ferma al suo rigorismo monetario, lontana dai problemi reali della gente, senza un progetto politico capace di rilanciare il sogno degli Stati Uniti d’Europa. Se le istituzioni europee vengono avvertite così distanti dai problemi concreti dei cittadini, questa Europa è destinata a morire. Ci saranno presto altre Brexit e altri Trump pronti a cavalcare il malcontento, le diseguaglianze sociali e quel senso di insicurezza che serpeggia oggi in tanti paesi europei. Se c’è una cosa che mette a rischio la democrazia “sostanziale”, come la definiva Giulio Pastore, è quando le persone non si sentono determinanti e protagoniste. Ecco perché il grande tema su cui tutti dovremmo interrogarci è come recuperare questo senso di disagio e di inquietudine, come intercettare i bisogni reali dei cittadini, conciliando la cultura della stabilità e della responsabilità tipica del mondo germanico e la cultura della solidarietà tipica del mondo latino. Questa è la grande sfida che oggi tutti abbiamo davanti. Napoletano ha ragione: o troviamo in Europa l’accordo per cambiare la politica economica o non ce ne sarà per nessuno.
L’Europa deve cambiare marcia, ritrovando nella crescita economica, nelle politiche nazionali di welfare e di sviluppo, la chiave per una risposta forte e convinta a questa ondata di nazionalismi e populismi, rimettendo al centro un modello culturale alternativo, equo e sostenibile, ispirato ad una comunanza di idee e di principi, possibilità di integrazione, centralità dei diritti umani e della dignità del lavoro.
Per questo noi sosteniamo lo sforzo che sta producendo il Governo italiano per ricercare il consenso adeguato a ridiscutere lo statuto economico europeo e a rottamare il fiscal compact. Anche il sindacato europeo ha presentato ambiziose proposte per rafforzare la dimensione sociale dell’integrazione, con investimenti ed una nuova politica industriale.
Ma questa strategia potrà essere rafforzata se l’Italia rilancerà con coerenza il modello “concertativo”, intensificando il dialogo ed il confronto con le parti sociali sulle grandi questioni aperte. La democrazia vive anche di pluralismo, di partecipazione e di coinvolgimento dei corpi sociali. Senza un’alleanza sociali forte qualsiasi governo nazionale e locale non riuscirà a intercettare i reali bisogni delle persone vere. Questo è il vero antidoto ai populismi, se non si vuole che prevalgano gli interessi e gli egoismi dei più forti.
Ecco perché solo un grande “patto sociale” può oggi farci recuperare il rapporto con la gente ed evitare il rischio degli opposti populismi, chiamando tutti i soggetti ad una assunzione di responsabilità di fronte ad obiettivi selezionati e condivisi.
Lo abbiamo fatto con successo nelle scorse settimane con l’accordo sulla previdenza. Possiamo farlo con lo stesso metodo sui temi della riforma fiscale, del lavoro delle donne e dei giovani, dell’industria, dei contratti pubblici, dei problemi della scuola e del Mezzogiorno.
Lo stesso presidente di Confindustria, Boccia, ha più volte condiviso questa giusta esigenza. Occorre discutere e produrre la sintesi tra i diversi interessi in campo. Questo è quello che è mancato nell’azione dei Governi degli ultimi anni. Allargare la partecipazione ai corpi sociali, condividere gli obiettivi è la strada per recuperare la fiducia dei cittadini e soprattutto dei giovani, nelle istituzioni ed anche nella politica, come ci ha ricordato più volte il Presidente della Repubblica Mattarella. Bisogna favorire gli accordi con tutti i soggetti responsabili, in modo che ciascuno faccia la propria parte nell’interesso esclusivo del Paese.
Questo è l’obiettivo della Cisl sul quale andremo avanti in questa stagione di rinnovamento e di necessarie riforme istituzionali, sociali ed economiche.

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