Resistere all'infodemia. I danni delle statistiche alla rovescia

05.02.2020 11:55

Il compito della scuola nei confronti dell'infodemia segnalato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità come un grave pericolo della società globale e dei social media. (Lorenzo Becchetti su Avvenire del 5 febbraio 2020)

Con il neologismo infodemia l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha voluto, in questi giorni in cui la paura del Coronavirus impazza, sottolineare che forse il maggiore pericolo della società globale nell’era dei social media è la deformazione della realtà nel rimbombo degli echi e dei commenti della comunità globale su fatti reali o spesso inventati. Nel mondo della comunicazione odierno è possibile, investendo nella comunicazione, costruire vere e proprie realtà parallele che diventano più influenti di quelle reali alimentando paure, condizionando l’opinione pubblica, influendo sulle preferenze sociali e politiche.
Alcuni esempi. Da alcune parti si sentono lodi alla politica di Trump.
La sua prepotenza verso gli altri Paesi ha, secondo la vulgata nazionalista, generato importanti benefici per i propri concittadini, lo dicono i dati su crescita del Pil, disoccupazione, salari. Eppure l’inflazione cresce più dei salari, i tassi di occupazione non dicono più nulla perché siamo pieni, negli Usa e altrove, di lavoratori poveri, saltuari e di scoraggiati che non cercano lavoro. L’ultima riunione dell’American Economic Association, che raccoglie i più importanti economisti statunitensi e di tutto il mondo, ha messo tra i temi al centro del dibattito il problema dell’epidemia di "morti per disperazione" che ha drammaticamente aumentato il tasso di mortalità dei bianchi non ispanici del Paese a fronte della tendenza di un calo della mortalità in tutti gli altri Paesi del mondo come è naturale che sia con il progresso delle cure mediche. In Italia la vulgata sovranista sta provando a terrorizzare nuovamente gli italiani parlando di un aumento di sbarchi del 700% a gennaio. Si tratta di mille arrivi via mare di richiedenti asilo in un mese a fronte di una perdita di circa 170mila italiani nell’ultimo anno per via della crisi demografica (saldo negativo tra nati e morti) e un totale di mezzo milione di italiani negli ultimi tre anni. Mille arrivi sono tanti o sono forse troppo pochi per un Paese che rischia prestissimo di avere un drammatico bisogno di forza lavoro giovane? Dialogando con le parti sociali a Brescia, una delle province italiane più ricche, si rifletteva sul fatto che le nostre società sarebbero al collasso senza un buon afflusso di stranieri che vengono a cercare fortuna nel nostro Paese, si inseriscono progressivamente, mandano i loro figli a scuola e rappresentano una quota fondamentale della forza lavoro nel settore siderurgico, nel lattiero-caseario e in quello dei servizi alla persona.
Ogni anno in Italia abbiamo purtroppo circa 200 decessi nella popolazione anziana per le normali influenze e, dato molto più drammatico, una stima di 219 morti al giorno per malattie da inquinamento, ovvero quasi tre volte il numero di morti della peggiore strage nella storia nazionale, quella di Bologna. Immaginiamo quale eco mediatica avrebbero tre stragi di Bologna al giorno. Invece di preoccuparci di questo siamo terrorizzati dal coronavirus che sino a oggi (grazie anche alla qualità del nostro sistema sanitario e delle misure di prevenzione) ha visto arrivare sul nostro territorio due sole persone che hanno contratto la malattia.
Esiste la realtà ed esistono gli specchi e le deformazioni, spesso prodotte e comunque accentuate dagli slogan della politica e dalle scelte di parte del mondo della comunicazione. Purtroppo, però, per una grossa fetta della nostra popolazione, soprattutto quella più anziana che passa la giornata in compagnia della televisione sempre accesa, i problemi italiani sono quelli più urlati. Per questo motivo a fianco dell’attività e dei compiti di ciascuno di noi nella realtà quotidiana c’è una missione comune a cui nessuno può sottrarsi.
Nell’era dei social siamo tutti soggetti attivi e passivi del mondo dell’informazione. E non possiamo non porci il problema, affiancando gli organi di comunicazione e di stampa più attenti e responsabili, di contribuire a combattere le infodemie e l’inquinamento dei fatti. Se vogliamo costruire un mondo migliore, e dare futuro buono all’Italia, è necessario.