C'è un po' di Dna in ogni laurea

25.07.2018 12:01

Sulle pagine di "Tuttoscienze", la rubrica settimanale de "La Stampa", compare in data 25 luglio 2018 l'articolo di Gabriele Beccaria, curatore della rubrica, che si sofferma sulle questioni aperte da uno studio internazionale in cui sono coinvolte diverse Università di tutto il mondo, centrato sugli effetti prodotti dal corredo genetico sui comportamenti scolastici e sugli esiti dei percorsi di istruzione.

Il destino non è scritto nei geni, ma quei mattoncini dove è racchiusa l'informazione biologica svelano molto di noi. Anche le nostre prestazioni scolastiche e, quindi, quanto tempo abbiamo trascorso o trascorreremo a scuola, scalando la parete che porta ai titoli di studio e quindi al possibile successo. Sociale ed economico.

In ballo ci sono 1271 varianti genetiche. A identificarle è stato uno studio internazionale condotto da Aysu Okbay della Vrije Universiteit di Amsterdam, Peter Visscher della University of Queensland, in Australia, e Daniel Benjamin, della University of Southern California. Si tratta – sostengono – della più vasta indagine genetica mai condotta, coinvolgendo oltre un milione di individui in 15 nazioni europee. Ora è stata pubblicata sulla rivista «Nature Genetics» e solleva più interrogativi delle certezze che semina e, come sempre succede quando ci si inoltra nell'insidioso territorio che lega il Dna ai comportamenti umani, dubbi e paure si intrecciano alle possibili risposte.

Variazioni comuni
Non è un caso che il team, come nota conclusiva, si abbandoni a un messaggio spiazzante: «Quali lezioni politiche o quali suggerimenti pratici si possono ricavare?». Conclusione: «Nessuna e nessuno. Qualunque risposta pratica sarebbe estremamente prematura e non supportata dalla scienza», E allora perché tanta attenzione su questa ricerca e qual è il suo reale significato, decifrabile anche dai non addetti ai lavori?

Per tentare di capirlo è meglio tornare all'inizio. Lo studio, cominciato da. Benjamin nel 2011, in qualità di economista comportamentale, ha identificato, via via che allargava il proprio spettro, un numero crescente di variazioni genetiche comuni in chi aveva raggiunto l'apice delle prestazioni scolastiche, da una parte, e in chi, dall'altra, aveva rinunciato anzitempo a banchi e lavagne. Dall'insieme delle 1271 «informazioni biologiche» è quindi emerso un modello tutt'altro che scontato. Invece che essere sparse nel Genoma, le varianti sono le gate ai geni attivi nel cervello e che supportano i neuroni nel lavoro strategico di creare le connessioni che li fanno dialogare. In altre parole, alla base non c'è la velocità dei segnali ma la complessità delle reti tra le cellule nervose.

Incrociando i dati con una serie di altre caratteristiche, come quelle della famiglia di origine, gli studiosi sono poi arrivati a elaborare una formula definita come «genetic score», vale a dire un punteggio genetico che calcola il successo in campo educativo. Questo tende a crescere tanto maggiore è il numero di varianti «positive», legate alla permanenza a scuola. E, a questo punto, si può predire il livello di successo individuale in materia di lauree e PhDi? Niente affatto, ribatte Benjamin, spiegando la nota a margine della ricerca e che ai più suona paradossale. Non c'è, in realtà, un rapporto di causa-effetto a livello del singolo e nessuno dovrebbe avventurarsi a evocare l'esistenza dei «geni dell'istruzione». Piuttosto c'è un grado di prevedibilità dei comportamenti scolastici a livello generale che arriva all'11%.

Sistemi educativi
Di più, al momento non si dice. Forse contano i timori di possibili scenari distopici, in cui il corredo del Dna venga sfruttato a sproposito per favorire bambini ipoteticamente iper-intelligenti o per discriminarne altri. Di sicuro - afferma il team - l'indagine non è conclusa. Prossimo obiettivo è approdare a 2 milioni di soggetti e tanto più il campione si allargherà tante più scoperte potranno materializzarsi, strappando anche un maggiore grado di accuratezza predittiva.

Resta il fatto che, se l'azione del Dna non equivale a un destino prefissato e immutabile, viste le interazioni con l'ambiente e con quel grumo imponderabile che chiamiamo «caso», si può iniziare a porre la questione dei sistemi scolastici e universitari. Quanto sono adeguati a valorizzare il «successo educativo» in armonia con le prestazioni – e le esigenze – dei nostri geni?

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