Come in Germania ripartire da lavoro, fisco e famiglia. Articolo di Annamaria Furlan su Avvenire

14.01.2018 12:22

È un segnale positivo anche per il futuro dell’Europa l’accordo di governo per una grande coalizione in Germania che punta a rilanciare il ruolo dello stato sociale, aumentare gli aiuti alle famiglie più deboli con bambini, investire nel sistema della formazione e della ricerca, garantendo anche l’accoglienza ai migranti. La Germania spenderà circa 46 miliardi in più nei prossimi quattro anni, restituendo dal bilancio pubblico più risorse alle famiglie. Lo farà con una seria politica fiscale redistributiva, con più investimenti pubblici e politiche sociali, senza cifre vaghe e senza deficit, con progetti per sostenere la natalità, l’alternanza scuola - lavoro per gli studenti, la digitalizzazione e portando il finanziamento per la ricerca al 3,5% del prodotto lordo. Si tratta di una vera “agenda” di governo espansiva che non punta a cancellare ciò che è stato fatto negli anni precedenti. Una dimostrazione di unità di intenti, di serietà e di coesione sociale che dovrebbe essere presa in questa fase come un esempio da tutti gli schieramenti politici italiani.

Il lavoro e la sua tutela rappresentano «la prima e la più grave questione sociale» del Paese, come ha detto il Presidente della Repubblica. Ma questo obiettivo si può raggiungere con il rilancio del dialogo sociale, con un impegno collettivo delle istituzioni, delle imprese e del sindacato. Nessuno può pensare di essere autosufficiente o di farcela da solo. Per questo non servono nuove norme dirigistiche calate dall’alto, come la proposta di un salario minimo per legge che rappresenta un vulnus e una involuzione nelle relazioni industriali, visto che più dell’80% dei lavoratori in Italia oggi è già coperto dalla contrattazione. Questo è uno dei terreni specifici della soggettività autonoma del sindacato, come contiamo di fare anche con l’accordo sul nuovo sistema contrattuale che speriamo di siglare nei prossimi giorni con la Confindustria. Lo abbiamo detto più volte: il lavoro per i giovani si crea favorendo una maggiore crescita economica, con una politica industriale innovativa e rispettosa dell’ambiente e cambiando a livello europeo le regole troppo rigide del fiscal compact in modo da consentire maggiori investimenti pubblici in infrastrutture, ricerca, innovazione, tutela del territorio. Bisogna ricomporre le antiche fratture occupazionali, sociali e infrastrutturali tra il Nord e il Sud (un tema finora completamente assente nella campagna elettorale italiana) superando tutti quei veti politici, burocratici e culturali che ostacolano la costruzione trasparente e rapida delle opere pubbliche. Dobbiamo tutti porci l’obiettivo di far decollare finalmente le politiche attive del lavoro e una vera alternanza scuola – lavoro in modo da incrociare la domanda con l’offerta dei nuovi lavori. E approvare finalmente una normativa che favorisca la partecipazione dei lavoratori non solo ai risultati aziendali ma anche all’indirizzo e nel controllo degli investimenti delle imprese. La democrazia economica e una contrattazione moderna (non antagonistica) sono gli strumenti indispensabili per realizzare una maggiore produttività e qualità nelle aziende. Ecco perché il futuro Governo dovrà continuare a detassare gli accordi aziendali, riducendo le tasse anche sui fondi contrattuali e previdenziali, in modo da sdoganare per gli investimenti quei 200 miliardi di fondi contrattuali e previdenziali che oggi vengono investiti prevalentemente all’estero.

Il punto centrale da cui bisogna partire rimane proprio la riforma fiscale, che è il principale fattore in grado di dare una spinta forte a tutto il sistema economico e produttivo. Ci sono varie proposte in campo. Ma l’obiettivo deve essere una riforma fiscale funzionale allo sviluppo e alla contrattazione, attraverso un taglio strutturale delle aliquote fiscali, partendo dai ceti più deboli, in modo da alzare i salari e le pensioni, premiare le imprese che assumono, combattere l’evasione attraverso l’introduzione del contrasto d’interesse, come avviene negli Stato Uniti. Bisogna sostenere, soprattutto, i nuclei familiari con un nuovo assegno che superi accorpandole le detrazioni attuali per il coniuge e i figli a carico e l’assegno al nucleo familiare.

Sull’esempio tedesco, anche noi abbiamo bisogno di un patto per la natalità, aumentando anche le risorse per contrastare la grande area di povertà presente nel paese. Una scelta politica, sociale e culturale su cui tutto il paese deve scommettere.

Annamaria Furlan, segretaria generale Cisl, su Avvenire del 14 gennaio 2018