La finanziaria: andare oltre le polemiche, i ritornelli, le omissioni (articolo di F. Scrima in "Conquiste del Lavoro" 20/10)

19.10.2006 17:38

Fino ad ora non ce ne eravamo proprio accorti ma, scherzi della statistica, siamo una categoria di ricchi!

I dati fiscali (anno 2004) parlano chiaro: il reddito medio degli insegnanti è superiore a quello dei gioiellieri.

E non solo di questi ultimi visto che l'elenco delle categorie professionali che piangono miseria (naturalmente solo al momento dei riscontri fiscali) è davvero lungo e comprende ampie fasce di liberi professionisti (dentisti, avvocati, ingegneri, architetti, ecc.), di lavoratori autonomi (dall'idraulico al commerciante), perfino di tanti imprenditori.

Piccolo ma non proprio trascurabile dettaglio: il nostro reddito è sempre accertato e la quota fiscale è versata tramite prelievo alla fonte, il loro è semplicemente (auto)dichiarato e sostanzialmente non verificato visto che - ogni tanto e per una percentuale davvero risibile - si procede ai riscontri per campionatura.

Stante questi numeri ci sarebbe forse da pensar male ma siamo gente dabbene, abbiamo fiducia nei comportamenti del nostro prossimo e siamo assolutamente sensibili alla solidarietà sociale.

Richiamando allora questa paradossale situazione (è oggettivamente tale senza possibilità alcuna di essere smentita) non cediamo all'impulso della polemica e - men che mai - non vogliamo aprire alla contrapposizione fra coloro che seriamente ed onestamente compiono il proprio dovere.

Lo facciamo per chiedere, questo sì e con fermezza, che questo insano sistema di anarchia, che dà luogo a forme di "autoreferenzialità fiscale", abbia finalmente a cessare.

Non è solo per un fatto di etica, di per sé ampiamente forte a motivare la necessità del cambiamento, ma anche perché - così continuando - si sta mettendo seriamente in discussione la possibilità stessa della convivenza, del patto sociale che la definisce, all'interno della comunità nazionale.

Il rigore, tanto e troppo declamato in questi ultimi tempi a proposito delle scelte da fare attraverso la Finanziaria, impone un discorso serio e coerente attorno alla necessità di assicurare l'equità contributiva, a partire da quella fiscale e - a proseguire - in tutte le sue possibili ed ulteriori forme.

È una scelta che la Politica deve compiere. Chiediamo che la compia concretamente e non si limiti alle semplici dichiarazioni di principio e alle retoriche prospettazioni di buone intenzioni.

È una scelta fondamentale e preliminare che serve a ripristinare il senso smarrito della giustizia sociale, a riqualificare il legame di fiducia ed il rapporto fra lo Stato ed il cittadino, a dare luogo ad un equilibrio distributivo necessario - a sua volta - per affermare il valore di cittadinanza, per riconoscere la dignità del lavoro di tutti e di ognuno anche negli aspetti retributivi, per costruire una rete forte di tutele sociali.

È una scelta fondamentale e preliminare che riaffermerà il senso di responsabilità individuale e collettivo, che renderà credibili e praticabili gli interventi e le richieste di "sacrifici" se e quando dovessero confermarsi ancora necessari ai bisogni generali ed alle sorti del Paese.

Equità contributiva ed equità distributiva. Delle risorse come dei sacrifici.

Siamo consapevoli che quello di cui stiamo parlando riguarda l'attivazione di un intervento strutturale, che non può quindi essere estemporaneo e che necessita di passaggi e tempi adeguati; siamo però convinti che già la semplice testimonianza di fede (la sola professione non serve) impone di muovere - da subito - nella direzione corretta e coerente senza tentennamenti e concessioni alle cosiddette situazioni di opportunità.

Proviamo a precisare meglio attraverso qualche riferimento esplicito.

Da tempo, con un martellamento ininterrotto, si insiste a dire che è necessario "tagliare" sullo stato sociale e sui servizi per le necessità di bilancio.

La scuola per condizione e consistenza è al centro di queste "premurose" attenzioni.

Essa costituisce, ormai da anni, il terreno privilegiato per una linea di continui tagli che a pari demerito, ed a turno, accomuna i governi. Quello di prima - che oggi assume il ruolo di critica - che opportunisticamente fa il paladino dimenticando i danni che ha già procurato; quello presente che - trovandosi in servizio - predica bene e pratica male.

Una pervicacia di comportamenti che si è anche spinta ad elaborare improbabili teorie efficientiste secondo le quali la riduzione delle classi e del personale comporta il miglioramento del servizio.

Un coro continuo di autorevoli interventi che è divenuto un ritornello: si canta e il resto non conta.

Lo stesso Governatore della Banca d'Italia, nella testimonianza resa alle Commissioni riunite di Camera e Senato lo scorso 12 ottobre, ha dato prova di aderire a questo modo di pensare affermando che: "L'innalzamento del numero medio di studenti per classe, se effettuato attraverso la riorganizzazione e l'aggregazione degli istituti scolastici, può consentire di sfruttare pienamente le risorse del sistema senza incidere sulla qualità del servizio ... La qualità dell'insegnamento sembra dipendere meno dal numero degli insegnati e più dallo loro motivazione".

Chiediamo: è con il ricorso a queste sfumature lessicali che si possono indorare gli effetti perniciosi dei "tagli"?

Da che cosa si pensa discendi la motivazione?

Se non si fa implicito riferimento alla vecchia retorica missionaria del docente allora anche il signor Governatore non dovrebbe avere difficoltà a riconoscere che motivazione e riconoscimento vanno di pari passo.

È riconoscimento lasciare la categoria con il contratto scaduto da 10 mesi ed ancora continuare a tacere da parte del Governo?

È riconoscimento alzare il livello di lavoro precario come si è fatto negli ultimi anni?

È stato riconoscimento definire due leggi di riforma e, in entrambe le circostanze, farlo sulla testa della categoria?

Sono questioni arcinote e non ci sono circostanze che possono eluderle.

Ne rivendichiamo la soluzione in termini certi, coerenti, seri.

La stessa serietà e responsabilità che devono portare la Politica e il Governo a recuperare risorse e a tagliare laddove veramente si consumano abusi e si sperpera come (per restare ancora ai dati del 2004) è avvenuto per:

  • 146.518 consulenze esterne alla Pubblica Amministrazione con contratti che hanno comportato una spesa pari a € 1.080.000.000;
  • 217.124 incarichi retribuiti per una spesa di € 1.097.179.582;
  • i compensi (gettoni, indennità) assicurati a carico dello Stato ai 1639 Consiglieri di Amministrazione delle 243 Società Partecipate del Ministero Economia e Finanze.

Abbiamo a suo tempo condiviso la scelta strategica di impostare la manovra economica sul perseguimento dei tre obiettivi di "sviluppo, risanamento, equità", abbiamo anche precisato che era assolutamente necessario capire e stabilire come procedere a farlo.

Ci piacerebbe ora che questa finanziaria, riuscendo ad andare oltre le polemiche, i ritornelli, le omissioni, diventasse occasione per avviare quella inversione di tendenza che riteniamo irrinviabile ed irrinunciabile alle necessità del Paese.

Francesco Scrima, Segretario Generale CISL Scuola