Mario Lodi, maestro per un paese più giusto

03.03.2014 14:05
Categoria: Cultura & Società

E' morto ieri, all'età di 92 anni, Mario Lodi, una delle più belle figure di "maestro" che la scuola italiana abbia mai conosciuto. Due anni fa, sulle pagine di Scuola e Formazione, ne festeggiavamo attraverso le parole di Francesco Tonucci il novantesimo compleanno (n. 3/4, marzo aprile 2012). Oggi lo ricordiamo pubblicando quanto da lui stesso scritto per presentare una nuova edizione di uno dei suoi libri più famosi, "Il paese sbagliato".

IL PAESE SBAGLIATO

Il "paese sbagliato" …. racconta il diario di una esperienza didattica innovatrice, realizzata con i miei alunni nella scuola di Vho di Piadena (Cremona) dal 1964 al 1969. Un’ esperienza incentrata sulla libera creatività del bambino, documentata giorno per giorno dalle conversazioni dei ragazzi, dai loro testi, dalla loro vita reale. Quando uscì “Il Paese sbagliato rappresentava per me la conclusione di un percorso iniziato negli primi anni del dopoguerra quando, dopo la caduta del fascismo e la fine del conflitto, il problema di fondo era la ricostruzione materiale e morale dell’Italia sui nuovi valori espressi dalla Liberazione. E proprio nel 1948, l’anno in cui veniva promulgata la Costituzione, io giovane maestro ancora fresco di studi ma inesperto sul piano didattico venni mandato alla sbaraglio in una scuola ancora verticistica e autoritaria, con nel cuore e nella mente i valori della libertà, della democrazia e della partecipazione che dovevano essere alla base della nuova società da costruire. Era un momento storico stimolante soprattutto per noi giovani docenti diplomati in una scuola dove esperienze dirette non si facevano. Nella mia stessa situazione psicologica erano tanti altri docenti convinti che i nuovi valori dovevano entrare nella scuola per rinnovarla. La libertà di pensiero e di parola, la democrazia, la partecipazione alla cosa pubblica, non erano cose da imparare leggendole sui libri, ma momenti da vivere dentro la scuola. Ma come si potevano cambiare le cose? Con questo obiettivo, verso gli anni '50, sorse spontaneamente un movimento di base formato da docenti di ogni ordine e grado (il primo e finora unico movimento pedagogico nella storia della scuola italiana), che ispirandosi alle tecniche elaborate dal pedagogista francese Celestine Freinet, introdusse nella scuola italiana l’idea del bambino protagonista che sviluppa le sue capacità, le mette a disposizione della classe-comunità, stampa un giornale su cui racconta la vita sua e dei compagni, continua il gioco prescolare della esplorazione occasionale nella ricerca organizzata, rappresenta il mondo che sta scoprendo: col disegno, il teatro, la musica”.

La prima edizione del libro fu pubblicata nel 1970 ed ebbe notevole risonanza anche al di fuori dell’ambito educativo. Vinse il Premio Viareggio. Ricevetti circa diecimila lettere e risposi a tutte. La prima fu quella di un prete, don Sandro Lagomarsini che, come don Milani, ha trasformato la sua parrocchia in scuola, a Cassego di Scurtalò (SP). Mi scrissero genitori, maestri, studenti, soldati, poeti, scrittori, casalinghe, e tante altre persone che volevano sapere perchè nella loro scuola non avevano fatto quelle esperienze, che avevano trovato nel libro una speranza, una concreta proposta di cambiamento della scuola autoritaria. Persone alle quali la lettura di questo libro aveva portato riflessioni profonde e stimoli nuovi.

Il suo successo fu dovuto probabilmente al fatto che nel libro si dimostrava nella pratica quotidiana della scuola i valori della Costituzione italiana, mise a nudo le deficienze di una scuola vecchia e inadeguata, che la contestazione voleva distruggere e che questo libro invece dimostrò che si poteva realizzare. La scuola era infatti ancora trasmissiva, verticistica, intollerante. Fu considerato un libro rivoluzionario perché il messaggio che conteneva era quello di non parlare di libertà, ma di viverla nella normalità della scuola giorno per giorno, in un rapporto nuovo tra maestri e scolari.

Cominciai ad essere invitato in giro per l’Italia a parlarne, ad incontrare tanti maestri, nacquero altre esperienze, in altre scuole, e fu da stimolo a tanti insegnanti che introdussero cambiamenti nella metodologia didattica. Sono nate amicizie e collaborazioni che hanno prodotto nel tempo, in tutti questi anni, strumenti di lavoro, libri, documenti, alcune delle quali continuano tuttora nelle attività della Casa delle Arti e del Gioco. La riproposta di questo libro mi offre lo spunto per una riflessione sulla scuola di ieri e quella di oggi. Questo momento storico ha bisogno di maestri nuovi, professionalmente e civilmente preparati, che assumano un ruolo propulsivo nel corpo della nostra società.

Dal tempo del "paese sbagliato" ad oggi molto è cambiato. C’è stata la diffusione capillare della Tv, proliferata in modo selvaggio senza un codice etico. E c’è stata la crisi di un sistema politico degenerato. A livello internazionale sono caduti muri e miti, con le relative ripercussioni politiche. Eppure io noto analogie fra il momento del dopoguerra e quello di oggi. Come allora, anche oggi c’è bisogno di ricostruire moralmente una società, recuperando i valori abbandonati. La scuola non può estraniarsi da questo processo: se l’interpretazione modulare di programmi ha reintrodotto la trasmissione dei contenuti e inaridito la scuola, i docenti più sensibili possono introdurre nella scuola il senso della partecipazione e della socialità.

A scuola i bambini possono imparare a vivere ogni giorno da cittadini liberi e responsabili. Alla filosofia del consumismo e dell’arrivismo noi possiamo contrapporre la collaborazione,la cooperazione, la solidarietà, la non- violenza. Se riusciamo a collaborare con i colleghi docenti, riusciremo a creare anche per i bambini il clima ottimale nel quale sentiranno se stessi protagonisti, gli altri come amici, e la diversità come arricchimento. Io mi auguro che Il Paese sbagliato possa contribuire a questa riflessione sull’educazione.

Mario Lodi

 

 

Mario Lodi (Piadena, 17 febbraio 1922 – Drizzona, 2 marzo 2014) è stato un pedagogista, scrittore e insegnante italiano. Diplomatosi maestro all'Istituto magistrale di Cremona nel 1940, si mostra sin dalla giovinezza convinto e attivo oppositore della politica e della cultura fascista.
Su questa linea svilupperà anche in seguito il suo impegno per una scuola nuova in una società democratica. Incarcerato per motivi politici durante la guerra, subito dopo la Liberazione organizza attività di animazione culturale: un giornale aperto a tutti, il teatro, le mostre dell'artigianato locale, una scuola professionale gestita con docenti volontari.
Nel 1948 è nominato maestro di ruolo a San Giovanni in Croce, dove scopre le capacità creative dei bambini e ne fa il punto di partenza della sua ricerca pedagogica e metodologica. Partecipa all’esperienza del Movimento di Cooperazione educativa, ispirandosi alle tecniche di Celestin Freinet con un'impostazione pedagogica nuova e alternativa alla scuola trasmissiva di nozioni: il testo libero, il calcolo vivente, le attività espressive (pittura, teatro, danza), la ricerca sul campo, la corrispondenza interscolastica, la stampa a scuola, la scrittura individuale di storie e di veri e propri libri.
Parallelamente si dedica ad attività extrascolastiche, come la Biblioteca Popolare della Cooperativa di Consumo, e pubblica i Quaderni di Piadena, documenti sulla ricerca sui vari problemi sociali realizzati dagli stessi giovani soci. Nel 1956 ottiene il trasferimento alla scuola elementare di Vho di Piadena, suo paese natale.
Qui, in ventidue anni di insegnamento, realizza molti libri: alcuni, scritti insieme ai suoi alunni, di fiabe e racconti (Bandiera, Cipì, La mongolfiera), altri che documentano le sue esperienze pedagogiche: C'è speranza se questo accade al Vho (1963), Il paese sbagliato (Premio Viareggio 1971), Cominciare dal bambino (1977) e La scuola e i diritti del bambino (1983). Dal 1970, per dieci anni, dirige il gruppo di ricerca della Biblioteca di Lavoro che produce 127 libretti di letture, guide e documenti.
Nel 1978 va in pensione e inizia altre attività nel campo educativo, dando vita a numnerose iniziative e pubblicazioni e collaborando a riviste, fra cui “La Vita Scolastica”. Ottiene anche prestigiosi riconoscimenti tra cui la nomina, nel 2000, a componente della commissione ministeriale per il riordino dei cicli scolastici e nel consiglio direttivo dell’INDIRE (2001).