La scuola e la tragedia dei migranti. Educare senza vergogna

04.10.2013 10:08
Categoria: Cultura & Società

Cosa dire, oggi, ai nostri ragazzi? Una riflessione di Leonarda Tola sull'immane tragedia di Lampedusa dal punto di vista di chi educa: il valore delle parole, dei sentimenti, del silenzio

La vergogna gridata da Papa Francesco di fronte al naufragio dei 500 fuggiaschi di cui oltre 150-200 (a che servono i numeri?) morti sulla spiaggia di Lampedusa, è il sentimento più vero; quella vampata di rossore che si accende nel volto quando le parole che diciamo sembrano smentire i nostri pensieri rivelando l’ inganno. E’ il sentimento che prevale oggi alla vista dell’orrore di quei cinquecento, che fanno una traversata in un barcone sgangherato che ne può contenere venti, addossati l’uno all’altro e scaraventati nel mare che spegne il fuoco e la loro vita.

Oggi è lutto nazionale, nelle scuole si osserva un minuto di silenzio per i caduti . Il silenzio forse è ancora possibile, le parole invece sono di troppo, sempre lo stesso accoramento, l’indignazione professata e la promessa giurata che tutto questo non dovrà più accadere. Fino alla successiva ondata che travolge quando il mare si chiude sul grido inascoltato delle vittime.

Cosa dire ai ragazzi che già sanno, che hanno visto bambini inghiottiti dai flutti e i dispersi nei campi fuggire i rigori delle nostre leggi? Come spiegare a scuola, dove si educa alla dignità e alla sacralità della vita, l’indegnità del massacro dei poveri della terra? Più facile esecrare le tragedie consegnate alla storia: lo sterminio degli ebrei, le guerre e la schiavitù in America, l’apartheid in Sud Africa. Sui fatti storici è facile portare con noi i ragazzi dalla parte dei deboli e per la giustizia. E delle atrocità a cui assistono: di chi è la colpa e cosa bisogna fare? Per gli adulti e per la civiltà in cui i giovani crescono, educarli vuol dire non doversi vergognare.