Papa Francesco: la fede, il dialogo, la speranza

13.09.2013 15:45
Categoria: Cultura & Società

Leonarda Tola introduce con alcune brevi ma intense considerazioni la straordinaria lettera di Papa Francesco pubblicata l'11 settembre sulle pagine di Repubblica in risposta alle domande rivolte a suo tempo al pontefice dal fondatore del giornale, Eugenio Scalfari

La lettera di Papa Francesco a Scalfari è un gesto di amichevole sollecitudine con cui egli dà risposte a domande giudicate degne e meritevoli di considerazione. Non solo Francesco risponde, ma sembra dire che non poteva non rispondere. Lo fa usando lo stesso mezzo di cui si serve il mittente, con libertà e senza paura di comparire in prima pagina su un giornale, pur etichettato, come del resto tutta la stampa in Italia, come appartenente ad un certo orientamento, che nel caso di Repubblica è quello di un quotidiano ostinatamente laico, come il suo ex direttore Scalfari, alle cui domande, pubblicate sul giornale del 7 luglio scorso - con un'aggiunta fatta il 7 agosto - Papa Francesco risponde.

Bergoglio non si sottrae e non cerca vie altre, non prevarica nella scelta del mezzo, rispetta l’interlocutore accettando la medesima forma pubblica della lettera, mantiene l’equilibrio tra l’interrogante e colui che risponde, Papa, che si rivolge all’ultraottantenne Scalfari con rispetto e gentilezza.

Siamo di fronte ad una assoluta novità: la parola del Papa non scende dalla cattedra, sta nell’autorità di affermazioni che sono dentro l’orizzonte dottrinale, eppure a salire in cattedra è l’inquietudine del dubbioso, ad essere presa sul serio è la domanda che chiede all’uomo di Dio le ragioni del suo credere. E il Papa risponde non svilendo la condizione di chi dichiara di non aver trovato Dio e neppure di cercarlo e, con coraggio, da Papa, ne riscatta l’umana verità che è di ogni uomo che può e sa ubbidire al tribunale della coscienza.

La domanda di Scalfari è da vertigini: può un uomo, che avverte la sua condizione limitata, che sa di aver errato umanamente e sente il peso di ingiustizie commesse e di torti causati, che è stato motivo di dolore per altri, che ha offeso (peccato in termini cristiani) com’è fatale per ogni essere imperfetto, può quest’uomo essere perdonato da un Dio, che egli non riconosce, non cerca e non riesce a invocare? Francesco conforta l’ateo che è consapevole del male e del bene perché ascolta la coscienza, che è in ogni uomo: Dio è più grande del nostro cuore che ci condanna. E’ misericordia infinita.