Ponte, per gli italiani più rabbia che gioia

05.08.2020 10:45
Categoria: Articoli giornale, POLITICA

Interessante analisi di Alessandra Ghisleri (La Stampa, 5 agosto 2020) che a partire dalla rilevazione dei sentimenti prevalenti rispetto all'inaugurazione del nuovo ponte di Genova sviluppa una serie di considerazioni sull'evolversi del quadro politico, prendendo a riferimento i dati della ricerca condotta dall'istituto Euromedia Research di cui è partner.

L’inaugurazione del nuovo ponte a Genova ha fatto emergere con forza rabbia e tristezza. Secondo i dati dell’ultima indagine di Euromedia Research, nel 62% degli italiani prevalgono proprio questi sentimenti davanti alle 43 vittime del crollo.
La politica preoccupata solo di apparire non si è resa conto dell’irritazione che cova sotto quel ponte. Una manifestazione che dovrebbe incitare lo sventolare del tricolore ha fatto emergere quel rancore non compreso e ancora sottovalutato dei cittadini. La politica, distratta da altre vicende e occupata troppo da se stessa, ha trascurato l’animo dei genovesi e di tutti gli italiani dimostrando di non essere sulla loro medesima lunghezza d’onda. Una distonia inaccettabile e che rischia di divenire incontrollabile, dopo i difficilissimi mesi Covid e post-Covid.
Molte sono le vicende che terranno occupato lo spazio della politica da qui alle elezioni di settembre e questo tempo sarà l’occasione per tanti di approfittare di questa situazione. E’ facile supporre che i confronti, gli accordi e le concessioni nel Palazzo favoriranno i movimenti nell’emiciclo parlamentare producendo situazioni partitiche ad oggi inesplorate. Questa danza di nuovi accoppiamenti e “amori estivi” svela le debolezze di tutti i partiti e l’ipocrisia di fondo sul valore salvifico e periodico del: «diamo la parola agli elettori».

Programmi ostici
In questo scenario nessuno è escluso e ogni partito mostra una sua peculiare debolezza. Non si sono ancora registrate forti scosse e shock annunciati, ma solamente stanchi bollettini che registrano i passaggi degli onorevoli da un gruppo all’altro e una fiacca cronaca parlamentare arricchita dal solito scambio dialettico - non proprio edulcorato - tra Governo e opposizione.
Sull’altro fronte - quello dei cittadini - avendo compreso che non siamo un popolo di elettori razionali e fedeli la domanda che ci dobbiamo porre riguarda gli stimoli che possono influire sulle nostre scelte politiche. Nella maggior parte delle risposte dei test elettorali realizzati in corrispondenza di importanti migrazioni di voti da un partito all’altro ai primi posti troviamo la difficoltà a condividere – ancora - le solite proposte e i consueti programmi, in altri casi non si accettano più le scelte e le roboanti dichiarazioni del leader o di alcuni dirigenti importanti del partito e, infine, ma non meno importante, le persone si allontanano da una scelta politica pregressa quando la trasformazione in atto nel partito o nel leader ha totalmente ribaltato le carte in tavola. Da queste risposte ci rendiamo perfettamente conto che le scelte sono profonde e culturali e meno improvvisate e spontanee di quanto potessimo aspettarci. Grande influenza hanno sicuramente la comunicazione e il pressing mediatico sui temi di attualità e le dichiarazioni di tutte le parti politiche in gioco. Tuttavia questo è solo il contorno, perché l’incertezza che nasce intorno alla scelta di voto non è legata strettamente alla natura informativa dei diversi progetti, ma principalmente all’insieme dei comportamenti e delle “mosse”, nonché dalle parole politiche divulgate. In campagna elettorale è come se iniziasse una danza con un ritmo che muove all’unisono la coppia del politico con il cittadino. Il primo è colui che “porta” – con il suo carisma - e trascina l’altro consumando quell’intimità che fa sentire tutti unici, ma che nel moltiplicarsi dei passi e delle giravolte rischia ad ogni piroetta di dissolversi. Le note sono scandite dalla sicurezza, dalla chiarezza nell’esposizione, dal mantenere una linea in maniera forte e coerente. Terminata la sbornia euforica gli elettori sono riconsegnati alle loro quotidianità e qui si consuma il passaggio più complicato che racchiude la difficoltà a mantenere vivo l’interesse verso quello stare insieme sincopato, anche al di fuori di una campagna elettorale permanente.
Così la politica pre-Covid ha lasciato uno spazio nuovo alla politica post-Covid. I parametri sono cambiati insieme alle esigenze della gente. In realtà già nell’autunno dello scorso anno iniziavano a comparire i primi segnali di sconforto verso una pratica - da destra a sinistra - dalle ricche affermazioni e con poche risposte efficaci. Poi il virus ha messo al centro il cittadino - la sua salute ed il suo portafoglio - e con lui il Governo con pieni poteri nella stanza dei bottoni. L’opposizione è rimasta sguarnita e non ascoltata e i ritornelli passati non sono stati più tanto in sintonia con l’opinione pubblica.
È doveroso tuttavia rimarcare che oggi il centro destra unito nelle intenzioni di voto è ancora la prima alleanza del paese sfiorando il 47,4% dei consensi con una lega di Salvini primo partito con il 24,9% dei voti verso un’area di governo che raggiunge il 41,5%. In tutto questo il palcoscenico delle danze ha visto un protagonista muoversi fuori tempo più degli altri, virando da una posizione all’altra opposta con una velocità che stordisce - ultima ad esempio la sua versione sulla mascherina -: Matteo Salvini. Oggi il 58,9% degli elettori italiani è convinto che Lega e Salvini stiano vivendo un periodo di crisi e tra questi il 61,5% - che si traduce nel 36,2% sul dato nazionale - crede che si tratti di una crisi irreversibile, di una discesa infinita che, visti i numeri, porterebbe ad uno scossone dentro il panorama politico nazionale - se dovesse concretizzarsi. Questo pensiero, se è scontato trovarlo anche sotto forma di speranza nelle aree del centro sinistra e del Movimento 5 Stelle appare più evidente tra le file degli alleati di coalizione e tra 1 elettore su 3 della stessa Lega. Ora l’interpretazione potrebbe essere dubbia tra l’augurio dei tifosi avversari e la consapevolezza dello smarrimento dei propri supporter. Nel mantra scandito giornalmente dai media: «Salvini ha perso il suo tocco magico» si ritrova la valenza del danno derivato da questa azione, apparentemente banale, ma prolungata, come la più famosa “goccia che scava la pietra”. Tuttavia mentre si discute della sua situazione nei sondaggi ciò che emerge è proprio lo scetticismo verso tutte le forze politiche e i loro leader: il 39,5% dei cittadini è ancora indeciso sulla sua scelta di voto. Le metamorfosi e i «cambi di casacca» di certo non aiutano. Dalle ultime elezioni del 2018 i traslochi, tra Camera e Senato, superano il 10% degli eletti – sorpassano cioè le 100 unità - e solo 1 in fuoriuscita dalla Lega. Un malessere all’interno dei palazzi che sottolinea una volta di più lo scostamento tra la rappresentanza dell’emiciclo e quella della strada. Ad ogni trasferimento si dà l’avvio ad un nuovo giro di valzer e a nuove vane speranze. Le trasformazioni nella scelta del partito sono oggi sempre sull’onda di una novità che possa essere portatrice di una situazione migliore e di un buon programma, presentato con carisma… In genere quando si fanno queste scelte si guarda indietro con commiserazione verso un passato a volte fin troppo recente. Il giro di nuove danze è iniziato e presuppone momenti se non di caos, di turbamento, dove tutti saranno coinvolti e nessuno farà da tappezzeria.

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