17.03.2020 - Che lavoro faccio? Il mestiere più bello del mondo, anzi due!

17.03.2020 12:05
Categoria: SEF PLUS 2020

La testimonianza di Michela Russo, insegnante e sindacalista di Mantova. La passione per il proprio lavoro e un impegno in prima persona nel sociale come risorse per affrontare col massimo di energia le difficoltà e le incognite dell'emergenza. L'autrice è insegnante part time di inglese nella scuola primaria e componente di segreteria della CISL Scuola Asse del Po (CR-MN).

Sono una maestra della scuola primaria dove i bimbi hanno mediamente dai 6 agli 11 anni. Un tempo meraviglioso in cui bambine e bambini si fidano e si affidano a persone che diventano, per loro, punto di riferimento tanto quanto i loro genitori. E però hanno dentro quella spontaneità che li rende tutti diversi e tutti speciali, ognuno per una caratteristica diversa, ma tutti speciali, sbalorditivi, creativi, sensibili, riflessivi, critici. Certo, ognuno di loro ha un proprio vissuto, ma le loro menti sono ancora “destrutturate,, quanto basta per emozionare gli adulti che li circondano, per offrire loro un punto di vista diverso da quello comune, siano esse/i insegnanti, collaboratrici/collaboratori scolastiche/ci, educatrici ed educatori, esperte/i che entrano nelle scuole per arricchire la progettualità e l’offerta formativa, psicologhe/gi, volontarie/i. Tutti, proprio tutti!
Noi operatrici e operatori della e nella scuola ci nutriamo della loro linfa e, con quella, ogni giorno diamo vita a vere e proprie creazioni, che si avvicinano a delle lezioni, ma sono molto di più, perché sono sempre arricchite dai loro interventi e osservazioni: quelle delle nostre alunne e dei nostri alunni. Insegnando inglese ho, oltre ad una quinta, anche quattro classi seconde (oltre cento creature). Bene, pur trattando i medesimi argomenti, la lezione non è mai, dico mai, uguale!
Già, proprio così…il mestiere più bello del mondo! Non un lavoro, dal latino “labor,, ossia fatica, ma proprio un mestiere, dal latino “ministerium,, ossia servigio, officio; qualcosa che più si esercita, più si migliora fino a far nascere una professionalità. E allora…certo che questi giorni sono di vero e proprio smarrimento, perché la scuola, con i suoi sorrisi e i suoi schiamazzi da laboratorio operoso e creativo di idee e di vita, manca come l’aria!
A Mantova siamo a casa da scuola ormai da tre settimane, oggi inizia la quarta. Nei primi momenti ci si muoveva a tentoni, incerti su cosa e come fare; occorreva dare voce al nostro bisogno di far sentire la vicinanza ad alunne e alunni, ma non era semplice comprendere il confine: dove finiva la libertà di agire e iniziava, per esempio, la tutela della privacy. I tanto vituperati e, spesso, abusati gruppi di WhatsApp, d’improvviso si sono trasformati nel primo mezzo utile per raggiungere soprattutto i più piccoli. Sì, perché molti di loro magari hanno la possibilità di avere un computer e una connessione internet, altri hanno solo il cellulare dei genitori.
E le nonne e i nonni? Anche loro, d’improvviso sono stati investiti di delega a questa nuova forma di istruzione e affiancamento dei loro nipoti mentre i genitori devono recarsi al lavoro (tra loro medici e infermieri, operai nei supermercati, farmacisti, panettieri e tante altre categorie…persone che, con spirito di abnegazione, operano all’interno dei servizi necessari a tutto il resto della popolazione).
E io, da casa, come avrei fatto? Oh! Per fortuna ho uno scanner e un pc, sul quale posso caricare pagine di libro, link, canzoni, pensieri…ma le tracce audio per le prove in inglese? Il mio pc non ha il cassetto per leggere il cd! :-( …Allora penso e ripenso come fare…all’inizio registravo da un lettore cd e inviavo, ma era un metodo assai rudimentale. Poi mi è venuto in mente che avevo un vecchio computer, un po’ sgarrupato, ma con lettore cd. E allora.. scarica il cd, crea dei files mp3, spostali sull’altro pc e invia, stavolta in modo professional!
Sorrido e mi sento più serena, quasi come se avessi pian piano trovato il modo di raccontare loro le cose come ho sempre fatto da quando mi sono stati affidati. Come se li sentissi di nuovo interagire con me e rompere questo silenzio assordante che da troppi giorni regna sovrano lungo le nostre vie; è come se tutti fossimo nascosti e parlassimo piano o per nulla per non far notare la nostra presenza, in attesa che questo virus maledetto passi e vada via senza null’altro volere, senza che si porti via ignobilmente nessun altro tra coloro che amiamo e conosciamo.
Loro se ne sono andati, soli! Come quei petali dell’albero di magnolia che adesso trabocca dei suoi meravigliosi fiori bianchi, perché la primavera sta arrivando, a dispetto di tutto! Ma il vento ha già strappato molti petali che ora sono adagiati sul prato, soli, anche se vicini uno accanto all’altro e giacciono sull’erba ad impreziosire la terra dove poggeremo i nostri passi.
A dirla tutta, poi, sono anche una sindacalista, per metà (diciamo così!) del mio orario lavorativo. L’altro mestiere più bello del mondo! Che tutti i giorni ci investe della rappresentanza dei lavoratori. Se da insegnante il tempo sembrava d’improvviso essersi fermato (almeno all’inizio), con il sindacato il lavoro si è decuplicato perché una parte dei lavoratori che rappresentiamo, gli insegnanti delle scuole private e le educatrici degli asili nido, da subito si sono chiesti a che titolo sarebbero dovuti rimanere a casa.
Ad essi si sono aggiunti anche i loro datori di lavoro. La frase che sempre tornava era: «Non è “colpa,, delle lavoratrici e dei lavoratori se devono restare a casa, ma non è nemmeno “colpa,, nostra». Certo, pensavo io, nessuna colpa da parte di nessuno! Perché parlavano di colpa come se si stesse trattando di un’omissione o comunque un comportamento sbagliato per il quale dover pagare pegno?
E allora giù a capofitto a studiare soluzioni, leggere, informarsi, parlare con i nostri colleghi sindacalisti, regionali e nazionali, che tanto preziosi sono stati, affinché ci si muovesse tutti nella stessa direzione e a tutela di tutte le parti fino a trovare la via d’uscita e da lì in poi…sono stati firmati accordi, senza tregua, ricevendo e rispedendo via e mail, per molte scuole private e molti lavoratori di cui ignoravamo fino ad allora persino l’esistenza.
E ancora, dopo la prima settimana di chiusura, il personale ATA è dovuto tornare in servizio, perché gli amministrativi hanno scadenze da rispettare e la scuola non può chiudere del tutto! Qualcuno di loro però può lavorare da casa con il lavoro agile. Ma i collaboratori scolastici? Loro devono sanificare. Sanificare?!! Cioè? E non potrebbero fare il lavoro da casa! Così come i tecnici di laboratorio…loro gli alunni non li hanno, ma..qualcosa troveranno da fare perché non possono stare a casa senza giustificazione. Come impedire che gli ATA quindi, o almeno molti di loro, si sentissero ancora una volta “quelli dimenticati... Quelli che se anche si fossero ammalati, poco male! Non era e non è così naturalmente, ma gli strumenti a disposizione per poter permettere loro di “stare a casa,, non erano chiari.
Per tre settimane di fila il mio telefono di sindacalista, che lavora il più possibile “da remoto,,, ha continuato a squillare incessantemente, mentre i DM si sono succeduti e moltiplicati per aggiornare i comportamenti allo stato di emergenza che sembra ancora non demordere e anzi incattivirsi. In tutto questo mi sono resa conto che, per la prima volta da quando vivo a Mantova (quasi 20 anni!), come d’improvviso le distanze si siano annullate: adesso sono vicina allo stesso modo ai miei amati genitori, i miei fratelli e i miei nipoti, che vivono a 1300 km, in Sicilia; al mio caro suocero che vive distante da casa mia una manciata di chilometri e che, terrorizzato, si è barricato in casa; a Leonardo. Lui ha 8 anni, è uno dei miei alunni e vive nella casa dietro la mia.
E allora l’unico pensiero, prospettiva e attesa è per quel giorno in cui racconteremo tutto questo come il ricordo di un "tempo andato,, perché questo, adesso, ci fa sperare che saremo lì quando tutto questo sarà passato.

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