Aperto a Roma dalla relazione di Annamaria Furlan il XVIII Congresso Cisl

28.06.2017 20:22

Dalla relazione di Annamaria Furlan, segretaria generale Cisl, in apertura dei lavori del XVIII Congresso Confederale della Cisl, iniziato oggi al Palazzo dei Congressi di Roma (Eur).

Sul fisco siamo pronti da subito a definire con Cgil e Uil una piattaforma unitaria, sostenuta e condivisa con lavoratori e pensionati. Cambiare si può e si deve. Serve "una radicale" riforma fiscale, a partire dal taglio dell'Irpef su dipendenti e pensionati. Bisogna "semplificare un sistema fiscale che, attraverso la sua farraginosità, allarga la forbice fra evasione accertata ed evasione recuperata e premia i furbi". La riforma fiscale, in funzione redistributiva a favore delle aree sociali medie e basse, deve essere condivisa con le rappresentanze sindacali dei lavoratori e dei pensionati, che sono, ma troppo spesso lo si dimentica, i contribuenti stabili di gran lunga maggioritari al bilancio del Paese. La riforma fiscale, nel quadro attuale di finanza pubblica, resta una sfida estremamente complessa ma doverosa, possibile e necessaria: si può cominciare assumendo come criterio guida la distanza che ci separa dagli altri Paesi europei. Le differenze riguardano: un peso eccessivo dell'Irpef, soprattutto sui redditi da lavoro dipendente e da pensione, con effetti negativi sulla domanda interna; la minore incidenza delle imposte sui consumi; un fisco poco selettivo.

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Ai giovani stiamo togliendo il diritto di sognare, di progettare una vita. Neghiamo il desiderio stesso di avere una casa, dei figli, dei nipoti. Così il futuro muore, si dissolve in un presente che chiude ogni orizzonte di speranza. Le diseguaglianze, che sono il marchio negativo, il segno del dissesto del nostro tempo, riguardano i giovani ma anche gli anziani. Un Paese che dissipa i suoi giovani perde se stesso: la Cisl vuole essere al servizio del loro protagonismo, del loro riscatto, della riconciliazione con il loro futuro. Quanto agli anziani, per loro assicuriamo l'impegno della Confederazione a sostenere la legge sulla non autosufficienza proposta dalla nostra federazione dei pensionati.

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Reddito di inclusione e non reddito di cittadinanza, perché è quanto uno guadagna con il proprio lavoro che dà dignità all'esistenza, non redditi minimi a pioggia, non assistenza gratuita. Il recente accordo, di cui Cgil, Cisl e Uil sono state protagoniste, tra Governo e Alleanza contro la povertà, sul reddito di inclusione ha creato un primo importante presidio di attacco alle radici della povertà, delle diseguaglianze e della sofferenza sociale, attraverso la combinazione virtuosa di sostegno al reddito e servizi sociali per la famiglia, per la frequenza e contro la dispersione scolastica dei figli.

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La Cisl rilancia la necessità di un "Patto sociale", alla cui costruzione la contrattazione contribuisce in forme decisive. Un Patto sociale che, all'interno di un programma complessivo di sviluppo, promuova condizioni di coesione sociale per i lavoratori. Alla politica e alle istituzioni chiediamo sguardo lungo e maggiore attenzione alle proposte del fronte sindacale, che non mette sul piatto l'interesse di pochi che hanno in mano forti leve economiche, ma di tanti che chiedono solo la dignità di un lavoro e più giustizia sociale. Si può cominciare subito, partendo dalle proposte che abbiamo avanzato sul fisco, sul welfare e sulle diseguaglianze, soprattutto quelle giovanili, perché investire sulle giovani generazioni è il primo dovere se abbiamo davvero a cuore il futuro del nostro Paese.

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La Cisl apre ad un intervento legislativo sulla rappresentanza per i sindacati ma anche per le imprese, auspicando la definizione di una cornice che fissi requisiti minimi per esplicitare l'esercizio della pattuizione di tutte le parti, ossia per fare gli accordi. In caso contrario saremmo al Far West, con chi si autodefinisce sindacato dei lavoratori un giorno e il giorno dopo sindacato dei datori di lavoro. Naturalmente la questione della rappresentanza va chiarita definendo la contrattazione come esplicita condizione e limite dell'intervento legislativo. Abbiamo avviato una riflessione interna sul tema dell'intervento legislativo a sostegno della contrattazione e della rappresentanza. Questa riflessione deve proseguire, perché dobbiamo sciogliere un nodo culturale prima che politico: definire, con chiarezza, in quali termini la nostra tradizione negoziale è chiamata in causa da una realtà che minaccia la forza contrattuale delle maggiori organizzazioni e gli interessi e le speranze dei lavoratori che rappresentiamo.

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È tempo di puntare non più solo su un sistema di tutele per difendere il posto di lavoro. È tempo di costruire un sistema di tutele per la persona nel lavoro. È tempo di passare dal tutelare il lavoratore nel suo posto di lavoro a tutelare il lavoratore in quanto soggetto sociale. Questo è il senso più proprio e più profondo dello slogan del congresso (“Per la persona, per il lavoro”). Siamo stanchi di aspettare serie politiche attive del lavoro, di richiederle e di pretenderle senza ricevere risposte adeguate. Le politiche attive rappresentano il vero vuoto colpevole di chi ha il dovere di realizzarle: questo non è più sopportabile in un Paese che si dice moderno e civile.

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Oggi l'insicurezza dei lavoratori è legata alla mancanza di tutele nelle più delicate fasi di transizione lavorativa. È ora di spostare l'attenzione sindacale anche verso la costruzione di queste nuove tutele. Tradotto in esempi concreti: se ho l'art. 18 ma non ho un adeguato sistema di politiche attive in caso di crisi aziendale oggi non posso dirmi tutelato nel mercato del lavoro; se ho un contratto nazionale che mi copre i periodi di malattia, ma sono un lavoratore ultra50enne con patologie croniche non posso sentirmi tutelato; se ho la stabilità del posto di lavoro in un ospedale che innova ma sono escluso dai processi di riqualificazione, riconversione, formazione e aggiornamento professionale sarò ben presto un possibile esubero. Di qui la necessità di costruire un sistema di tutele per la persona nel lavoro. Dobbiamo pensare a strumenti non più fruibili solo grazie alla copertura di un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, ma che vengano garantiti in tutto il percorso lavorativo, che potrà avere episodi di discontinuità o variabilità.

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Dalle notizie ANSA diramate oggi, 28 giugno 2017.