Il rischio calcolato della scuola

05.10.2015 20:13
Categoria: LETTERE

Ancora una lettera a Lorenzo, lo studente inquieto che ama il sapere ma non altrettanto la scuola, anche se poi la mette tra i suoi possibili progetti di vita. Una over - professoressa lo spinge a seguire questa vocazione.

Caro Lorenzo, “Con il fatto di dover svolgere programmi e test ci si dimentica delle persone”, scrivi, parlando della scuola come di un luogo lontano dalla vita, anzi nemico della vera vita che ribolle nel cuore e nella testa dei ragazzi, pensieri e sentimenti ignorati, imprigionati in una “gabbia” a subire la costrizione dei compiti e l’adeguarsi obbligatorio a esercizi mnemonici: di cui dare conto perché il professore dia il suo voto. Che è un risultato numerico di un giudizio che misura l’adeguatezza dell’alunno, tanto positivo quanto più la risposta si approssima all’”imparaticcio” che è spesso la versione professorale e scolastica della scienza delle materie insegnate. Tutto vero.
Eppure corre l’obbligo di darti una brutta notizia.
Quel che tu denunci è il rischio calcolato della scuola: accettare che a qualcuno, il maestro – docente, si conceda la libertà nel proporre e trasmettere ai più giovani, per poi verificarle, le conoscenze di cui è in possesso. E di non distrarsi da questo compito, pena l’irragionevolezza di un sistema che prevede un dare e un avere, l’andata e il ritorno, in questo caso, di dottrina (nel senso dell’insegnamento ) e di disciplina (nel senso dell’apprendimento).
La fortuna degli studenti sta nell’avere un garante della cultura che poi si fa censore al momento di valutare. Diventa disgrazia solo e quando chi insegna agli altri non ha interiorizzato la cultura al punto non di fare il professore ma di essere quello che sa e insegna.
Il rincrescimento e la delusione che manifesti sembrano una reazione alla mediocrità che in molti casi avrai riscontrato nella limitatezza o insignificanza degli apprendimenti ricevuti. La tua è in fondo una protesta non per essere stato costretto ad imparare, ma per essere stato preso dentro contesti e momenti scolastici irrilevanti o poveri di senso.
La conseguenza è la tua tentazione di mandare la scuola a quel paese. Ma poi ci ripensi al punto da volerti incamminare sulla strada di studi severi che ti riporterebbero di nuovo davanti a una scuola, sul limitare di un’aula. Nonostante la pochezza e l’’insoddisfazione per la scuola che hai conosciuto. Senza volerlo, o invece sapendolo perfettamente, fai al mestiere dell’insegnante il più alto elogio. Forse agli stessi che hai incontrato. Ne è prova il fatto che destinataria del messaggio è un’insegnante, e non poteva essere diversamente, e che pensi meriti la tua bella lettera.
Vuoi arrivare ad occuparti dell’istruzione con la volontà di non ripeter gli errori dei tuoi insegnanti. E’ la premessa della vocazione. Per mantenere il filo indistruttibile che lega le generazioni nel “segno” (in-segno) della continuità della vita, della cultura e dell’umanità che la sostanziano.
Ben tornato a scuola! Per rimanerci.

Una over-professoressa

...Loredana...