La «buona scuola» rimandata a febbraio

22.01.2015 17:18
Categoria: Articoli giornale, Buona scuola, SCUOLA

"L'insegnamento non si può equiparare a una qualsiasi attività professionale. Stiamo parlando del nostro futuro. Non di una semplice questione tecnico-organizzativa. Chi tocca la scuola si brucia le mani. È facile discuterne, più difficile agire. Questo vale sia a livello nazionale, sia nelle realtà locali". Queste le conclusioni di Eraldo Affinati nel suo articolo pubblicato oggi, 22 novembre, sul "Corriere della Sera"

Fare il maestro elementare sarebbe il mestiere più bello del mondo (per chi ci fosse portato). A Roma dovrebbe esserlo cento volte di più, visto lo scarto fragoroso, liricamente significativo, tra le macerie del passato che vi si accumulano e il sorriso dei bambini, pronto a rinascere dove meno te lo aspetti, come l'erba fra le pietre.

Acqua che passa. Fiume che scorre. Non sono più i tempi di Giorgio Caproni, grande poeta del Novecento italiano, il quale, negli anni Quaranta e Cinquanta, prestò servizio come maestro elementare sia alla «Giovanni Pascoli», al Portuense, sia alla «Francesco Crispi», a Monteverde Vecchio, più vicino a casa sua (abitava in via Pio Foà, davanti a Villa Pamphili).

Caproni distribuiva dolcetti ai bambini più bravi. Faceva lezione coi giocattoli. Insegnava in aule molto affollate. Una volta chiese di avere una classe composta di soli orfanelli e venivano tutti da un istituto di suore. Fu una delle soddisfazioni più intense della sua vita. A quel tempo il maestro era una specie di autorità pubblica, riconosciuto dalla società, sostenuto dalle famiglie, debitamente ricompensato anche a livello economico.

Oggi le maestre (i maschi sono in netta minoranza), come tutti gli insegnanti e le educatrici, appaiono molto più sole, in un mondo che sembra andare a tripla velocità. Devono mettersi in gioco ogni giorno per riuscire a insegnare a leggere, scrivere e far di conto ai più piccoli, i quali magari, prima di impugnare la penna, salmo già digitare sulla tastiera.

Quelle romane, dopo le recenti tensioni sul contratto decentrato dei dipendenti comunali, sono riuscite a ottenere la sospensione fino a settembre delle nuove regole. Si spera possa essere l'inizio di un possibile accordo. I contrasti, prima ancora che sulla questione spinosa del salario accessorio, riguardano le supplenze brevi, l'orario di lavoro, la sicurezza delle strutture edilizie, la burocrazia, che a volte rischia di mortificare le iniziative dei più volenterosi e appassionati. Bisognerebbe comprendere la qualità assolutamente originale del lavoro coi bambini che chiama in causa competenze, sensibilità, diversi modi di stare insieme.

E non può essere equiparata a una qualsiasi attività professionale. Stiamo parlando del nostro futuro. Non di una semplice questione tecnico-organizzativa. Chi tocca la scuola si brucia le mani. È facile discuterne, più difficile agire. Questo vale sia a livello nazionale, sia nelle realtà locali. E, visto quello che è successo all'ombra del Cupolone, dove i roditori hanno esaurito le scorte di magazzino, oggi più di ieri.

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